Ricerca: scuola e mondo del lavoro sempre più lontani


Un giovane su due svolge un lavoro che non riguarda gli studi svolti
Tecnica della Scuola – 15 gennaio 2011
di Alessandro Giuliani

Il dato è contenuto in un'indagine commissionata da Job, il mensile free press promosso dalla Cisl Milano, a S&G Kaleidos: dalla ricerca è emerso che solo il 20,5% dei giovani milanesi tra i 18 ed i 35 anni svolge una professione che corrisponde al proprio titolo di studio, il 35,9% "in parte". Un disagio confermato dall’alta disoccupazione e dalle tipologie ‘moderne’ dei contratti.
I giovani diplomati o laureati sono destinati a svolgere una professione non in linea con gli studi svolti: a questa conclusione è giunta la Cisl di Milano, dopo aver letto i dati emersi dall'indagine commissionata da Job (il mensile free press promosso dallo stesso sindacato) a S&G Kaleidos. Dalla ricerca è emerso che solo il 20,5% dei giovani milanesi tra i 18 ed i 35 anni svolge una professione che corrisponde al proprio titolo di studio, il 35,9% "in parte". Considerando che per la maggior parte il lavoro svolto anche sottopagato, non c’è da meravigliarsi se quasi un giovane milanese su due (48,4%) ha dichiarato di essere disponibile ad andare a lavorare all'estero.
Per quanto riguarda gli altri risultati emersi, dal campione di giovani preso in esame, diviso in fasce d'età (18-24 anni e 25-34 anni), risulta che lavora il 59,8%, non lavora il 20,3%, non risponde il 19,9%. Fra gli occupati il 27,4% ha un contratto a tempo determinato termine, il 22,2% a progetto/di collaborazione, il 18,8% a tempo indeterminato, il 12,2% interinale, il 6,6% è socio di una cooperativa, il 5,1% lavora in nero. Nella scelta del lavoro il 50,2% ha detto che l'aspetto di maggior peso è quello "economico", il 26,1% "l'inquadramento professionale", il 10,5% la "tipologia contrattuale", il 6,9% la "vicinanza al luogo di residenza".
"Il rapporto con il lavoro – ha commentato il segretario generale della Cisl di Milano, Danilo Galvagni - mi pare quasi utilitaristico: il lavoro è un mezzo per fare altro, la vita è altrove. E questo è un problema su cui dovremmo interrogarci tutti: parti sociali e istituzioni". Che evidentemente ancora non si sono resi conto che i rischi di ritrovarsi a che fare con una generazione di scontenti è altissimo: professioni poco gratificanti e diverse da quelle che si voleva svolgere, limitate possibilità di carriera, stipendi ridotti, contratti a termine una volta erano l’anticamera del lavoro vero. Oggi, invece, rischiano di trasformarsi in una pericolosa consuetudine a tempo… indeterminato.

 
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