Precariato: i dati del MIUR per aree e ultimi anni


La disomogenea mappa del precariato sul territorio
tuttoscuola.com - 16 ottobre 2011
Riprendiamo la nostra analisi dei dati forniti dal Miur nei giorni scorsi.
La scuola è un po’ lo specchio del Paese per quanto riguarda l’occupazione.

Al Sud gli organici del personale docente sono quasi saturi, nel senso che i posti in organico sono ormai in buona parte coperti da personale di ruolo, complice il continuo calo demografico che riduce il fabbisogno di classi; in mancanza di posti, i docenti precari migrano nelle graduatorie ad esaurimento del Centro Nord con la speranza di occupazione.

Chi resta nel Meridione trova lavoro precario soprattutto nella scuola secondaria di I e di II grado. Al Sud e nelle Isole i docenti con contratto a tempo determinato (nomina annuale o fino al termine delle attività) sono l’8-9% di tutta la forza lavoro degli insegnanti meridionali in cattedra.

Al contrario, nel Centro Nord l’incidenza di docenti a tempo determinato è doppia e in talune regioni, come, ad esempio, l’Emilia-Romagna, sfiora complessivamente il 20% (in cattedra un docente precario ogni cinque).

Due anni fa, come rilevato nel 2° Rapporto di Tuttoscuola, proprio in Emilia-Romagna si è raggiunto il non invidiabile primato del 28,8% di professori a tempo determinato nella scuola secondaria superiore (il settore scolastico più precarizzato).

Sempre nel settore delle superiori seguivano con percentuali di poco inferiori il Friuli-Venezia Giulia con il 27,2% e la Lombardia con il 26,3%.

 

 Precari, massimo storico nel 2006-07: 152 mila

tuttoscuola.com - 16 ottobre 2011

La scuola italiana ha toccato il suo massimo storico di docenti precari in cattedra nell’anno scolastico 2006-07 con una media nazionale del 17,9%. Naturalmente quella era un media: gli estremi, per rimanere a livello di regione, andavano dal 23,5% complessivo dell’Emilia-Romagna al 12,8% dell’Abruzzo.

L’anno scolastico successivo la percentuale scendeva di un punto (16,9%), mentre entrava in vigore la legge finanziaria che bloccava le graduatorie dei precari (esaurimento) senza riuscire a dare, comunque, prospettive sicure di stabilizzazione del sistema.

L’anno dopo (primo del mandato Gelmini) il tasso di precarietà scendeva al 15,7%, mentre, con situazioni opposte, l’Emilia-Romagna rimaneva ancora sopra il 20% di precariato in cattedra (21,7%) e la Campania scenda sotto il 10% (9,3%).

Da allora è stata una lenta discesa: 14,7% nel 2009-10, 14,9% l’anno scorso e (dati provvisori) 14% quest’anno.

L’Emilia-Romagna è scesa sotto il 20% (esattamente 19,5% che resta comunque una percentuale patologica), mentre cinque regioni meridionali sono scese ben al di sotto il 10%, con la Campania che si attesta al 6,8%.

Dietro quelle percentuali ci sono numeri (e persone).

Nel 2006-2007, cioè appena cinque anni fa, i docenti con contratto a tempo determinato (nomina annuale o fino al termine delle attività) erano ben 152.375 (28 mila più dell’anno precedente).

Se si considera che nel 1999-2000 erano la metà (poco più di 78 mila), si può ritenere che nel nuovo millennio la partita sia andata un po’ fuori controllo e la malattia del precariato nella scuola abbia avuto una febbre da cavallo.

Nel 2007-08, dopo il massimo storico dell’anno precedente, gli insegnanti con contratto a tempo determinato sono stati 141.735.

Dall’anno successivo, anche per effetto alla drastica riduzione dei posti di organico avviata sotto il ministro Fioroni e continuata con maggior incisività dal ministro Gelmini, vi è stata una contrazione anche delle disponibilità di posti precari, con conseguente riduzione delle nomine a tempo determinato che sono passate a 130.835 nel 2008-09, a 116.973 nel 2009-10 e a 115.753 l’anno scorso.

Quest’anno – ma i dati sono ufficiosi perché diverse nomine sono ancora in corso – i docenti con contratto a tempo determinato sono meno di 100.000 unità, di cui quasi 33 mila per insegnanti di sostegno.

 
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