La scuola al Meeting di Rimini con DiSAL: dialogo e amicizia


Dopo la presentazione, martedì 23 agosto,  della seconda edizione del Manuale Edises-DiSAL  per il concorso dirigenti scolastici (il più apprezzato e diffuso in Italia),  le "giornate DiSAL" al Meeting di Rimini 2011 sono proseguite con il libero dialogo tra Andrea Ichino e Rosario Drago, intervistati da Lorenzo Salvia la mattina di mercoledì 24 agosto. Sono proseguite poi con il pranzo sociale nei ristoranti del Meeting e con la vita festosa nata attorno allo stand espositivo.

A breve pubblicheremo su queste pagine  il testo integrale dell’incontro del 24, del quale qui sotto diamo un ampio resoconto, con alcune immagini.

Coinvolgendo vivacemente una sala stracolma,  il dialogo ha segnato un notevole interesse ed ha dimostrato quanto sia possibile un consenso sulle “questioni serie”della scuola italiana oltre le barriere che sembrano solo rappresentare divisioni e difficoltà. 

Le giornate, che ancora proseguono presso lo stand di DiSAL al Meeting,  sono state preziosa occasione di amicizia e ambito fecondo di scambi professionali.

 

“La scuola che vogliamo è possibile ?” chiedeva il tema del dialogo di ieri, 24 agosto, invitando a guardare ad “un futuro vicino, oltre le ideologie e le corporazioni”.  

Da questo invito, con Andrea Ichino e Rosario Drago, nei padiglioni del Meeting dell’Amicizia fra i popoli a Rimini, è scaturito un confronto serrato e ricco sulla situazione drammatica della scuola italiana oggi, confronto facilitato dalle questioni urgenti sollecitate dall’intervista di Lorenzo Salvia, redattore scuola del Corriere della Sera.

Andrea Ichino, docente di economia all’Università di Bologna e corsivista de IlSole24Ore e Rosario Drago, già consulente del Ministro Moratti e dirigente dell’Ufficio Scolastico Trentino, hanno mostrato come si possa sia lucidamente comprendere gli elementi di crisi della scuola, sia coraggiosamente e costruttivamente individuare risposte condivise, cammini possibili laddove si voglia assumere con coraggio le responsabilità necessarie.

All’incontro, proposto da DiSAL ha partecipato un uditorio attento e vivace in una sala stracolma fino agli esterni, con presidi di scuole statali e non statali, operatori e politici delle Amministrazioni scolastiche e locali, “aspiranti” dirigenti scolastici,  Deputati e rappresentanti di altre Associazioni.

Nella presentazione dei relatori Roberto Pellegatta, presidente di DiSAL ha chiesto un aiuto a mettere a fuoco con lucidità e concretezza i “mattoni” sui quali costruire  con “buon senso” e “onestà intellettuale” risposte capaci di mostrare come gli steccati corporativi dei vantaggi privati, le visioni particolari della politica e dell’ideologia possano essere superati per cercare “comuni certezze” possibili.

 

Prendendo le mosse dalla richiesta di Salvia di individuare “le spese inutili” Ichino ha evidenziato come le professioni della scuola non attraggano da tempo i migliori, ma si assista troppo spesso a scelte fatte non per “vocazione professionale”, quando per ripiego o per “collocazione sociale”. Un sistema intelligente di tagli deve trovare il modo di collegare i risparmi ottenuti a miglioramenti salariali capaci di riconoscere e sostenere i migliori, unitamente alla seria possibilità di licenziare i non meritevoli.

Drago ha ricordato come tutti in politica concordino sul massimo rigore “applicato agli altri”. In realtà quelle difendono spesso situazioni le più impensate, come ad esempio: le numerose scuole con meno di 300 alunni in certe regioni; le cattedre ancora con meno di 18 ore; la figura del collaboratore scolastico assente nei sistemi scolastici europei; la gestione da parte delle Province degli edifici scolastici. Drago ha poi ricordato come, per una gestione efficace, la scuola italiana manchi di due elementi culturali fondamentali: il valore anche etico dell’efficacia stessa e scientifiche valutazioni dei risultati dei vari settori formativi, come avviene con i Rapporti annuali francesi o, di recente è avvenuto con l’ampia ricerca sugli esiti dell’integrazione dell’handicap.

Certo, i due relatori concordavano che una intelligente politica economica per un debito sostenibile, debba scaturire da una concreta e chiara visione della scuola e da precise scelte di sviluppo.

Alla sollecitazione di Salvia sul valore dei test INVALSI, Ichino ha ricordato che, prima ancora di giudizi di merito, questi hanno finalmente suscitato un dibattito pubblico sulla qualità formativa della scuola. A fronte della chiusura a riccio di quelle scuole che hanno vissuto i test come un’indebita “intrusione” nella vita della scuola, Drago ha ricordato che si tratta di uno degli investimenti più importanti nel sistema, per contrastare l’”ignoranza opportunistica” che vi regna. Occorre tuttavia sistematicità, coinvolgimento dei diretti interessati, investimenti significativi.

La questione coinvolge anche tutto il campo della valutazione didattica usata nelle scuole. Nel recente rapporto sugli insegnanti Cavalli si è dato per sconfitto nel tentativo di comprendere le prassi usate ed i metodi.

A questo proposito Salvia ha chiesto giudizi sulla annunciata prova standard all’esame di maturità. Per Ichino, che ricordava di sostenerla fin dal 2008,  insegnare per i test non è così sbagliato.  Nella valutazione didattica si sono sempre usate forme di verifica in funzione della preparazione di esami.

Per Drago c’è invece un eccesso di prova orale nella scuola italiana: l’interrogazione orale lascia troppe volte da noi la classe sempre passiva.  Esiste per Drago una eccessiva enfasi dell’orale che occupa mattinate intere nelle classi.

La crisi della valutazione emerge poi all’Università: siamo al punto che queste non tengono più in alcun conto il voto dell’esame di stato. Quindi, passare al valore di una valutazione esterna esige mutamento di pratiche pluridecennali.  Il punto rimane la qualità dei test: questi debbo misurare quello che noi vogliamo che i giovani sappiano 

Sulla precisa richiesta di opinioni in merito alla pubblicazione o meno degli esiti dei test INVALSI per scuole e per classi (come avviene in altri sistemi nazionali) Drago ha sostenuto che in questa fase ed in questa carenza di sistemi integrati di valutazione la cosa non è opportuna perché si ingenererebbe l’effetto “teaching to the test” spingendo insegnanti a lavorare per il successo nei  test. Si dovrà arrivare certo alla pubblicazioni in un contesto integrato di sistemi valutativi, ivi compresi quelli del personale.

Per Ichino invece risulta assurdo che si usi la pubblicazione ovunque e non da noi. Ovviamente questi test pubblicati saranno uno degli indicatori utili, imperfetti ma necessari, come il termometro nella malattia. 

Pur nei loro limiti, servono sicuramente ad una migliore informazione e ad una scelta più consapevole. Il relatore concordava invece con Drago laddove si continuasse a lungo solo con i test INVALSI.

Di fronte al rischio, paventato da Salvia, che, con le pubblicazione dei livelli di apprendimento delle scuole, le sezioni peggiori diventino sempre più ghetto abbandonato, Ichino ha ricordato che le scuole con cattivi risultati si dovrebbero poter chiudere, come succede altrove e così come i docenti ed i presidi, se responsabili di questi risultati, si dovrebbero poter licenziare. 

Il relatore è tornato poi sulla valutazione dei docenti, riferendosi in particolare all’esperienza vissuta della sperimentazione ministeriale. Il rifiuto nelle scuole della sperimentazione è dipeso molto da errori di comunicazione e da una cultura generale, come se qualsiasi novità sia un pericolo.  Resta in genere la mancanza di “trust”, di fiducia reciproca caratteristica tipica di questo paese in generale.

In generale occorre il collegamento tra valutazione e premialità: Ichino ha sostenuto che togliere gli scatti di anzianità (cosa comunque non del tutto valida) comporta necessariamente stabilire meccanismi stipendiali  premianti, collegando appunto valutazione e premialità.

Per attrarre i migliori e non scoraggiare o bravi docenti occorrevano nella sperimentazione strumenti premianti poco costosi. Ovviamente questo non risolverà il problema giuridico ed economico più ampio della carriera. Resta basilare però l’esigenza che la premialità debba collegarsi non al “fare qualcosa d’altro” ma al riconoscere chi fa bene quello che deve fare.  

E’ comunque curioso che dai questionari raccolti, che hanno coinvolto tutte le componenti, è emerso che le liste finali di merito erano genericamente condivise.

Tornando sui test, Drago è evidenziato che questi servono innanzitutto per valutare gli studenti, con la conseguenza che classi con 8 100 agli esami di stato rendono totalmente insignificanti le valutazioni didattiche. Sicuramente possono anche essere utili alla valutazione della performance delle scuole, ma questa non può essere affidata unicamente ai test INVALSI. Questi sono fatti molto bene, ma non bastano. 

Ancora sulla valutazione dei docenti Ichino ha condiviso che questa non possa essere fatta con la valutazione esterna, o solo con questa, soprattutto perché il profitto degli studenti è il frutto di un lavoro di squadra. Per questa ragione, tornando alla sperimentazione attuata (della quale a brve uscirà il rapporto finale) la valutazione dei docenti è stata avviata con il sistema dei pari: i docenti più stimati dai colleghi della scuola ed il preside.

Drago ha condiviso il modello della valutazione reputazionale usato nella sperimentazione. Comunque per fare con successo occorrono investimenti, altrimenti si aggiunge nuovo al vecchio. Molte sperimentazioni aperte in passato sono fallite: norme mai utilizzate dalle scuole (come l’art. 11 del 275/99) permettevano addirittura mutamenti ordinamentali.

Ma se non ci saranno scelte dolorose sugli organici e sugli sprechi il futuro di presidi e docenti sarà futuro di povertà.  Nell’ottica di un risparmio che serva per investire, Drago ha ricordato ancora che la figura dei collaboratori scolastici non esiste in nessun sistema europeo. Ho poi segnalato la strana vicenda delle direzioni generali che dal 1999 sono passate da 7 a 40, senza l’abolizione prevista dei Provveditorati e col problema di verificare l’effettivo valore aggiunto di questo passaggio, visto che nella scuola italiana la “linea decisionale” si è allungata così come è enormemente accresciuta la produzione normativa, invece della semplificazione ! Il futuro della scuola appartiene quindi alla qualità.

Per Drago scelte recenti scoraggiano pesantemente le energie migliori nella scuola. E’ il caso dell’ultimo decreto sulla formazione iniziale dei docenti che non si regge sensatamente: ne è esempio i cinque anni di formazione su tutte le scienze possibili, più uno di tirocino per diventare maestri di scuola materna ed elementare. Il tutto per compiacere cattedre universitarie, mentre invece le discipline psicopedagogiche spariscono del tutto nella formazione dei docenti della secondaria che è tutta accademica.  Se si vuole una buona categoria docente occorre la capacità di  lasciare una valida eredità. Questo può essere fatto anche nelle scuole e da parte delle Amministrazioni. Invece assistiamo nelle prime ad un totale disinteresse degli anziani verso i giovani arrivi, mentre nella seconda a forme di trattamento umiliante verso il precariato ed i giovani docenti.

 

Nel dibattito l’on. Aprea, ha ricordato l’attuale inadeguatezza della scuola a comprendere i bisogni formativi e confermato il personale interesse ad un lavoro sui nuovi fattori dell’istruzione per le nuove generazioni.  

Drago, ricordando come recenti indagini abbiano dimostrato in Italia che l’ascesa economico-sociale nel mondo delle piccole e medie imprese scaturisca poco dalla formazione scolastica acquisita, ha sottolineato quanto sia urgente far apprezzare culturalmente e socialmente il valore della scuola. In questo senso ha segnalato come non accada mai in Italia che su quotidiani nazionali i pedagogisti ottengano spazi autorevoli per fondi nazionali.

L’ispettore Boselli ha sostenuto come la scuola debba essere restituita alle “comunità dei volenti” cioè a coloro esprimono il volere educativo, poiché le comunità sociali ne detengono ed esprimono il valore come tradizione culturale radicata in un popolo.

Il provveditore di Rimini ha ricordato come gli uffici amministrativi operino, nonostante energie e intenzioni, in condizioni molto difficili.

Alcuni dirigenti presenti hanno sottolineato quante energie positive, pur minoritarie, esistono e sostengono le scuole nella loro proposta educativa, costituendo reti a sostegno di positive esperienze educative.

 

Nella sua conclusione il presidente di DiSAL Pellegatta ha ricordato come l’azione quotidiana delle scuole oggi si regga sull’azione consapevole e dedita di minoranze, portatrici di proposte e valori significativi.

L’incontro, per Pellegatta, ha dimostrato l’inutilità delle contrapposizioni è la possibilità di operare, con proposte possibili, sul grande bene comune della scuola.  I relatori hanno sottolineato come tutto ritorni alla fine sulla qualità e validità delle persone, insieme alla loro capacità di agire come una squadra. Dopo anni nei quali si è affidato il crescere di una buona scuola a tecniche didattiche, a soluzioni normative, quando non a sistemazioni edilizie, ritorna socialmente chiara la prioritaria dinamica personalistica e culturale: la qualità delle persone non muta per condizioni strutturali.

Per questo è sempre più importante comprendere come un sistema fondato sulla libertà educativa privilegi appunto dinamiche che valorizzano il ruolo delle persone e delle loro aggregazioni.

Le scelte culturali appartengono a loro e lo Stato, con un indispensabile ritiro, deve sussidiariamente riconoscere fiducia, anche se questa stessa vale anche per chi opera nella scuola, che deve trovare sempre più fiducia nelle proprie positive risorse.

Solo in questo senso occorre che il risparmio diventi necessariamente investimento, per poter fare meglio anche con quanto disponibile, se intelligentemente assegnato.

Ma nessuna sfida è possibile senza coesione sociale, responsabilità condivise, salvaguardia della libertà e della dignità, attenzione intelligente ai bisogni, chiarezza ed essenzialità di poche regole democraticamente stabilite. Per questo Pellegatta ha ribadito che questo momento drammatico della scuola è il momento del coraggio politico e sociale, del sacrificio per il cambiamento, partendo da tutte le forze positive della scuola e delle comunità.

A questo compito con orgoglio possono collaborare le Associazioni professionali, vere reti di scambio e ricerca, quando sono portatrici di una moderna visione di direzione educativa ed organizzativa delle scuole. “Al servizio di questo compito - ha concluso Pellegatta -  intende porsi DiSAL”.

 Le foto dell'incontro e del pranzo
Spaziatore
Spaziatore 26/08/2011
Spaziatore
Ingrandisci
Spaziatore

I relatori
Dimensione:
640 x 311 Pixel

Spaziatore
Spaziatore
Spaziatore
Spaziatore 26/08/2011
Spaziatore
Ingrandisci
Spaziatore

Rosario Drago
Dimensione:
640 x 480 Pixel

Spaziatore
Spaziatore
Spaziatore
Spaziatore 26/08/2011
Spaziatore
Ingrandisci
Spaziatore

On. Aprea
Dimensione:
640 x 480 Pixel

Spaziatore
Spaziatore
Spaziatore
Spaziatore 26/08/2011
Spaziatore
Ingrandisci
Spaziatore

Il dibattito
Dimensione:
640 x 480 Pixel

Spaziatore
Spaziatore
Spaziatore
Spaziatore 26/08/2011
Spaziatore
Ingrandisci
Spaziatore

Una compagnia
Dimensione:
2400 x 1800 Pixel

Spaziatore
Spaziatore
Spaziatore
Spaziatore 26/08/2011
Spaziatore
Ingrandisci
Spaziatore

Il tavolo inizia
Dimensione:
2400 x 1800 Pixel

Spaziatore
Spaziatore
Spaziatore
 
 
Spaziatore
 
 
Spaziatore

 
Salva Segnala Stampa Esci Home