da Repubblica.it - 30 maggio 2009
Quei nostalgici esempi di servitori dello Stato
di FRANCESCO MERLO
Il guaio dei presidi italiani non è solo quello d'essere diventati i protagonisti, sia pure sfortunati, d'una delle imprese più coraggiose, anzi disperate, ma anche più ripetute e decisive in questa nostra Italia: amministrare senza soldi. Hanno anche la disgrazia d'essere stati ridotti a reliquie di un mondo perduto. Ultimi eredi dell'aristocrazia culturale italiana, sono stati lasciati soli a contrapporre le aule scolastiche alle alcove ministeriali, e a difendere la scuola come studium, che vuol dire amore, passione e dunque vita contro una ministra che ama i libri (solo) contabili e crede che la modernità significhi tagliare, chiudere, umiliare e cacciare via.
Eppure da molti anni, i presidi italiani avevano smesso di insegnare, di essere i più imponenti e i più autorevoli degli insegnanti. Erano appunto diventati manager, anche se di un tipo davvero speciale, perché mai dovevano perdere di vista che la scuola è il luogo del sapere depositato e della vecchia, cara contestazione libro contro libro, figli contro padri, professori anziani contro professori giovani. I presidi devono insomma esibire un ventaglio di virtù che l'avvocato Gelmini non capirà mai. Non solo amministrare l'aziendascuola senza più soldi neppure per i detersivi e per la carta igienica, ma anche occuparsi di sesso maltrattato e di videotelefonini. E poi trovare le parole giuste per lenire le frustrazioni del professore ridotto da un salario da poveraccio a travet sformato e malinconico. E ancora affrontare le denunzie penali dei genitori, prassi quotidiana e devastante spauracchio della scuola italiana.
È il preside che deve impedire al professore di litigare con gli allievi che non capisce, fosse solo per ragioni anagrafiche. Ma il preside deve anche mettere pace tra gli insegnanti, e poi intercettare minacce, scoprire e persino coprire reati in un mondo dove, da tempo, non si vive più solo di Promessi Sposi ma anche di tracotanze.
È un manager, certo, avvocato Gelmini, ma anche un direttore d'orchestra nel clima avvelenato e illiberale che dalla politica arriva sino alla scuola. Un pastore d'anime, ma sempre laico, e dunque in grado di controbattere i toni esasperati dei clericali e degli anticlericali, e al tempo stesso fare a meno - per mancanza di fondi - della carta per fotocopie come ormai accade anche nei più prestigiosi licei di Roma e di Milano.
Ebbene, deve essere molto forte per questi uomini che tutti si gloriano di mettere nel sacco - dagli studenti ai ministri - la tentazione di dare retta all'avvocato Gelmini e andarsene davvero tutti a casa e lasciarla sola a finire di sfasciare la scuola con i ragionieri del suo ministero o, magari, con la polizia inviata dal suo collega Maroni.
Feriti nell'orgoglio da questa ministra, che manca loro di rispetto e non "presiede" i processi formativi ma li raggira, i presidi rimangono invece al loro posto malgrado la crisi, i salari scandalosamente più bassi d'Europa, il bullismo, le devastazioni politiche, gli insulti, le minacce. Ormai hanno capito che a ogni nuova provocazione
Pare insomma che di stupefacenti e tonitruanti amministratori senza soldi l'Italia di oggi sia piena. Ma i presidi nutriti di buone lettere e di vera indulgenza, se una volta erano i pochi che diventavano sempre di più, ebbene oggi sono i pochi che diventano sempre di meno. Ma, diavolo!, di indulgente saggezza debbono averne davvero tanta se resistono, con l'abituale compostezza e gravità , alle corbellerie che sta facendo e dicendo questa nostra benedetta ministra.
da Repubblica.it - 30 maggio 2009
Perso il titolo, i 10 mila dirigenti scolastici italiani devono anche svolgere nuovi compiti
Costretti a diventare manager, anzi, economi per gestire l'emergenza in tempi di tagli
C'era una volta il preside. La dura vita di chi dirige una scuola
Il ministro consiglia a "chi non è capace" di cambiare mestiere. Ma loro non ci stanno
"Ci mancano i soldi pure per la carta igenica. Ci sentiamo soli assediati e accusati."
di MARIA NOVELLA DE LUCA
La loro trincea è fatta di aule cadenti, di fotocopiatrici scassate, di bagni senza sapone, di bimbi che nello zainetto oltre al panino si portano la carta igienica, di caldaie a secco, di computer rotti, di laboratori in pezzi, di allievi abbandonati a se stessi perché la cassa è vuota e la supplente non c'è. Sono cronache da una bancarotta quelle che i dirigenti scolastici italiani raccontano, da scuole che sembrano fortini assediati dall'emergenza, mentre il ministero eroga "zero euro" per il funzionamento ordinario degli istituti, e le famiglie si tassano per affrontare, almeno,
Dopo
Storie di presidi. Vite di funzionari dello Stato. Che dopo la riforma del 2001 si chiamano "dirigenti scolastici" e della scuola sono diventati anche manager. "Ci sentiamo soli, assediati, accusati di non saper fare il nostro lavoro semplicemente perché chiediamo i mezzi per farlo", dice con chiarezza Rita Coscarella, preside della scuola media "Virgilio" di Palermo, 960 allievi. "Da anni siamo costretti a chiedere contributi alle famiglie per la gestione ordinaria, ma la cosa più grave è che non abbiamo più i soldi per chiamare e pagare i supplenti. Così i ragazzi, se un docente manca, devono fare gli "ambulanti" di classe in classe, con grave rischio per
Parole amare, sofferte. Dopo la "base" è la dirigenza della scuola italiana a sentirsi incompresa, accusata ingiustamente. I dirigenti scolastici in Italia sono circa 10 mila e guadagnano in media 2.700 euro al mese. Si diventa presidi per concorso, di solito dopo lunghi anni di insegnamento. Un ruolo delicato e faticoso. "Noi siamo responsabili di tutto - spiega Armando Catalano, dirigente da 20 anni, e rappresentante di 2.200 presidi della Cgil - dobbiamo rispondere di ogni atto e di ogni decisione. Questo vuol dire entrare a scuola la mattina e uscirne la sera, quando si hanno anche novecento o mille allievi è impossibile fare diversamente. Non c'è tensione, difficoltà , criticità che non approdi nella stanza del preside. È giusto così, il rapporto con gli studenti e le famiglie è la vita della scuola. Ma la nostra autonomia è stata ridotta a fare lo slalom tra casse vuote e problemi immensi, non abbiamo i soldi per le pulizie, per i tecnici della sicurezza, e poi il ministero ci scarica addosso incombenze amministrative, come la ricostruzione delle carriere, impedendoci di lavorare sulla didattica". "Più che presidi - incalza Armando Catalano - ormai siamo dei tecnici dell'emergenza, facciamo economia domestica e la verità è che laddove le famiglie possono tassarsi la scuola sopravvive, ma nei quartieri a rischio, più poveri, è destinata alla bancarotta".
Una forbice che sarà sempre più larga. Di qua i figli delle classi benestanti, di là i bambini del ceto medio impoverito, gli immigrati. L'edilizia scolastica italiana è tra le peggiori d'Europa, e così la preparazione dei ragazzi, scivolati al trentatreesimo posto della Ue, quando fino a pochi anni fa eravamo tra i primi dieci. Livia Cangemi è la preside di un grande istituto comprensivo nel centro di Roma, nel cuore di Trastevere,
Perché anche qui non ci sono più i soldi per pagare le supplenze, "e se un docente si ammala il bilancio della scuola va in rosso e la classe resta scoperta. "Forse il ministro Gelmini dovrebbe conoscere meglio quanta dedizione c'è nel nostro lavoro. Ognuno di noi sente di far parte dello Stato. Come si può rispondere ad un grido di dolore dicendo che non sappiamo fare il nostro mestiere? Faccio la dirigente scolastica soltanto da due anni, e ci credo davvero, nonostante la burocrazia, i tagli, le difficoltà . Passo la mia giornata qui dentro, ma se ci si impegna i risultati si vedono. Perché vanificare esperienze così ricche?". Storie di funzionari che lavorano. Nel silenzio e senza clamori. In uffici dove sulla porta c'è ancora scritto "Presidenza" visto che nessuno ha cambiato né targa né vernice. Tra i bimbi disabili senza più insegnanti di sostegno, i ragazzi immigrati in cerca di integrazione, e gli insegnanti sottopagati. Una frontiera dove spesso manca la luce, a volte l'acqua, e si fa lezione con il cappotto. "Noi resistiamo però - dicono i presidi-manager - fino ai prossimi tagli...".