Sussidiarietà: nuova forma dello Stato. Una notevole scheda culturale


L’ing. Stefano Versari dell’USR Emilia-Romagna ha curato, per il volume “Voci dalla scuola 2004” di G. Cerini e M. Spinosi, appena edito per i tipi di Tecnodid (Salerno, 2003), la voce “sussidiarietà” (pp. 343-350 del volume). Il saggio, in forma di interessantissima scheda culturale, affronta l’argomento con un taglio molto prossimo alla scuola e alle sue innovazioni, per cui abbiamo pensato di fare cosa gradita nel proporne di seguito l’estratto integrale.
Sussidiarietà - di Stefano Versari - Ufficio Scolastico Regionale – Emilia Romagna

Il fondamento sociale della sussidiarietà
Occorre “avere il coraggio di dire ai giovani (...) che bisogna che si sentano ognuno l’unico responsabile di tutto” (1). Con queste parole di Don Lorenzo Milani si comprende intuitivamente la portata del principio di sussidiarietà, che si propone che la persona possa essere responsabile del suo sviluppo e della sua promozione. Il principio di responsabilità richiamato da Don Milani deriva dall’essenza dell’uomo, che è strutturalmente sociale. I principi regolatori della socialità umana, al fine del perseguimento del bene comune, sono quello della solidarietà e quello della sussidiarietà. Secondo il principio di solidarietà, la società è chiamata a sviluppare una rete di collaborazione mirata alla promozione ed allo sviluppo della persona umana. I vari livelli della società hanno dunque il compito di sostenere le persone singole o associate. Secondo il principio di sussidiarietà, che è implicito in quello di solidarietà, per promuovere la persona umana occorre rispettarne e promuoverne la libertà e l’autonomia, nelle forme sociali che questa sceglie per se. In sostanza, se il principio di solidarietà implica l’aiuto che deve essere fornito alla persona ed alle aggregazioni sociali, il principio di sussidiarietà indica la modalità con cui offrire questo aiuto: non comprimendo ma piuttosto esaltando l’autonomia e l’auto capacità di dare risposta al bisogno, singolo o collettivo (2).
Il significato di sussidiarietà
Alla luce del suo fondamento sociale, possiamo dunque affermare che il principio di sussidiarietà implica che una società di ordine superiore non deve interferire nella vita interna di una società di ordine inferiore, privandola delle sue competenze, ma deve piuttosto sostenerla in caso di necessità ed aiutarla a coordinare la sua azione con quella delle altre componenti sociali, in vista del bene comune (3). Ne consegue che, secondo il principio di sussidiarietà, lo stato, le regioni, gli enti locali, di fronte alla società – singoli cittadini, famiglie, gruppi intermedi, associazioni e imprese –, non debbano fare di più ma neanche di meno, che offrire un aiuto alla sua autonomia, cioè alla sua libera possibilità di espressione e sviluppo, di autonoma risposta ai suoi bisogni. Questo principio, quindi, obbliga coloro che ne sono destinatari sia all’azione che all’auto-limitazione. Infatti, obbliga ad aiutare le articolazioni sottostanti così da metterle in condizioni di sostenere i singoli cittadini nello sviluppo di una vita degna dell’uomo (funzione promozionale). Nello stesso tempo proibisce a questi stessi destinatari di intervenire nell’ambito di vita e d’azione di articolazioni sottostanti se queste sono nella condizione di regolarsi autonomamente e di gestire in proprio i loro compiti (funzione protettiva). Se queste articolazioni non riescono ad espletare i loro compiti con le loro forze, per cui ad esempio non riescono a far fronte ad impegni educativi o assistenziali che si sono assunti, il principio di sussidiarietà impone a Stato, Regioni, Enti Locali di non assumere subito su di sé questi compiti, ma di cercare vie di rafforzamento delle energie e delle capacità in modo da aumentarne l’autonomia, intesa non come autoreferenzialità, ma come capacità di scegliere l’ambiente con cui entrare in relazione (4).
La sussidiarietà sostegno della democrazia
Se è vero che la sussidiarietà rappresenta un principio ispiratore - dunque da declinarsi storicamente nel contesto etico, giuridico, sociale, economico o politico cui ci si riferisce - è altrettanto vero che la sussidiarietà in atto rappresenta un punto di forza della democrazia. Infatti, come osservava Hannah Arendt: “Il dominio totale non consente libertà d’iniziativa in nessun settore della vita, non può ammettere una attività che non sia interamente prevedibile” (5). Ne consegue che la promozione della sussidiarietà, e dunque della autonomia dell’individuo singolo o liberamente associato, è antidoto ad ogni forma di dominio. Non è un caso che, appunto, una prima definizione formale del principio di sussidiarietà risalga al 1891 (6), in un contesto di rivoluzione industriale che tendeva a ridurre l’uomo a sola forza lavoro (dominio economico), e che la sua piena formulazione risalga a 1931 (7), in risposta a tragiche esperienze in atto di coercizione della libertà e della dignità della persona umana (dominio sociale e politico).
La sussidiarietà nuovo principio costituzionale
Il principio di sussidiarietà è entrato implicitamente nel nostro ordinamento nel 1997 (8) ed esplicitamente solo nel 2001, con l’approvazione di una sostanziale modifica del Titolo V della seconda parte della Costituzione e l’introduzione fra i principi costituzionali della sussidiarietà verticale e della sussidiarietà orizzontale.
Il principio di sussidiarietà verticale
L’art. 117 della nuova previsione costituzionale stabilisce che la potestà legislativa è esercitata dallo stato e dalle regioni ed elenca le materie di competenza esclusiva dello stato, fra queste sono: la determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni per l'esercizio dei diritti civili e sociali, che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale (punto m); le norme generali sull'istruzione (punto n). Il medesimo articolo 117 introduce il principio di legislazione concorrente, ovvero: nelle materie di legislazione concorrente spetta alle regioni la potestà legislativa, salvo che per la determinazione dei principi fondamentali, riservata alla legislazione dello stato. Fra le materie di legislazione concorrente c'è l'istruzione, facendo salva l'autonomia delle istituzioni scolastiche, ed escludendo l'istruzione e la formazione professionale (già passate alle regioni con D.lgs 112/98, cap IV). E' stata dunque ribaltata l'impostazione della Costituzione approvata nel 1947, che elencava le materie di competenza legislativa delle regioni, e riconosceva allo stato il potere legislativo su tutte le altre. Al contrario, ora si specificano le materie di esclusiva competenza dello stato e si introduce il principio della legislazione concorrente, che destina allo stato il solo compito di definire i principi fondamentali. Il 1° comma dell’art. 118 del Titolo V della Costituzione a sua volta prevede che le funzioni amministrative siano attribuite ai comuni salvo che, per assicurarne l’esercizio unitario, siano conferite a province, città metropolitane, regioni e stato, sulla base dei principi di sussidiarietà, differenziazione ed adeguatezza. Viene così introdotto il c.d. principio di sussidiarietà verticale, ovvero un criterio di distribuzione delle competenze tra stato ed autonomie locali, realizzando una democrazia che individua nella prossimità dei governanti ai governati un bene primario (9).
Il principio di sussidiarietà orizzontale
Il 4° comma dell’art. 118 della Costituzione prevede che stato, regioni, province, città metropolitane e comuni favoriscono l’autonoma iniziativa dei cittadini singoli e associati, sulla base del principio di sussidiarietà. E’ stato correttamente osservato che il termine “favoriscono” non è in alcun modo confondibile con “hanno facoltà di favorire”, essendo quest’ultima accezione ampiamente preesistente: stato ed autonomie locali hanno sempre potuto sostenere con pubbliche provvidenze iniziative di interesse generale promosse da cittadini singoli od associati (10). Pertanto il termine “favoriscono” è da intendersi come una previsione di “doverosità”. Con questa previsione costituzionale e quella dell’autonomia delle istituzioni scolastiche viene introdotta nel nostro ordinamento la c.d. sussidiarietà orizzontale, ovvero il principio secondo cui stato ed autonomie locali intervengono solo quando l’autonomia della società risulti inefficace; un intervento non sostitutivo e di marginalizzazione del soggetto “incapace”, ma piuttosto temporaneo e promozionale dello stesso. In sostanza viene promossa una “cittadinanza di azione” e la “genialità creativa” dei singoli e delle formazioni sociali (11). Da quanto fin qui esposto e con riferimento al sistema educativo, risulta evidente la potenzialità innovativa intrinseca alle nuove previsioni costituzionali; una innovatività giuridica e pedagogica, motore del cambiamento di un sentire comune educato da decenni all’inerte attesa della “mano pubblica” (mortificante la libera iniziativa, sempre meno onnipotente e sempre più insostenibilmente onerosa).
La modifica del Titolo V e le norme generali sull’istruzione
La legge 53/2003 concernente le norme generali dell’istruzione (cd. legge Moratti) consegue alla modifica del Titolo V della Costituzione. Infatti, con il nuovo assetto costituzionale si è passati, di fatto, da una gestione gerarchica della scuola da parte dello stato, ad una gestione poliarchica da parte di tre diversi soggetti "istituzionalmente" rilevanti per quanto attiene l'istruzione: - lo stato, che determina le norme generali ed i principi fondamentali; - le regioni, che concorrono a determinare gli altri aspetti in materia di istruzione; - le singole autonomie delle istituzioni scolastiche, che determinano l'offerta formativa concreta, nel rispetto ed all'interno del quadro legislativo nazionale e regionale; A questi soggetti si uniscono le famiglie, cui è assicurata la libertà di scelta educativa, e gli insegnanti, cui è assicurata la libertà d’insegnamento (lg. 59/97, art. 21, comma 9), realizzando così un modello di partenariato. Appare dunque evidente, aldilà di ogni polemica strumentale, che la legge 53/2003 è la risposta legislativa all’introduzione delle norme costituzionali inerenti il principio di sussidiarietà, l’autonomia delle istituzioni scolastiche, la legislazione concorrente stato-regioni che imponevano la complessiva “ristrutturazione” delle norme generali sull’istruzione; la legge 30/2000 (cd. legge Berlinguer), infatti, era stata approvata precedentemente e dunque non poteva tenere in conto queste rinnovate previsioni costituzionali. Il mancato o tardivo adeguamento della legislazione ordinaria della scuola alle nuove previsioni costituzionali avrebbe offerto il fianco ad un contenzioso permanente di attribuzioni fra stato e regioni che avrebbe rischiato di ingessare il sistema scolastico italiano per anni (12).
L’istituzione scolastica formazione sociale
Al fine di determinare lo status sociale della istituzione scolastica, giovano a questo punto due richiami ai principi fondamentali della nostra Costituzione. Il primo richiamo consiste nell’osservare che il principio di sussidiarietà, come si è visto fin ora, è tutt’altro che un principio astratto o genericamente esortativo, costituisce piuttosto modalità per declinare operativamente uno dei principi fondamentali della nostra Carta Costituzionale (art. 3 comma 2°): è compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale che, limitando di fatto la libertà e l’uguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana. Il secondo richiamo è ad un altro principio fondamentale del dettato costituzionale (art. 2): la Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo, sia come singolo, sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità. Pertanto, i diritti delle formazioni sociali sono “paritari” a quelli del cittadino, se ed in quanto nelle prime si svolge la personalità del cittadino stesso. Le formazioni sociali assurgono così ad una dignità che non trova ancora adeguato compimento nella declinazione legislativa e nella prassi corrente. Consegue da quanto sopra che, essendo l’istituzione scolastica una formazione sociale in cui si svolge la personalità del cittadino, essa è portatrice di diritti inviolabili ed è compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli che ne impediscono il pieno sviluppo.
Sussidiarietà ed amministrazione pubblica
La sussidiarietà non “mortifica” ma “risignifica” le fondamentali funzioni di servizio al bene comune che sono proprie dello stato, delle regioni, degli enti locali. E’ quanto osservato da Luigi Sturzo: “ (…) la libertà è unica e individuale; (…) lo stato ha per funzione principale e propria quella della garanzia e vigilanza dei diritti collettivi e privati (…) in via secondaria e sussidiaria lo stato interviene, in forma integrativa, in quei settori di interesse collettivo particolare o generale nei quali l’iniziativa privata sia deficiente, fino a che sia in grado di riprendere il proprio ruolo. I casi di emergenza impongono allo stato altri compiti; ma questi sono temporanei e si esercitano nel rispetto dei diritti politici del cittadino, la cui libertà deve essere tutelata, la cui personalità deve essere rispettata” (13) L’amministrazione pubblica è una delle leve essenziali attraverso le quali stato ed autonomie locali svolgono le proprie funzioni di tutela e promozione. La mancata applicazione del principio di sussidiarietà nell’amministrazione ha portato ad una diffusa deresponsabilizzazione della società, provocando la perdita di energie umane e l’aumento esagerato di apparati pubblici, dominati da logiche burocratiche più che dalla preoccupazione di servire gli utenti, con enorme crescita delle spese (14). Coerentemente con le innovazioni apportate al Titolo V della Costituzione, l’amministrazione pubblica è chiamata ad una profonda rivisitazione delle proprie logiche interne e ad una rinnovata presa di coscienza dei propri compiti. Il principio di sussidiarietà muta il rapporto fra amministrazione, da una parte, e cittadini e loro formazioni sociali, dall’altra. Si superano così l’impostazione tipica del diritto pubblico per buona parte del XX° secolo, quella dei cittadini-amministrati; così come si supera l’impostazione, che ha prevalso negli anni novanta, dei cittadini-clienti. Entrambi i modelli sono antitetici al principio di sussidiarietà perché vedono comunque il cittadino come soggetto terzo, sostanzialmente estraneo, quando non contro-parte o, peggio, “succube” della amministrazione pubblica. Viceversa, secondo il principio di sussidiarietà, il cittadino diventa partner dell’amministrazione, che è chiamata, nello specifico del proprio compito, a rimuovere gli ostacoli che limitano libertà ed uguaglianza dei cittadini. Il nuovo modello è quindi quello del cittadino-partner, partecipe, con il sostegno della amministrazione, del proprio pieno sviluppo (15). La sussidiarietà nell’amministrazione pubblica diventa dunque strumento per consentire il superamento dello iato fra “vita delle istituzioni” e “vita dei cittadini”, riavvicinando questi a quelle e realizzando così uno “Stato che si è fatto società civile” (16). In termini del tutto analoghi, l’istituzione scolastica è chiamata ad un rapporto di partenariato con la famiglia; la sussidiarietà nella scuola realizza la promozione dei soggetti della scuola, producendo una “scuola della società civile” (17).
L’autonomia sussidiaria
Il nuovo assetto costituzionale ha introdotto una sorta di “specificazione” contenutistica della previsione costituzionale di autonomia, che acquista un senso compiuto alla luce della complementare previsione costituzionale della “sussidiarietà orizzontale”. Per intenderci in termini immaginifici, l’autonomia delle istituzioni scolastiche non significa “autonomia autoreferente” e neppure “autonomia vigilata” ma piuttosto, appunto, “autonomia sussidiaria”. Giova su questo aspetto soffermarci ulteriormente, perché costituisce il punto “nodale” della attuale problematicità connessa all’autonomia; problematicità che rischia di vanificarne la stessa “utilità” strumentale. “L’autonomia autoreferente”, che non consente né confronto né valutazione, costituisce di per sé la negazione della qualità della scuola e del suo stesso principio fondativo; una educazione scolare implica infatti una relazionalità. Viceversa, l’autonomia non significa autoreferenzialità ma piuttosto capacità di scegliere l’ambiente con cui entrare in relazione (18). Da questo punto di vista, gli organi collegiali costituiscono un esercizio di “relazionalità sociale” e dunque strumento per il superamento del “rischio” indicato. Per “autonomia vigilata” intendiamo invece il rischio, opposto al precedente, di una scuola “imbrigliata”, inibita nella sua libera capacità educativa e di espressione, non fa molta differenza se dallo stato o dalle autonomie locali. È un rischio di attualità, derivante da erronee posizioni culturali e conseguenza di provvedimenti legislativi, attuativi della lg. 59/97, che hanno creato le condizioni per una sorta di sudditanza della scuola agli enti locali. L’antidoto ai due rischi esposti, di autoreferenza e di limitazione della libertà della scuola, è rappresentato da una diversa forma di autonomia, che potremmo definire “autonomia sussidiaria”. Ovvero una autonomia realizzata alla luce del principio di sussidiarietà e dunque nella promozione e tutela, da parte dei corpi di livello superiore, della autonomia delle istituzioni scolastiche; accompagnata alla promozione e tutela, da parte delle istituzioni scolastiche, dei corpi di livello inferiore, ovvero i diversi soggetti della scuola (19). Da quanto fin qui esposto deriva la necessità di una decretazione statuale e delle autonomie territoriali “leggera”, che garantisca sia l’equità del servizio scolastico in ogni luogo del Paese, sia la massima espressione di tutte le potenzialità date dall’autonomia delle istituzioni scolastiche, costituzionalmente garantita e richiamata dalla legge 53/2003.
In conclusione, ai fini del bene comune, il principio di sussidiarietà occorre diventi fondativo delle regole d’organizzazione della scuola, della didattica, della flessibilità. E’ un compito di rinnovamento cui sono chiamati tutti i soggetti della scuola - dirigenti scolastici, docenti, famiglie, studenti –, che occorre sia sostenuto dalla comunità sociale ed istituzionale, in uno sforzo di confronto democratico ed intellettualmente onesto fra le differenti aree culturali del paese.
Agosto 2003

OPPORTUNITA’ E RIFERIMENTI
Riferimenti utili sono reperibili su Internet alla voce Sussidiarietà. Oltre quelli citati nel testo, e senza alcuna possibilità di completezza, si segnalano: il sito www.sussidiarietà.net; lezioni di sussidiarietà, nel sito della Fondazione Giovanni Agnelli (www.fga.it); E.Gori, Valutazione e sussidiarietà in Europa (www.invalsi.it). Esigenze di spazio hanno impedito l’affronto, anche solo per cenni, del principio di sussidiarietà nella legislazione europea; sono tuttavia numerosi gli spunti bibliografici e di riflessione reperibili in internet, fra questi: Parlamento europeo, Note sintetiche sul principio di sussidiarietà (www.europarl.eu.int)

RISORSE NORMATIVE
- Costituzione della Repubblica italiana (in G.U. 7 dicembre 1947)
- Legge 15 marzo 1997, n. 59 (delega al Governo per il conferimento di funzioni e compiti alle regioni ed enti locali, per la riforma della pubblica amministrazione e per la semplificazione amministrativa; l’art. 21 concerne l’autonomia delle istituzioni scolastiche)
- D.Lgs 31 marzo 1998, n. 112 (conferimento di funzioni e compiti amministrativi dello Stato alle regioni ed agli enti locali)
- D.P.R. 8 marzo 1999, n. 275 (regolamento recante norme in materia di autonomia delle istituzioni scolastiche)
- Legge costituzionale 18 ottobre 2001, n.3 (modifiche al titolo V della parte seconda della Costituzione)
- Legge 28 marzo 2003, n. 53 (delega al governo per la definizione delle norme generali sull’istruzione e dei livelli essenziali delle prestazioni in materia di istruzione e formazione professionale)
- Legge 5 giugno 2003, n.131 (disposizioni per l’adeguamento dell’ordinamento della Repubblica alla legge costituzionale 18 ottobre 2001, n.3)

INDICAZIONI BIBLIOGRAFICHE
- Giovanni Paolo II, Lettera enciclica Centesimus annus, Paoline, Milano 1991
- R. Bonetti - A. V. ZANI (a cura di), Sussidiarietà e nuovi orizzonti educativi, La Scuola, Brescia 1998
- G. Bertagna, Orientarsi nell'autonomia, La Scuola, Brescia 1999.
- M. Toso, Umanesimo sociale, Las, Roma 2001
- S. Versari (a cura), La scuola della società civile tra Stato e mercato, Rubbettino, Soveria Mannelli 2002
- G. Vittadini (a cura), Liberi di scegliere – dal welfare state alla welfare society, Etas, Milano 2002

NOTE AL TESTO
1 L. Milani, L’obbedienza non è più una virtù – Documenti del processo di Don Milani, Libreria Editrice Fiorentina, Firenze s.d., p. 51
2 M. Toso, Umanesimo Sociale, Las, Roma 2001, pp.36-37, 58-66
3 Giovanni Paolo II, Lettera enciclica Centesimus annus (1 maggio 1991), Paoline, Milano 1991, n. 48.
4 I. Colozzi, Nota sul principio di sussidiarietà, in SDB - AGeSC - FMA, Piano di formazione genitori, Scuole salesiane d’Italia, Roma 1999, pp. 67-74.
5 H. Arendt, Le origini del totalitarismo, a cura di A. Martinelli, Edizioni di Comunità, Milano 1997, p.470
6 Leone XIII, Lettera enciclica Rerum Novarum (15 maggio 1891), Acta, Romae 1892, pp. 97-144
7 Pio XI, Lettera enciclica Quadrigesimo anno (15 maggio 1931), AAS 23 (1931), pp.177-228
8 Legge 15 marzo 1997, n. 59 (delega al Governo per il conferimento di funzioni e compiti alle regioni ed enti locali, per la riforma della pubblica amministrazione e per la semplificazione amministrativa; l’art. 21 concerne l’autonomia delle istituzioni scolastiche)
9 A. Palma, Sussidiarietà e formazione in Italia: profili giuridici, in S. Versari (a cura), La scuola della società civile tra Stato e mercato, Rubbettino, Soveria Mannelli 2002, pp.60-61
10 G.U. Rescigno, Principio di sussidiarietà orizzontale e diritti sociali, Diritto Pubblico, 2002, 5 ss.; A. Poggi, comunicazione al Seminario di Astrid sulla sussidiarietà orizzontale, Roma 7 febbraio 2003 (www.cittadinanza.it);
11 cfr. A. Palma, Sussidiarietà e formazione in Italia: profili giuridici, cit., p. 61
12 G. Sandrone, Storia del cambiamento, Rassegna dell’Istruzione, n. 0, giugno-luglio 2003, pp. 22-23; S.Versari, Perché la riforma della scuola era necessaria? I fondamenti costituzionali della legge 53/2003 (www.csarimini.it)
13 L. Sturzo, Del metodo sociologico. Risposta ai critici, Atlas, Bergamo 1950, pp. 294-295, ora in G. Morra, Sturzo profeta della seconda repubblica, CISS, Roma 1999, p.39
14 Cfr. Giovanni Paolo II, Lettera enciclica Centesimus annus, n. 48.
15 A. Gregorio, La comunicazione pubblica nell’amministrazione della sussidiarietà, in web magazine della comunicazione pubblica (www.urp.it)
16 F. Gentile, Il problema della burocrazia alla luce del principio di sussidiarietà, in G. Vittadini (a cura), Liberi di scegliere – dal welfare state alla welfare society, Etas, Milano 2002, pp. 16-41
17 S. Versari, I nodi politici della scuola della società civile, in S. Versari (a cura), La scuola della società civile tra Stato e mercato, Rubbettino, Soveria Mannelli 2002, pp. 149-167.
18 P. Donati, Teoria relazionale della società, Angeli, Milano 1996.
19 S. Versari – P. De Giorgi, Nel sistema dell‘autonomia delle istituzioni scolastiche: gli organi collegiali e la presenza educativa dei genitori, in AA.VV, Quinto rapporto sulla scuola cattolica in Italia, La Scuola, Brescia, in corso di stampa
 
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