Studente dislessico bocciato: il Tar lo promuove e “bacchetta” i suoi docenti
di Alessandro Giuliani
I giudici hanno spiegato che avrebbero dovuto “tener conto di tutti gli altri elementi di valutazione imposti dalla legge, diversi da quello prettamente tecnico dell’esito dei risultati”. Decisivo il fatto che le insufficienze riportate corrispondevano alle discipline più difficili da apprendere, come la lingua straniera, proprio a causa del problema di apprendimento specifico: la ripetizione dell’anno avrebbe inciso negativamente sulla sua autostima.
Con la sentenza 31203, del 23 agosto, i giudici di primo grado hanno sottolineato che “il Consiglio dei docenti, in sede di formulazione del giudizio finale sull’alunno affetto da disturbi di apprendimento (dislessia, disgrafia, discalculia), certificati da diagnosi specialistica, deve tener conto di tutti gli altri elementi di valutazione imposti dalla legge, diversi da quello prettamente tecnico dell’esito dei risultati tecnici conseguiti”. Per il Tar, in pratica, l’organo giudicante della scuola, in Consiglio di Classe, ha “chiaramente omesso di far menzione e di valutare nella sua globalità la particolare situazione dell'alunno”.
A far pendere la sentenza dalla parte del ragazzo è stato probabilmente il fatto che le insufficienze riportate corrispondevano alle discipline più difficili da apprendere, come la lingua straniera, proprio a causa del problema di apprendimento specifico. Mentre in altre materie, come la matematica o la musica, lo studente dislessico era riuscito a raggiungere risultati soddisfacenti. Stando così le cose, la bocciatura avrebbe quindi avuto, per la difesa del ragazzo, come per il Tar laziale, solo l’esito di andare a minare l’autostima del giovane. Già di per sé a rischio per motivi oggettivi.
Si tratta di un parere che però stona, oltre che con quello dell’Avvocatura di Stato, anche quanto espresso durante lo scrutinio dagli insegnanti ed apposto nella scheda personale dello studente affetto da dislessia: i docenti del ragazzo respinto sostenevano, infatti, che la ripetizione sarebbe servita soprattutto a rinforzare conoscenze, capacità e competenze non apprese pienamente. Un’esperienza che il ragazzo potrà ora comunque realizzare, senza però subire l’umiliazione della bocciatura.