Il parere di Rosario Drago sulla nuova formazione iniziale degli insegnanti
in un colloquio con Alessandra Cenerini
ADI – 13 settembre 2010
A.. Cenerini :
Il 10 settembre il MIUR ha comunicato che Il Ministro Gelmini ha firmato in via definitiva il Regolamento sulla formazione iniziale dei docenti. L’ADi ne ha a lungo discusso in una pubblicazione dal titolo Il Regolamento dimezzato, anche con un’approfondita intervista a Giunio Luzzatto. Sappiamo quanto tu sia, insieme a noi, critico su questo Regolamento, in primo luogo per la gravissima mancanza di qualsiasi collegamento con il reclutamento. Sei d’accordo che il Regolamento mira unicamente a tamponare la situazione contingente determinatasi con il blocco delle SSIS, attraverso l’avvio già da quest’anno (stante al comunicato) del corso annuale del TFA, Tirocinio Formativo Attivo, che viene separato da tutto il percorso di formazione iniziale?
R. Drago:
Mi pare evidente che sia così, ma non c’è nulla di che stupirsi, è una tipica storia italiana. L’ADi ha fatto un bel resoconto della storia incompiuta della formazione iniziale dei docenti e dello scollamento tra questa e il reclutamento a partire dal 1974. Ma sarebbe bene riprendere la questione dalle origini, vale a dire dalla legge istitutiva del sistema scolastico italiano, il regio decreto legislativo n. 3725 del 1859, noto come legge Casati. E’ lì la matrice di tutta la successiva legislazione sul reclutamento degli insegnanti, a cominciare dallo “stato giuridico” del 1906 fino alla famigerata legge 124 del 1999, dettata dalle organizzazioni sindacali. E’ a partire da quel decreto del 1859 che i legislatori hanno sviluppato insieme precariato e massicci ingressi in ruolo ope legis, concorsi “pazzeschi” come li chiamava Salvemini… , senza nessuna professionalizzazione né selezione per merito.
A. Cenerini
In che senso la legge Casati ispira tutta la legislazione successiva sul reclutamento?
R. Drago
Dopo aver detto all’art. 205 che i professori sono nominati dal re “previo concorso”, il successivo articolo 210 specifica:
“In eccezione alla regola del concorso il Re potrà chiamare a professori nei licei gli uomini per opere scritte, o per buone prove nell’insegnamento, saran venuti in concetto di grande perizia nelle materie che loro sarebbero affidate”.
Per questo pessimo costume , il Ministro Bonghi nel 1896 scriveva:
“La legislazione scolastica è fatta in questo modo: che per diventare tal cosa o tal altra si prescrive che si debba seguire tal e tal altra; ma poi anche senza seguirne nessuna si diventa (insegnanti) lo stesso”.
Così il Re, poi il Parlamento, poi Mussolini, poi il Ministro democratico e antifascista di turno con la scusa della “grande perizia” (che per gli insegnanti coincide, come noto, con l’”anzianità di servizio”) hanno derogato a qualsiasi regola stabilita (compresa
A. Cenerini
Sei convinto anche tu che il TFA, che prende avvio prima della formazione iniziale e non dopo, sia né più né meno un concorso riservato camuffato per accedere alla graduatoria ad esaurimento?
R. Drago
Non vi è dubbio che il TFA, pur tra mille prudenze e ipocrisie, apra alla massa degli attuali non abilitati le porte delle graduatorie nazionali (grottescamente chiamate ad esaurimento). L’accesso al TFA sarà ovviamente a numero “programmato”, ma programmato per che fine? Per l’immissione in ruolo? No. Per i posti disponibili? No. Programmato, come per le SSIS, per l’ingresso nella graduatoria diventata nuovamente “permanente”, cioè immortale.
A. Cenerini
Sorvolando su ciò che abbiamo già tante volte detto, passiamo a un ultimo argomento, la formazione dei maestri o insegnanti di scuola dell’infanzia e primaria. Avendo discusso con te tante volte so che questa questione ti è particolarmente indigesta, vuoi dirci perchè?
R. Drago
Ci sono due questioni relative alla formazione iniziale dei maestri che è opportuno dire:
1) dopo aver mantenuto in vita quella sorta di ibrido che è il liceo “socio-psico-pedagogico”, o “delle scienze umane” come si chiama adesso, si chiede ai maestri un percorso universitario abilitante (sempre a numero “programmato” per mettersi in fila) non più di quattro anni bensì di cinque , come per gli ingegneri ( i quali però non hanno gli stipendi “da fame” - diceva il buon De Mauro – dei maestri ). Questo è, né più né meno, il risultato di un accordo tra accademici e pedagogisti (razza non apprezzata dai professori universitari): le maestre alla pedagogia, i professori “veri”, quelli della secondaria, alle facoltà (“ce ne occupiamo noi, e li difenderemo dalle insidie della psicologia, della sociologia, della didattica”).
2) Il secondo punto è che con questo percorso mai un laureato in matematica, in storia, in qualsivoglia materia potrà fare il maestro, dovrebbe aggiungere cinque anni di studio al suo già oggi lunghissimo iter universitario! E se cinque anni vi sembran pochi…..
A. Cenerini
Chiarissimo, non ti manca né chiarezza né franchezza. Vorrei concludere riprendendo la questione del TFA. La cosa più eclatante è mettere mano a un percorso che alimenterà nuove sacche di precariato ed è incredibile che nessuna organizzazione chieda con forza l’emanazione di concorsi bloccati da 11 anni. Questo blocco ha determinato la drammatica eliminazione dalla scuola di una generazione di giovani insegnanti. Il circolo vizioso del precariato va spezzato, programmando seriamente il fabbisogno, bandendo i concorsi e chiudendo le attuali graduatorie. Si discuta come fare i concorsi, se di reti di scuole, o comunali o regionali, ma un dato è certo finchè tutto rimarrà nelle mani del ministero, non ci sarà nessuna svolta. Il primo passo è la responsabilizzazione delle Regioni, che finora non hanno dimostrato nessun interesse ad assumere la gestione del personale scolastico, dal momento che è molto più comodo atteggiarsi a sindacalisti nei confronti del ministero.
R. Drago
Tu sai che sulla decentralizzazioni sfondi con me una porta aperta. Sui concorsi anche, purché siano a livello di scuola o reti di scuole e non baracconi nazionali.
Ma non ci saranno né gli uni né gli altri.