Crisi Professionali: le accuse di Confartigianato


Professionali in declino? Colpa dei genitori: sognano figli coi “colletti bianchi”
Tecnica della Scuola - 13 giugno 2011

di Alessandro Giuliani
Da una ricerca della Confartigianato emerge che il 78% dei genitori se dovesse indicare a un giovane la strada da intraprendere consiglierebbe un mestiere artigiano. Quando però si trovano a dover scegliere per i propri figli, il discorso cambia: il lavoro manuale diventa meno prestigioso.
Gli artigiani sono sempre più preoccupati per la tendenza delle famiglie italiane a far intraprendere degli studi liceali, per avviarli ad un impiego da “colletti bianchi”, piuttosto che tecnici e professionali. Lo scetticismo per i percorsi formativi preparatori ad una professione, è stato di recente evidenziato anche dal ministero dell’Istruzione, attraverso le prime indicazioni sulle iscrizioni al primo superiore degli attuali studenti iscritti in terza media: gli istituti professionali perdono ancora terreno passando dal 22,1% al 18,7% del totale a favore dei licei (da 46,2% al 49,2% nel 2011/2012). Mentre i licei anno dopo anno sono arrivati a raccogliere quasi il 50% delle preferenze.
Qualche giorno fa era stato l’Isfol ad esprimere dei dubbi sullo spostamento eccessivo di preferenze per i licei, i quali spesso conducono verso studi umanistici avari di prospettive lavorative reali.
Ora è la stessa Confartigianato, attraverso una propria ricerca, a dire che il lavoro artigiano è considerato dalla maggior parte degli italiani come un viatico da consigliare per le prospettive di vita professionali: tanto che, sottolinea l’associazione, il 78% degli intervistati se dovesse indicare a un giovane la strada da intraprendere consiglierebbe un mestiere artigiano.
Quando però i genitori si trovano a dover scegliere per i propri figli, il discorso cambia. “Se il 65% degli intervistati si dice convinto del fatto che in Italia ci sia molta più necessità del lavoro manuale piuttosto che di quello intellettuale – ha commentato il segretario generale della Confartigianato, Cesare Fumagalli - resta amplissima l'area di coloro che un lavoro del genere lo rifiuta. Il 21% degli intervistati dice che il lavoro manuale è in ogni caso meno prestigioso di un lavoro intellettuale, ma la percentuale sale di otto punti tra i giovani: il 29% tra i 18 e i 34 anni”.
La netta impressione che deriva da questi dati è che per molti giovani, soprattutto quelli poco studiosi, la scelta del liceo (spesso indotta!) può rappresentare un errore molto grave e non sempre recuperabile: “nel nostro settore, infatti, – continua il rappresentante della Confartigianato - la quota delle assunzioni di difficile reperimento nel 2010 è tornata a salire: è ormai al 35,5%, quasi nove punti superiore al 26,7% registrata dalla totalità delle imprese”. L’amara conclusione è che “l'aver frequentato il liceo allontana dall'attività artigiana”. E quindi dalla possibilità, in tempi durissimi per il reperimento del lavoro, di trovare un impiego. Così il sogno del figlio dietro la scrivania si trasforma, in adulta, nell’incubo della perenne ricerca di un impiego. Anche come artigiano…


L'attrazione per i licei può costare cara

Tecnica della Scuola - 07/06/2011

di Alessandro Giuliani

Per l'Isfol l'incremento di preferenze, registrato nell'ultimo quinquennio, con oltre 10.000 studenti l'anno "sottratti" a tecnici e professionali, non sarebbe giustificata. Anche perché poi all’Università sono in pochi a scegliere i corsi scientifici che garantiscono il lavoro.

Si registrano ancora rimpianti per la disaffezione di alcune migliaia di giovani 14enni che ogni anno decidano di iscriversi ad un liceo, abbandonando l’idea di farlo in un istituto tecnico o professionale. A sostenerlo è l'Isfol, l’Istituto per lo sviluppo della formazione professionale dei lavoratori, secondo cui l'incremento di preferenze per il liceo, registrato nell'ultimo quinquennio, con oltre 10.000 studenti l'anno "sottratti" ad istituti tecnici e professionali, non avrebbe motivo di giustificazione se si guardasse ai recenti dati occupazionali legati alla spendibilità lavorativa del diploma di maturità. Nel presentare uno studio nazionale, aggiornato al 2010, che anticipa un progetto di ricerca sui rendimenti dell'istruzione nel mercato del lavoro, l'`Istituto sostiene che "gli istituti tecnici e quelli professionali garantiscono, nella fascia di età compresa tra 20 e 29 anni, una maggiore occupabilità". L'Isfol ha messo a confronto gli ultimi dati Istat sul tasso di occupazione nazionale: i diplomati negli istituti tecnici sfiorano quota 70 e nei professionali si attestano quasi a 65. Mentre i maturati presso i licei classici e scientifici si collocano tra 55 e 60. E quelli che hanno conseguito il titolo negli artistici superano appena 50. Eppure, tra il 2004 ed il 2009 gli istituti tecnici hanno perso l'1,4 per cento ed i professionali l'1,1 per cento di studenti complessivi: si tratta di giovanissimi, in larghissima parte 14enni, quasi sempre confluiti nei vari corsi liceali italiani, i quali, infatti, nello stesso periodo hanno fatto registrare il passaggio dal 29,1 per cento al 31,4. Secondo l'Isfol quello che oggi viene letto come un "minore tasso di occupazione", sul lungo periodo "prefigura un incremento della quota di studenti che, dopo il conseguimento del diploma, proseguono gli studi verso l'istruzione terziaria". Il vero problema è che spesso, rivela sempre l'istituto di formazione dei lavoratori, anche a livello accademico le scelte non premiano "le discipline di tipo scientifico, per le quali in Italia si manifesta ancora una forte carenza". Il nodo non è certo di poco conto, perché i laureati in materie scientifiche "ottengono buoni risultati sul piano dell'occupabilità. Le lauree umanistiche ottengono per contro i risultati peggiori".

 

Il segretario Gauzzi " Abbiamo sacrificato la formazione professionale per favorire una liceizzazione selvaggia"

Confartigianato  -  11 giugno 2011

“Se non torniamo al lavoro manuale, se non insegniamo ai nostri figli che è 'si necessario studiare', ma senza lavoro non si vive piu’, se non riscopriamo i valori di una volta … quelli veri,  che ci sono stati tramandati per generazioni,  come appunto il lavoro, la famiglia, la sussidiarietà e la solidarietà, difficilmente riusciremo ad uscire da una crisi sempre più violenta, economica si, ma soprattutto sociale.”
Così si esprime Stelvio Gauzzi, Segretario di Confartigianato Imprese Perugia, a proposito della costante crescita della disoccupazione giovanile e del rapporto esistente tra scuola ed impresa.
“Il tema della scuola, afferma Gauzzi, è da molto tempo al centro di uno scontro aspro tra chi vuole innovare e riformare e chi invece vuole lasciare le cose come stanno. La situazione è preoccupante, perché mi sembra che non ci sia un serio confronto in atto: di fronte a precisi progetti del Governo non ci sono infatti contro proposte, bensì soltanto slogan senza alcun significato, puramente ideologici, gli stessi di tantissimi anni fa (quarant’anni nei quali vi sono stati cambiamenti epocali nell’economia, nella politica, nella cultura)”.
“Eppure, prosegue il Segretario Gauzzi, anche da noi il concetto “scuola” è uno degli argomenti più sentiti da parte delle famiglie e della società civile. Tutti gli studiosi “non di parte” e quindi non legati ai vari carri politici, evidenziano che la nostra scuola versa in una situazione drammatica, con una spesa fuori da ogni parametro (spesa che pagano i contribuenti) e con risultati educativi di basso profilo. La spesa scolastica nazionale ha superato i 60 miliardi di euro (in forte aumento), ma ciò che fa più riflettere è che il 96,98% sono spese correnti, in gran parte stipendi (si sono moltiplicate le Cattedre e posti senza tenere conto delle reali esigenze dell’economia e della società; abbiamo 5.500 corsi di laurea, contro la metà della media europea, senza dimenticare che nel sistema scolastico nazionale ci sono più bidelli – 167.000, che Carabinieri – 116.000. Secondo i dati dell’OCSE la spesa che il nostro paese investe per ogni studente è ai massimi livelli, mentre i nostri studenti si collocano agli ultimi posti nella matematica e nella fisica. L’ Università italiana produce meno laureati del Cile e, “dulcis in fundo” la nostra migliore Università (quella di Bologna) è al 192 posto della graduatoria mondiale, dopo la Corea. Ed allora mi domando: visto che i dati appena esposti non sono di Confartigianato ma dell’OCSE o dell’ISTAT, possibile che nessuno senta la necessità di sedersi intorno ad un tavolo per discutere seriamente del problema??? Chi si farà carico di valorizzare in modo appropriato il rapporto tra scuola e mondo del lavoro, tagliare le enormi spese inutili e recuperare il valore del merito e della qualità scolastica ??. Anche gli ultimi dati dell’ISTAT sull’occupazione parlano di una crisi economica che impatta duramente sui giovani, con particolare riferimento alle donne. Occorre però evidenziare che i danni apportati dalla crisi debbono essere sommati a quelli storici del nostro “sistema paese”, figli di una politica che da tantissimi anni ha preferito scaricare i debiti sul futuro…. Dei giovani. A questo quadro certamente un po’ triste va aggiunta una preoccupante difficoltà nell’agganciare una pur minima crescita occupazionale (i tassi di disoccupazione che si registrano tra i giovani è superiore al 30% se maschi, e oltre il 40 % se donne).
“Purtroppo, continua Gauzzi, ci sono ancora troppe barriere e ambiguità tra il mondo della scuola e quello del lavoro ed una quantità di percorsi di studio inesorabilmente destinati alla disoccupazione. Abbiamo sacrificato la formazione professionale per favorire una liceizzazione selvaggia, che alimenta facoltà come giurisprudenza, lettere, scienze della comunicazione ….. Abbiamo invece bisogno ti tornare alla manualità: qui il lavoro si trova …. Dove ??? … Nella filiera della panificazione, della pasticceria, della ristorazione, della falegnameria, dell’idraulica, della robotica e persino nel settore della bellezza e dell’estetica.  Il lavoro manuale da poi una chance straordinaria in più: quella di passare da dipendente ad imprenditore. Non dimentichiamo che l’Italia è il secondo paese manifatturiero d’Europa dopo la Germania, il secondo per l’export. Dal Rinascimento questo è quello che sappiamo fare meglio: oggetti. Ma con un qualcosa in più che nessuno potrà mai imitare: lo stile, la fantasia, il gusto. Dovremmo infine impegnarci per dare più valore alle nostre produzioni, magari con una Legge seria sul MADE IN ITALY”.
“Credo, conclude Gauzzi, che se i ragazzi non si sono fatti una precisa idea del nostro settore, la stessa sia dovuta ad una errata valutazione da parte delle famiglie, del mondo dell’artigianato e della micro e piccola impresa. I ragazzi usciti dalla scuola non sanno bene come orientarsi nel caotico mondo della burocrazia, non sanno come muoversi per avere i primi contatti con le imprese. Se hanno la fortuna di ottenere un lavoro, affrontano questa esperienza vedendo per la prima volta macchinari ed attrezzature, perché durante il periodo scolastico, sono rimasti saldamente sui banchi …. In altre parole abbiamo una scuola che è lontana anni luce dal mondo del lavoro. Ed allora dobbiamo rilanciare il modello dell’alternanza scuola / lavoro, gli stage presso le aziende e i tirocini formativi attraverso il coinvolgimento nel mondo scolastico, di soggetti Istituzionali, economici e sociali presenti sui territori. Solo se scuola, famiglie ed impresa troveranno elementi comuni su cui interagire, i giovani potranno avere maggiori facilità d’ingresso nel mondo del lavoro, e le imprese potranno trovare nelle nuove generazioni quelle risorse utili per migliorare sia dal punto di vista tecnologico, sia da quello dell’innovazione, contribuendo così allo sviluppo economico e sociale dei vari territori”.

 
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