ScuolaEuropa/Austria: dall’anno prossimo non si boccia più


In Austria dal 2012 abolita la bocciatura
La Stampa - 18 febbraio 2011
Vienna

Il prossimo anno scolastico inizierà molto probabilmente con una svolta storica per l’ Austria: il ministro per l’Istruzione pubblica, Claudia Schmied, ha annunciato di voler abolire la bocciatura.
Dopo i risultati disastrosi dello Studio Pisa 2009 in Austria, risultata al 31/mo posto su 34 paesi, il governo federale vuole correre ora ai ripari con un nuovo sistema scolastico. «I cambiamenti sono inevitabili», ha argomentato la Schmied. La sua idea è di introdurre per gli studenti che ne hanno bisogno al ginnasio e nelle scuole superiori un sistema di corsi, in particolare per il tedesco, la matematica e le lingue straniere . «Ha a che fare con la cultura scolastica più che con il profitto degli alunni», ha detto la Schmied, sottolineando che la bocciatura non aiuta alla competitività.
Secondo uno studio commissionato dalla Commissione Ue, circa il 9% dei quindicenni in Austria è stato bocciato almeno una volta, come nella media europea. La Schmied è convinta che oggi ci si debba «concentrare su una nuova cultura dell’apprendimento e creare un sistema che dia importanza all’individualità degli studenti». Finora, in Europa, solo pochi paesi non conoscono il sistema della bocciatura: Islanda, Norvegia, Gran Bretagna. Dal 2012 alla lista, se i piani della Schmied andranno in porto, si aggiungerà anche l’Austria.

 

L'Austria abroga le bocciature. E in Italia?

Tuttoscuola - 21 febbraio 2011

Il ministro dell’istruzione austriaco ha annunciato l'abolizione a scuola delle bocciature dal 2012, seguendo l’esempio di altri Paesi europei (pochi) nei quali non esiste la ripetenza scolastica.

L’idea è di introdurre per gli studenti che ne hanno bisogno un sistema di corsi di recupero e rinforzo, in particolare per il tedesco, la matematica e le lingue straniere, che eviti una valutazione finale negativa con bocciatura.

Bocciatura che, secondo il ministro Claudia Schmied del partito socialdemocratico, non aiuta la competitività.

In Italia le cose come stanno?

Secondo l’Istat, gli studenti italiani che nel 2006 avevano conseguito il diploma di istruzione secondaria superiore con uno o più anni di ritardo rispetto all’età canonica dei 19 anni erano stati più del 23%; ritardo dovuto quasi esclusivamente alle ripetenze nelle quali erano incorsi durante la loro carriera scolastica, dalle scuole elementari alle superiori.

Poiché secondo i dati Eurostat, pubblicati da Eurydice, al termine delle scuole del primo ciclo nel momento del conseguimento della licenza media circa il 5% dei nostri ragazzi ha già accumulato almeno un anno di ritardo, per differenza si può calcolare che il restante 18% degli studenti che è arrivato al diploma dopo i 19 anni di età, abbia rallentato di un anno almeno il proprio percorso scolastico all’interno degli istituti di istruzione secondaria superiore.

Probabilmente il tasso attuale di ritardo per bocciature è diminuito negli ultimi due-tre anni, da quando i ministri dell’istruzione Fioroni e Gelmini hanno valorizzato particolarmente i corsi di recupero, anche estivi, per consentire agli studenti delle superiori di migliorare le loro prestazioni e, dopo lo scrutinio sospeso di giugno, conquistare l’agognata promozione prima di iniziare il nuovo anno scolastico. Resta comunque alta l’incidenza della ripetenza nella scuola secondaria, perché oltre agli studenti che a causa delle bocciature arrivano tardi al diploma, vanno anche aggiunti quelli che, dopo la bocciatura, lasciano completamente ogni percorso di istruzione.

La “provocazione” austriaca potrebbe essere salutare per l’Italia, se da noi il problema della cosiddetta “mortalità scolastica” (ripetenze e dispersione) venisse affrontato con più misure strutturali e meno proclami.

 

Quando in Italia si pensò di abolire le bocciature

Tuttoscuola - 21 febbraio 2011

Nella finanziaria 2007 del governo Prodi era stato previsto un risparmio di 56 milioni all’anno realizzabile mediante la diminuzione coatta delle ripetenze nel biennio iniziale degli istituti d’istruzione secondaria superiore.

L’ipotesi, contenuta nella relazione tecnica che accompagnava il testo iniziale della legge, venne abbandonata sia per la contrarietà dei sindacati sia per la mancanza di misure di compensazione didattica e organizzativa.

A differenza di quanto prevede ora la proposta austriaca di abolire le bocciature nella scuola secondaria, il progetto italiano di quella finanziaria non prevedeva, parallelamente alla eliminazione della bocciature, interventi di recupero e di rinforzo delle discipline di base nei confronti degli studenti più deboli. Era prevista soltanto una riduzione di posti senza modifiche degli ordinamenti.

Più esattamente, considerando che veniva reintrodotto l’innalzamento dell’obbligo di istruzione nel primo biennio delle superiori, la proposta, proprio per quei due anni di obbligo, intendeva azzerare in parte l’istituto della ripetenza, riducendo del 10% il numero dei bocciati nei primi due anni delle superiori che a quella data risultavano pari a 185 mila.

Il 10% di quei 185 mila, pari a 18.500 alunni “salvati”, avrebbe comportato, in base al rapporto alunni/classe dell’epoca, una riduzione virtuale di 805 classi che la stessa relazione aveva considerato realizzabile concretamente in almeno 644 classi. La prevista riduzione di 644 classi avrebbe inciso gli organici determinando una contrazione di 1.455 posti di docente e di 425 Ata. Con un risparmio annuo di 56 milioni. La chiamano politica scolastica…

 

Se le ripetenze venissero ridotte per legge...

Tuttoscuola - 21 febbraio 2011

Ma proviamo a ragionare come se fossimo in Austria (idea che piacerebbe almeno al presidente della provincia autonoma di Bolzano, Luis Durnwalder: “siamo una minoranza austriaca che vive in Italia”): eliminazione per legge delle bocciature. L’ex ministro Fioroni ci aveva anche provato, senza molta convinzione e con scarsa progettualità, nel 2006 con l’aiuto dell’allora ministro dell’economia Padoa-Schioppa; il ministro austriaco dell’istruzione Schmied, invece, ci prova ora, pensando di accompagnare l’idea con un sistema di corsi di recupero e rinforzo.

Se l’idea di Fioroni in versione austriaca venisse realizzata oggi, cosa succederebbe?

Stimato in 180 mila il numero di studenti del 1° e 2° anno delle superiori promossi anziché bocciati, e considerato che il rapporto alunni/classe è oggi pari a 23 studenti per classe, si dovrebbero sopprimere nel solo biennio iniziale delle superiori circa 7.800 classi, non più necessarie per contenere, come è sempre avvenuto, anche gli alunni ripetenti. In poche parole le bocciature costano all’erario 7.800 classi in più. Per il solo biennio iniziale delle superiori.

La chiusura di quelle classi comporterebbe, però, la riduzione anche del fabbisogno di docenti e di personale Ata per circa 17.500 posti di insegnante e altri 5 mila di Ata.

Se invece la soppressione delle bocciature fosse soltanto corrispondente alla quota del 10%, come aveva previsto la relazione tecnica della finanziaria 2007, vi sarebbe un riduzione, in proporzione, di 1.750 docenti e di 500 unità di personale Ata.

Se la logica di una simile riforma non fosse quella di ridurre la spesa, come intendeva invece la finanziaria 2007, ma volesse conseguire soprattutto l’obiettivo di recuperare tutti o tanti al sistema di istruzione, buona parte dei posti di organico potrebbe essere riconvertito nelle azioni mirate di recupero e rinforzo come ipotizza anche il progetto austriaco.

E vi sarebbe anche una minore dispersione, che nel sistema di istruzione italiano rappresenta un pesante fardello, recentemente quantificato, molto per difetto, dal ministro Sacconi in 46 mila studenti all’anno. Impostata in questi termini, la soluzione austriaca potrebbe quindi diventare un tema per la discussione.

 

Ogni anno 120 mila studenti lasciano qualsiasi percorso educativo

Tuttoscuola - 21 febbraio 2011

Recentemente il ministro Sacconi non ha usato mezzi termini nel giudicare la dispersione scolastica italiana come un vero e proprio “disastro educativo”, quantificato, dallo stesso ministro, in 46 mila studenti all’anno, secondo fonti del ministero dell’istruzione.

Una quantità di “dispersi” che può sembrare alta, ma che, invece, purtroppo, è ben lontana dalla realtà, come ha potuto accertare Tuttoscuola, che a questo tema dedica uno speciale sul numero di marzo della rivista cartacea.

Se si prendono, ad esempio, i dati degli studenti negli istituti statali superiori degli ultimi due anni scolastici (ma il confronto si può fare anche su altre annate precedenti) e si calcola quanti di loro non risultano più presenti l’anno dopo nella classe successiva a quella frequentata, si ha questo dato: nel 2009-10 in seconda ci sono stati 71.957 studenti in meno di quelli che c’erano l’anno precedente in prima (2008-09); in terza ci sono stati 25.440 studenti in meno di quelli di seconda dell’anno 2008-09; in quarta 48.387 meno di quelli di terza dell’anno prima e, infine, in quinta 45.614 meno di quanti ce n’erano in quarta l’anno precedente, per un totale di 191.398 “dispersi”.

Tutti gli anni precedenti è stato più o meno così, tra i 208 mila e i 173 mila “dispersi”, e non ripetenti che comunque sarebbero arrivati prima o poi in ritardo. Proprio dispersi, almeno per la scuola statale. Di quei 190 mila che mediamente ogni anno nell’ultimo decennio scompaiono ogni anno dal percorso dell’istruzione statale, una quota non si perde del tutto, perché 60-70 mila passano alla non statale o alla formazione professionale. Ma gli altri 120 mila (altro che i 46 mila di Sacconi!) sono usciti da qualsiasi percorso scolastico o formativo.

Serve la controprova? Prendiamo i dati Eurostat della Commissione europea, da cui emerge che nel 2008 il 19,7% dei nostri 18-24enni in possesso al massimo della licenza media si è disperso senza percorrere altri percorsi scolastici o formativi.

Nel 2008 i 18-24enni erano in tutto, secondo i dati Istat, quasi 4,3 milioni e il 19,3%, cioè i dispersi, sono stati quindi 847 mila che, distribuiti su ognuna delle annate 18-24 anni fanno una media annua di 121 mila dispersi. Appunto. Come abbiamo rilevato sopra con altra modalità di calcolo.

È davvero un disastro educativo, un’emergenza da allarme rosso, per il quale occorrerebbero presto riforme di struttura adeguate. Ma il nostro Paese sembra purtroppo in ben altre questioni affaccendato.

 
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