OCSE-Pisa 2009. Cipollone: cosa può favorire la ripresa


Avvenire -  8dicembre 2010

Intervista / l’esperto
«Una chiara inversione di tendenza risultato dei profondi cambiamenti»

Parla Piero Cipollone, presidente dell’Invalsi: impossibile recuperare in tre anni una situazione deficitaria, buoni i segnali

Soddisfazione, ma anche cautela. È il commento del professor Pie­ro Cipollone è il direttore dell’In­valsi, l’Istituto di valutazione del si­stema educativo.
Miglioriamo i risultati, ma restiamo ancora sotto la media generale. Pro­fessore, come valuta questa situazio­ne?

Penso sia un segnale molto positivo. Non si può recuperare in soli tre anni una situazione gravemente deficita­ria. Ma c’è una chiara inversione di tendenza. Penso che siano i primi ri­sultati di cambiamenti profondi nel­la nostra scuola. Ne avevamo visto i primi segnali già nel 2006, con l’inda­gine Iea-Pirls. Anche le nostre indagine nazio­nali, quelle relative al­la seconda e quinta classe della scuola pri­maria, I e III della se­condaria di secondo grado danno segnali in questa direzione, come l’Invalsi ha documen­tato con i rapporti pub­blicati l’estate scorsa.

Guardando i risultati per aree geografiche, si può notare che il Sud e le Isole, pur restando sotto la media italiana e distanti dai risultati registrati nel Nord, se­gnalano qualche mi­glioramento rispetto alle precedenti rileva­zioni. Possiamo parla­re di un’inversione di tendenza?

Credo di sì. Come dice­vo prima, vi sono diverse indicazioni che vanno tutte nella stessa direzione. Del resto, il nostro Paese, attraverso i fondi Pon, sta investendo molte ri­sorse nelle scuole delle regioni 'del­l’Obiettivo convergenza'. Forse que­sti sono i primi frutti dell’intenso la­voro che si sta facendo.

Segno anche che al Sud la prova Oc­se- Pisa viene presa in maggior con­siderazione rispetto al passato?

C’è anche questo. Devo dire che in passato le prove Ocse-Pisa erano ca­late sulla nostra scuola come un cor­po estraneo. Non era mai stata fatta una campagna di informazione e sen­sibilizzazione sull’importanza di que­ste prove, sulla loro ricaduta per la di­dattica. Da un po’ di anni, c’è invece uno sforzo continuo finalizzato a col­mare il vuoto di informazione. Lo han­no fatto l’Invalsi, l’Ansas, il ministero e le Regioni. Le scuole e gli insegnan­ti sono stati molto ricettivi, smenten­do il luogo comune di una scuola ar­retrata e tradizionalista. È importan­te continuare con questo sforzo cora­le.

In questi anni si parla molto dell’in­troduzione della valutazione del si­stema scolastico. Come dobbiamo leggere in quest’ottica i risultati del­la prova Ocse-Pisa?

Le prove Pisa sono uno dei tanti stru­menti che il nostro Paese sta metten­do in campo per diffondere la cultu­ra della misurazione dei risultati sco­lastici nel nostro Paese. Ad essa si af­fiancano le altre rilevazioni interna­zionali degli apprendi­menti, (Pirls, Timss, Iccs) e le rilevazioni na­zionali.

Da un decennio l’In­valsi sta lavorando per diffondere la cultura della valutazione nel sistema d’istruzione. A che punto siamo?

L’Invalsi sta lavorando all’attuazione della di­rettiva triennale ema­nata dal ministro nel­l’estate del 2008. Essa prevedeva, oltre alla partecipazione dell’Ita­lia alle rilevazioni in­ternazionali, anche l’avvio in un triennio di un sistema nazionale di rilevazione che com­portava la misurazione degli apprendimenti nelle classi II e V della scuola primaria, nelle classi I e III della scuola secondaria di primo grado, nelle classi II e V della scuola secondaria di secondo grado, e la rilevazione presso ogni scuola del­le caratteristiche che influenzano gli apprendimenti dei ragazzi. Gran par­te del percorso è stato fatto: a oggi l’In­valsi ha misurato gli apprendimenti di tutti i ragazzi delle classi II e V del­la primaria, della I e della III classe della secondaria di primo grado. Ha predisposto un modello di rilevazio­ne delle caratteristiche delle scuole ri­levanti per migliorare gli apprendi­menti. Nell’anno scolastico 2010-2011 potremmo completare il ciclo rile­vando anche gli apprendimenti dei ra­gazzi della scuola secondaria di se­condo grado, almeno nella classe II, ma tutto dipende dalle risorse che a­vremo a disposizione.

Enrico Lenzi



 

 
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