Dirigenza scolastica: Intervista su Tuttoscuola


Edilizia e sicurezza, Ezio Delfino (DiSAL): ‘Individuare ambiti di responsabilità per il DS’

TUTTOSCUOLA - DICEMBRE 2017 n. 577 anno XLII

 

Intervista a Delfino presidente nazionale DiSAL

·           Presidente Delfino il ruolo del dirigente scolastico deve essere rafforzato o meglio definito?

La L.107/2015 è stata ispirata dall’illusione che con più poteri ai presidi (che i giornali tradussero con le immagini colorite dello sceriffo, rambo, manager, ecc.) la scuola avrebbe funzionato meglio (solo il comma 78 attribuisce loro almeno otto nuove competenze che si aggiungono a quelle preesistenti, come per nessun altro Dirigente della P.A.). Il presupposto era che riconoscere un ruolo più incisivo ai dirigenti scolastici fosse il modo più adeguato di rispondere alla domanda da parte dei cittadini di efficienza della scuola statale, ricollocata così, tuttavia, quale puro ambito della Pubblica Amministrazione. La conseguenza è stata l’incremento del ruolo burocratico del dirigente scolastico, quale terminale ultimo dell’osservanza di procedure, attribuzioni, formalità spesso non proprie.

·           Un aumento di responsabilità per il dirigente scolastico?

La responsabilità del dirigente scolastico da responsabilità per inosservanza di obblighi di risultato, è divenuta oggi soprattutto responsabilità per obblighi di processo. Il dirigente scolastico vive così la quotidianità del suo lavoro nell’ansia di dimenticare la pubblicazione di informazioni in materia di procedimenti amministrativi, di sbagliare la tempistica dell’adozione di provvedimenti amministrativi, di saper correttamente aggiornare il piano anticorruzione, di pubblicare puntualmente le informazioni previste nella sezione «amministrazione trasparente», di adottare coerentemente il programma triennale per la trasparenza e l’integrità, di far approvare regolamenti di istituto per ogni settore della vita della scuola, nella speranza che essi almeno lo ‘tutelino’ da responsabilità dirette. E vede molto ridotto il tempo per esercitare il suo proprio ruolo di responsabile di comunità educativa e limitato il suo margine di azione.

·           Qual’è la considerazione di  DiSAL  di fronte all’allineamento delle buste paga dei presidi a quelle degli altri dirigenti dello Stato previsto dal disegno di legge di bilancio per il 2018?

L’allineamento promesso riguarda, in realtà, solo la quota fissa della retribuzione di posizione per il quale il MIUR avrebbe istituito un fondo con 31,70 milioni per il 2018 e  95,11 milioni a decorrere dal 2019. L'adeguamento degli stipendi partirebbe, quindi, solo da settembre 2018 e l’incremento complessivo risulterebbe di circa 440 euro netti al mese. La prospettiva, che deve ancora essere confermata nella Legge di stabilità, è dunque al momento solo quella del  raggiungimento di una retribuzione di posizione quota fissa comparabile ad altre figure dirigenziali al termine di tre anni. Rimarrebbero, invece,  tutti da definire, in sede contrattuale, gli aspetti della retribuzione di posizione quota variabile, il recupero della quota della RIA e la  ridotta corresponsione del FUN, compenso contrattualmente dovuto a fronte di una prestazione già resa in concomitanza con l'aumento del carico di lavoro, a seguito dei processi di dimensionamento scolastico . 

·           Quale la responsabilità dei decisori politici?

Se è vero che per la prima volta dal 2009 il Governo e il Parlamento, attraverso gli stanziamenti previsti dalla L. 107/2015, hanno destinato risorse ‘fresche’ per i dirigenti scolastici statali, è altrettanto vero che i fondi previsti non riusciranno neanche a compensare le perdite da essi registrate dal 2011/12 per quanto riguarda la retribuzione accessoria di posizione e risultato, mentre il loro stipendio base è fermo, come per tutti i dipendenti pubblici, dal 2009.  E’ evidente che il Governo, per riconoscere a pieno il ruolo strategico del dirigente per lo sviluppo della scuola dell'Autonomia, dovrebbe prevedere l'assegnazione di risorse finanziarie aggiuntive oltre a quelle fin qui erogate o in previsione di erogare.

·           Quali prospettive apre l’atto di indirizzo del Governo all’ARAN?

E’ urgente che si realizzi un confronto in sede ARAN per la rivisitazione dell'intero articolato contrattuale e, in particolare, per correggere gli attuali meccanismi relativi alla determinazione delle fasce e alla quantificazione ed erogazione della retribuzione di posizione e risultato, superando una gestione puramente ragionieristica da parte dei Ministeri della Finanze e dell’Istruzione, che ha ormai in questi anni dimostrato tutti i suoi limiti, per agire, finalmente, in termini di ‘investimento’ e non di ‘spesa’.

Sarà, inoltre, fondamentale una decisa unità di obiettivi e strategie di azione da parte delle organizzazioni sindacali di categoria e una forte sensibilizzazione su questi temi tra tutti i dirigenti scolastici.

·           Quale motivazione sostiene la rivendicazione economica dei dirigenti scolastici?

Semplicemente il merito di essere ri-conosciuti: una conoscenza, appunto, del lavoro del dirigente scolastico che dovrebbe essere coraggiosamente riscoperta e rinnovata da parte dello Stato. Un lavoro impegnativo, difficile, carico di rischi, svolto per senso di responsabilità e di servizio alla comunità, e, per questo, nobile e meritorio. Questo desiderano i presidi italiani: esser riconosciuti per la responsabilità affidata dallo Stato di prendersi cura di chi è in formazione, delle nuove generazioni, di chi ha il bisogno di essere formato; essere riconosciuti in una  professionalità spesa per realizzare e sviluppare spazi di libertà di insegnamento,  strumenti di progettualità condivisa, proposte didattiche e disciplinari innovative; essere riconosciuti per un protagonismo culturale sviluppato con sincera dedizione per la promozione di competenze degli studenti realizzando, per questo scopo e tra molte fatiche, scuole come comunità di apprendimento, spazi di dialogo, luoghi di vita, ambienti di cultura. Riconosciuti per il contributo, alto e fattivo, dato al bene comune. Sono ragioni più che sufficienti per richiedere la ‘giusta mercede’.

·           L’equiparazione agli altri dirigenti dello Stato  può essere una “risorsa” per il buon governo della scuola?

La semplice equiparazione, necessaria dal punto di vista economico, non è sufficiente. Oltre una ridefinizione, eventualmente in sede del prossimo contratto di lavoro, del profilo del dirigente scolastico occorre tenere presente che la L. 107 non ha chiarito gli ambiti di  responsabilità del dirigente scolastico ed le modalità di attuazione dell’autonomia dell’istituzione scolastica (che deve realizzarsi attraverso i suoi organi deliberativi e la copartecipazione dei diversi portatori di interesse). Una sovrapposizione  di autonomie che la legge ha contribuito a lasciare confusa evitando di definire organi di indirizzo delle scuole necessaria, invece, a garantire una corretta distinzione tra potere di indirizzo e potere di gestione: identificare l’organo che ha la responsabilità politica della scuola (board) avrebbe contribuito a ricollocare in un ruolo ‘funzionale’ il compito del dirigente scolastico favorendone la possibilità di un protagonismo formativo, progettuale, e gestionale

·           Quali azioni occorrerebbe mettere in campo per offrire risposte alle esigenze di affinamento della professionalità del dirigente scolastico  necessaria per una scuola di qualità?

A livello politico è urgente l’emanazione del nono decreto attuativo della L. 107, quello della riforma del Testo unico della scuola. Questo potrebbe essere lo strumento per correggere gli errori di prospettiva evidenziati, integrare efficacemente le tante norme della scuola, riscrivere il profilo degli organi di governo scolastici, definire lo spazio dell’autonomia delle scuole ed il ruolo del ministero e delle sue articolazioni territoriali, privilegiando il servizio verso le scuole affinché perseguano risultati positivi a favore degli studenti e della comunità. Lasciandosi ispirare dalla efficace immagine di scuola – definita dal D.P.R 416/1974 – come “comunità che interagisce con la più vasta comunità sociale e civica”: non terminale amministrativo, ma comunità, e comunità di relazioni con i molti portatori di interesse. Una scuola autonoma proprio perché è chiaro che essa è del soggetto educante: la comunità scolastica.

E poi?

La sfida è, oggi, comunque, per ridare fiato ad una scuola di qualità, ripartire dal ‘soggetto’ che fonda la comunità scolastica: dare valore concreto alle persone (dirigenti scolastici, studenti e docenti, operatori, famiglie), a ciò che esse fanno quotidianamente, riconoscerlo e orientarlo alla costruzione sia di un progetto di vita individuale sia di un bene comune. Il rinnovamento, infatti, è, intanto, iniziato, comunque e su diversi fronti: proposta didattica, direzione innovativa, progettazione formativa, nuova concezione degli spazi come ambienti funzionali all’apprendimento, organizzazione del tempo scuola, innovazione didattica, formazione docenti, sinergia con il territorio, scuola lavoro, attenzione all’inclusione...

In attesa di riforme dall’alto occorre avere il coraggio di guardare, riconoscere e dare spazio a qualcosa di ‘buono’ che è già cominciato e di cui tanti dirigenti scolastici sono protagonisti e sostenitori. Liberandolo da vincoli e formalizzazioni che non aiutano.

 

 
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