Cassazione: l’insegnamento nella privata è attività subordinata


Per la Corte Suprema di Cassazione, sezione lavoro, il rapporto di lavoro tra un insegnante e una scuola legalmente riconosciuta è di natura subordinata. Con sentenza n. 5508 del 18 marzo 2004 ha stabilito, infatti, che per desumere la subordinazione, oltre ai requisiti richiesti dall’art. 2094 del c.c., nei casi di mansioni intellettuali o professionali occorre fare riferimento “a criteri complementari e sussidiari…che, privi ciascuno di valore decisivo, possono essere valutati globalmente come indizi probatori della subordinazione”. Nel rapporto tra lavoratore scolastico e scuola il rapporto di lavoro subordinato si configura sulla base dei seguenti elementi: a) orario di insegnamento ed attività ausiliarie stabilite dalla scuola; b) retribuzione fissata in misura indipendente dal numero degli alunni; c) utilizzazione di strumenti didattici conferiti dall’Istituto; d) assenza di rischio; e) partecipazione ai consigli di classe ed agli scrutini; f) esistenza di un potere disciplinare. Per la Corte, inoltre, è cogente, nel qualificare di natura subordinata l’attività di insegnamento, l’orario di lavoro che benché stabilito sulla base delle esigenze individuali l’insegnante è tenuto in ogni caso ad osservare. Ciò vale anche per le cosiddette attività ausiliarie: “colloqui con le famiglie, partecipazione alle riunioni con gli altri docenti e agli scrutini” che il docente è tenuto ad effettuare in quanto la scuola legalmente riconosciuta è soggetta alle norme dettate per la scuola pubblica e a norme amministrative che di fatto evidenziano l’assoggettamento dell’insegnante a norme e discipline, organizzative e direttive, imposte da superiori attraverso circolari. Da ciò discende, in maniera inequivocabile, l’inserimento funzionale dell’insegnante alla struttura organizzativa della scuola, ove per giunta il rischio di impresa è tutta a carico del gestore che mette a disposizione del lavoratore mezzi e strumenti didattici e non per l’espletamento dell’incarico. Infatti a carico del lavoratore non v’è alcun rischio né tanto meno questi partecipa all’acquisizione dei mezzi necessari per l’attività svolta. La sentenza, benché si riferisca alla tipologia delle scuole legalmente riconosciute (evidentemente il contenzioso tra scuola e lavoratore è sorto prima dell’avvento della legge di parità), rappresenta un approdo rilevante sia da un punto di vista giurisprudenziale sia da un punto di vista politico-sindacale anche alla luce della nuova normativa introdotta dal D.Lgs 276/2003 sul lavoro a progetto. (fonte: Cgilscuola)
 
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