Dibattito/Maturità: uno spreco ed un esame inutile


Pubblichiamo due riflessioni sull’esame di stato di fine secondo ciclo: la cosiddetta vecchia “maturità”. Condividendo in pieno i rilievi sull’assurdità dell’attuale procedura, vorremmo avviare un dibattito tra soci e colleghi, specie in vista delle proposte da presentare al Governo, nella speranza di un ascolto, vista la sordità dell’attuale ministero a serie proposte di riforma. Chiediamo a tutti di utilizzare per questo il Forum del sito “Dibattito e Opinioni”. (DiSAL)

 

La maturità: una lotteria.  Chi ha bisogno di un esame schizofrenico che tra studiosi e scansafatiche distingue con gli umori di commissioni volubili?

di Luigi Amicone 

Tempi – 23 luglio 2009

Anna ha 18 anni. E non si sente tanto sola. Anche quando entra in aula per affrontare l’esame di maturità in un liceo scientifico di Monza. Quattro “commissari” sono esterni. Però gli altri tre la conoscono molto bene. Sono i suoi professori e il suo curriculum scolastico è di tutto rispetto. Anna entra all’esame di maturità con 17 crediti su 25. Esce stecchita. Scritti pasticciati, orali balbettati. Accodandosi alla decisione dei docenti esterni, il presidente di commissione la dichiara “unfit”, “inadatta”, “bocciata” a proseguire gli studi. Anna si è fatta prendere dal panico. Anna non ha più detto una parola. Anna adesso chissà dov’è a smaltire la legnata. In compenso Marco, un bel ragazzo e gran simpaticone, ma sfaticato, ha arrancato per cinque anni e anche l’esame finale è stato un po’ così. Ma infine ce l’ha fatta. Passato per il rotto della cuffia. Buon per lui. Ma a che serve tutto il panegirico sulla condotta, i crediti e “l’impegno regolare dimostrato durante tutto il corso degli studi” se poi la maturità resta un terno al lotto? «Ragazzi… sono nuovo in questo forum… leggevo i vostri post… cmq volevo avere qualche consiglio, all’esame sono stato ammesso con 15 p.ti di credito e agli scritti ho preso 37, praticamente sto a 52… il problema è ke dopodomani ho gli orali e ancora nn imparo nulla… qndi vorrei sapere.. se mi presento cn mezza tesina imparata e poi cerk di rispondere alle domande e mi fanno loro… + o - cn quanto me ne posso uscire????… Studiati almeno la tesina, per il resto vai con lo show dell’improvvisazione, e ce la puoi fare» (letto su http://pesol.forumcommunity.net).

Poi magari succede come quella ragazza di Genova candidata al 100 che si è tenuta – malafede, timore, semplice superficialità? – un secondo cellulare in tasca ed è stata per questo esclusa dall’esame. «C’è da stupirsi che poi all’interno della commissione cominci un gioco delle parti che ci vorrebbe Pirandello o Kafka per raccontare quel che s’è letto e ascoltato dagli esaminandi con quel ci si dovrebbe aspettare? ché altrimenti – ha ragione da questo punto di vista il presidente della mia Commissione – se ne dovrebbero bocciare tre quarti», racconta un insegnante membro di una commissione di maturità. Ricapitolando, nell’anno scolastico 2008-2009 sono raddoppiate le percentuali dei ragazzini non ammessi all’esame di terza media. Quindicimila (tremila in più dello scorso anno) sono stati i bocciati alla maturità. E quasi uno studente di scuola professionale su quattro è stato respinto. La pubblica istruzione italiana sarebbe la sola impresa al mondo che gode dell’improduttività dei suoi dipendenti e del fallimento dei suoi utenti? Chiaro che non se ne compiace il ministro Mariastella Gelmini («non è mai bella una bocciatura, ma si capisce che il tempo del buonismo è passato»). Però neanche dispiace al ministro che le bocciature in crescendo dimostrerebbero il successo della cura meritocratica e il tramonto della «cultura del Sessantotto». E il dubbio che l’esame di maturità inventato 85 anni fa (c’era ancora il Duce, ministro Gentile) sia lievemente obsoleto non le viene, signor ministro? «Di abolizione dell’esame di maturità non se ne parla nemmeno» dice a Tempi la Gelmini. «Il problema semmai sarebbe quello di valutare l’abolizione del valore legale del titolo di studio. Cosa per la quale prevedo comunque tempi lunghi». E così sia. Una prece per i “selezionati”.

In sintesi, l’esame di Stato oggi non c’entra nulla con quello che viene prima (da dieci anni a questa parte la parola d’ordine della scuola italiana è “autonomia” e poi per cinque anni abbiamo raccontato ai nostri studenti che per andare avanti bastava sapere un pezzettino alla volta). Non c’entra nulla con quello che viene dopo. Le università, giustamente, se ne infischiano dei voti della maturità; mentre noi pretendiamo da chi andrà a fare ingegneria e da chi si iscriverà a erboristeria o a fisioterapia le stesse cose. Non ha relazione con la realtà, né interna, né esterna della pubblica istruzione. Epperò nessuno lo mette in discussione. Come invece è in discussione in Francia, dove l’indice dei promossi all’esame di Stato quest’anno è schizzato a oltre il 90 per cento. Eppure il 47 per cento dei francesi (sondaggio di Le Figaro) è per l’abolizione della maturità. Perché in Italia la maturità è un tabù intoccabile? Perché lo dice la Costituzione, articolo 33, comma 5, che ci deve essere. Cosa costa allo Stato questo rito di passaggio? 183 milioni di euro l’anno. Fate voi il conto dei miliardi in vecchie lire e come si potrebbe (forse più utilmente) investire questa spesa stabilita per Legge (la numero 176/2007, art.1 comma 3) ereditata dal governo Prodi.

 

Cambiamenti necessari. Guardando al resto d’Europa

di Roberto Persico

Tempi – 23 luglio 2009

Abolire l’esame di Stato è impossibile. Perché sta scritto nella Costituzione, articolo 33, comma 5: «È prescritto un esame di Stato per l’ammissione ai vari ordini e gradi di scuole o per la conclusione di essi e per l’abilitazione all’esercizio professionale». E in Italia si sa cosa vuol dire modificare la Costituzione. In attesa dunque che qualche coraggioso ardisca a tanto, si può però pensare a qualche cambiamento. Per esempio: in quale Bibbia sta scritto che l’esame debba essere per forza su tutte le materie? Dal 1969 al 1997 l’orale era su due materie a scelta fra quattro sorteggiate ogni anno. Quelli che sono usciti dalla scuola in quegli anni erano per questo più ignoranti? Non risulta. Anzi. Per esempio: in quale Bibbia sta scritto che ci debba essere una “terza prova”? Il buon Luigi Berlinguer, quando la inventò, aveva un’eccellente intenzione: introdurre una prova “locale”, costruita su misura dell’autonomia che lui andava – giustamente – introducendo, che valutasse la capacità dei ragazzi di muoversi al di là degli storici steccati fra una materia e l’altra. Il risultato, nella stragrande maggioranza dei casi, è invece quel “quizzone” di cui raccontano le cronache, la prova di forza enciclopedica, in cui ancora una volta il confine fra successo e insuccesso è dato dalla casualità per cui una commissione sceglie – o estrae – fisica piuttosto che storia dell’arte. Per esempio: in quale Bibbia sta scritto che l’orale debba essere svolto tutto insieme? Perfino nella terribile maturità gentiliana allo scientifico si svolgeva in due giorni: oggi le materie umanistiche, fra una settimana quelle scientifiche. Meglio, molto meglio allora suddividere i colloqui in più giorni, per materia o per lo meno per gruppi. Per esempio: in quale Bibbia sta scritto che il voto debba essere unico? Una media aritmetica che mortifica ogni talento particolare, davvero “la notte in cui tutte le vacche sono nere” di hegeliana memoria. Ci vorrebbero delle candid camera nelle riunioni delle commissioni, per mostrare agli italiani la contrattazione con cui si arriva alla determinazione del fatidico punteggio. Ma non sarebbe meglio, più chiaro, mille volte più “pubblico” un tabellone in cui uno avesse il suo bel quattro in italiano e il suo bell’otto in matematica, e si sapesse in che cosa è bravo e che cosa no? E magari accanto ci fosse il risultato ottenuto alle prove dell’Invalsi (Istituto nazionale per la valutazione del sistema educativo di istruzione e di formazione)? E magari che uno studente esca dalla scuola anche se ha quattro in matematica? Vorrà dire che non potrà iscriversi in quelle facoltà che pretendono il sei – o il sette, o l’otto – in matematica. Che male c’è? Sono idee folli? No. A meno che i pazzi siano inglesi, americani, danesi, svedesi, finlandesi, che fanno scuola così.

 

 

 
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