Che sia latino e non latinorum


Fonte: globetodays.com. Articolo di Maddalena Carlini*. L’Ufficio Scolastico Regionale per la Liguria ha avviato un’azione di promozione e sviluppo sul tema dell’approccio alla lingua latina nella scuola secondaria di primo grado

Mentre nelle Istituzioni Scolastiche “fervono i preparativi” per la storica realizzazione dei progetti innovativi collegati agli investimenti economici del PNRR, sono sempre più numerose le scuole che si apprestano ad avviare l’introduzione dello studio della lingua latina dalla scuola secondaria di primo grado, dove non è presente, nell’impianto curricolare, dal 1978, dopo l’entrata in vigore della Legge 347. In particolare, l’Ufficio Scolastico Regionale per la Liguria ha avviato un’azione di promozione e sviluppo sul tema dell’approccio alla lingua latina nella scuola secondaria di primo grado, con il contributo progettuale e operativo del Comitato Regionale dei Garanti per la Cultura Classica. Perché? Certamente non per un’”operazione nostalgia”, atta a riportare quest’insegnamento all’obiettivo formativo di educare la futura classe dirigente attraverso lo sviluppo della concentrazione e della riflessione, con il rischio di piegare, quindi, il potenziale formativo del latino a quella dimensione elitaria della cultura che intenzionalmente escludeva il povero Renzo dalla comprensione degli impedimenti al suo matrimonio enumerati da Don Abbondio: «Che vuol ch’io faccia del suo latinorum?».

Lo studio della lingua latina che si sta facendo largo nelle scuole risulta, al contrario, coerente con l’attualissima necessità di favorire negli studenti la capacità di leggere e interpretare la realtà contemporanea attraverso lo sviluppo dello spirito critico e del ragionamento logico, oltre che di perfezionare la comunicazione in lingua italiana, di cui il latino rappresenta il codice genetico. Dal punto di vista metodologico, infatti, lo studio di questa lingua classica sollecita l’esercizio del pensiero, attraverso la particolare relazione sintattica e lessicale.

Eloquente, a riguardo, è stata la decisione del Ministro dell’istruzione britannico che, nel 2022, ha introdotto lo studio del latino in quaranta scuole frequentate da alunni dagli undici ai sedici anni per porre fine alla reputazione esclusiva della lingua classica, tradizionalmente rivolta solo a studenti di particolari percorsi formativi, secondo una visione stereotipata che prevede tale insegnamento da svolgersi solo in scuole private. È significativo che tale decisione sia stata adottata in Gran Bretagna, linguisticamente simbolo di quella lingua inglese che è paradigma di internazionalità in tutto il mondo.

La reintroduzione del latino nelle scuole medie, quindi, non solo non contraddice, ma amplifica l’obiettivo del Piano di Ripresa e Resilienza di ridurre i divari culturali, ponendosi come strumento, anche metodologico, di arricchimento cognitivo per tutti gli alunni, ai quali può consentire di cogliere la continuità storica tra il passato e il presente attraverso una narrazione linguistica che racconta la storia del patrimonio di conoscenze di un popolo. Quest’ultimo aspetto, che fa riferimento all’appartenenza alla civiltà occidentale, potrebbe risultare contraddittorio rispetto alla Società globale di cui sono e saranno cittadini soprattutto i più giovani e che richiede un approccio interculturale alla conoscenza. In realtà, ad una lettura più profonda delle dinamiche sociali che caratterizzano la Comunità del terzo millennio, proprio il confronto e la valorizzazione delle diverse culture rivalutano l’importanza della conoscenza delle radici, non solo linguistiche, ma anche culturali, della nostra civiltà, nella consapevolezza che, come scriveva nel XII secolo il filosofo e teologo Giovanni di Salisbury, parlando del rapporto con gli antichi Greci e Romani, “siamo nani sulle spalle di giganti”, ma su quelle spalle possiamo arrampicarci per affrontare le sfide del presente con maggiore cognizione e sicurezza.

Lo studio del latino, quindi, lungi dal rappresentare la “riesumazione” di una lingua morta, può addirittura avvalorare il processo di innovazione didattica, essendo funzionale non soltanto al miglioramento della padronanza in lingua italiana, ma anche all’approfondimento delle competenze interpersonali e civiche, fondamentali per comprendere il confronto tra le culture e i cambiamenti sociali: capacità irrinunciabili lungo il percorso di crescita degli studenti, soprattutto nella fase cruciale della pre-adolescenza, per la costruzione del loro progetto di vita.


 * Dirigente Scolastica dell’Istituto Comprensivo “Sestri Est” di Genova

 
Segnala Stampa Esci Home