Ma noi adulti ci accorgiamo della sofferenza dei giovani?


Fonte: La voce e il tempo. Lettera di Francesco Barberis, preside Istituto Sant’Anna, Torino del 12 marzo 2023.

Caro adulto del 2023,

che tu sia sposato o separato, single o convivente, laico o religioso, ti scrivo con il cuore in mano e mi rivolgo a te come preside di una scuola con più di ottocento studenti, ma soprattutto come padre che ha a che fare tutti i giorni con i giovani di ogni età. Ti scrivo colmo di dolore, di sofferenza e di domande. Ma tu, adulto, fragile come me, ti sei accorto, ti stai accorgendo della sofferenza che vivono i nostri ragazzi? Ti sei accorto di quale distanza apparentemente incolmabile sta dividendo il vissuto dei nostri ragazzi dalla realtà, dalla vita vissuta? Ti sei reso conto che la realtà è ormai tutta mediata dai social, TikTok, Instagram, Youtube ecc… e non più consegnata agli occhi, alle mani e soprattutto al cuore di questi giovani? Non ti puoi tirar fuori da tutto questo, non ti puoi appellare ad altro, scaricando la colpa sulla scuola, sui compagni, sul bullismo, sulle altre famiglie, sui cattivi esempi…

Non si tratta di colpe, si tratta di una società in cui manca proprio l’esempio, e l’esempio sei tu. Sei proprio tu in quello che fai, nel modo che hai di vivere, nella speranza o meno che si vede nei tuoi occhi quando un giovane ti guarda. E puoi essere colmo di speranza anche dentro un grande dolore. I figli ci guardano, non hanno solo bisogno delle tue parole o dei tuoi consigli, ma di vedere in te qualcuno che vive ciò che dice, che sbaglia e chiede scusa, che non vive di un bieco moralismo, che cade e si rialza, che non si appella ai luoghi comuni e che vive per qualcosa di più grande di sé. La ribellione e la fragilità dei giovani poggia tutta sulla certezza degli adulti. Qualche giorno fa parlavo con un ragazzo e chiacchierando è emerso il tema del «sesso». Gli dicevo che a me piace parlare di «amore» perché talvolta la parola sesso è usata come sinonimo di istinto e noi non siamo animali, siamo fatti per l’amore di cui il sesso è parte e non il tutto. E mentre parlavamo dell’amore è emerso il tema del «per sempre» e del sacrificio necessario perché l’amore costruisca anche davanti alle difficoltà contingenti. Questo ragazzo ad un certo punto mi chiede: «Ma come posso credere in un ‘per sempre’ quando davanti a me ho solo esempi del fatto che quello che mi sta raccontando è impossibile? Un bel sogno irrealizzabile...». 

Caro amico adulto, questa è la verità; ci stiamo abituando alle cose «penultime» che non soddisfano mai come le cose «ultime». Non parliamo più di destino, di bellezza, di tensione alla verità. L’abitudine e l’assuefazione hanno preso il sopravvento come diceva il mio amico Charles Peguy. «C’è qualcosa di peggio dell’avere un cattivo pensiero. È avere un pensiero bell’e fatto. C’è qualcosa di peggio dell’avere una cattiva anima e anche del farsi una cattiva anima. È avere un’anima abituata. Si sono visti i giochi incredibili della grazia e le grazie incredibili della grazia penetrare in una cattiva anima e anche un’anima perversa e si è visto salvare ciò che sembrava perduto. Ma non si è visto bagnare ciò che era verniciato, non si è visto attraversare ciò che era impermeabile, non si è visto ammorbidire ciò che era abituato…». 

Né il covid, né i terremoti, né i morti in mare, né una guerra devastante hanno più la forza di toglierci da quella comfort zone in cui ci illudiamo di essere felici. Eppure siamo fatti per la felicità, anzi, siamo fatti per la verità che toglie alla parola felicità quella falsa aurea di sentimentalismo e perbenismo e rimette al centro il sacrificio per rendere autentica proprio questa parola «felicità». Penso che ciò che sia davvero necessario oggi, se non vogliamo perdere definitivamente i nostri giovani, è un'amicizia autentica tra adulti, un'amicizia non dettata da piccoli interessi, o dal comodo o dal potere ma tutta determinata nel guardare alla vita, nell’aiutarsi ad affrontarla, senza maschere, senza false risposte, senza mettersi sulla difensiva, così che i ragazzi che intercettassero per strada i nostri volti e il nostro modo di guardare le cose, potessero domandarsi ed affermare con stupore: io vorrei vivere così! 


 
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