Anche in Finlandia ITP con il diploma
Orizzonte Scuola – 28 dicembre 2010
di Pierangelo Montinaro
In Finlandia, modello di successo dell'istruzione a livello mondiale, sempre più sotto l'attenzione del mondo intero per quanto riguarda la sua struttura scolastica di successo, dopo il sistema duale della scuola secondaria (licei) o del vocazionale (scuole basate sull'attività pratica-manuale che preparano al lavoro) c'è il sistema parallelo dell'università (solo teoria e ricerca) e dei politecnici (preparano al mondo del lavoro).
Il politecnico (da non confondersi con i politecnici italiani), della durata di tre anni, è un percorso terziario (non universitario) che si colloca dunque dopo il percorso secondario (scuola secondaria superiore o dei licei) oppure la scuola vocazionale, ma che non è assolutamente inserito nel sistema universitario: è totalmente parallelo a questa.
La chiave di successo è proprio questa: i politecnici NON SONO delle università , tant'è che sono gestiti dalle municipalità (o consorzi di municipalità ) come accade per le scuole primarie, secondarie e vocazionali.
Infatti, in Finlandia (a differenza dell'Italia) hanno capito che le Università possono fare solo ricerca e teoria, possono occuparsi di filosofia, lettere antiche, ma non possono preparare minimamente al
mondo del lavoro e sopratutto non possono sfornare persone che dovranno eventualmente insegnare pratica:
"The focus for universities is research, and they give a more theoretical education. The polytechics focus is working life oriented."
e ancora:
"A degree from a polytechnic is not, however, considered legally equivalent to a lower university degree in the Finnish system."
Il politecnico non è dunque assolutamente da confondersi con una laurea di livello inferiore (come si è fatto *assurdamente* qui in Italia con la *fallimentare* laurea di I livello, ancora da tutti conosciuta come "minilaurea", ma sconosciuta da ogni ente privato o pubblico!), ma una sorta di formazione tecnica-superiore, ancora gestita dalle municipalità (o da consorzi di municipalità ) come accade per le scuole primarie e secondarie e non dal mondo accademico.
Perciò, quando sento persone che sostengono che gli insegnanti tecnico-pratici debbano avere almeno una laurea di primo livello, queste dimostrano una totale incompetenza di quello che affermano sopratutto in relazione ai casi di successo all'estero.
Il percorso terziario dei politecnici, dunque, potrebbe essere gestito in Italia al meglio da scuole o da consorzi di scuole, imprese ed enti locali, ma l'importante è che non finisca nelle mani delle nostrane università , che devono occuparsi di solo teoria e ricerca (insomma, possono andare bene per insegnare storia, filosofia, lettere antiche, ma non di certo per la formazione tecnica superiore).
A conferma (e felice conclusione) di tutto quanto su esposto, nemmeno in Finlandia per un insegnante di materie pratiche è richiesta la laurea, ma o un titolo del Politecnico (quindi formazione post-secondaria) oppure "chiunque abbia completato una qualifica vocazionale specializzata nel campo o che ha altrimenti ottenuto elevate conoscenze professionali attraverso educazione, formazione/tirocinio o esperienza di lavoro"...
Insomma, un inno all'abolizione del valore legale del titolo di studio, di medievale memoria, che si ostina a mantenere in Italia per la gioia delle "imprese di istruzione privata"...