DiSAL sulle Linee Guida dei trienni ai Tecnici e Professionali


Come già segnalato (Linee Guida Trienni Tecnici e Professionali: i testi proposti dal MIUR) i dirigenti scolastici Monti Mauro ed Ezio Delfino hanno presenziato per DiSAL alla consultazione sui testi delle Linee Guida dei trienni degli Istituti Tecnici e Professionali.

Riportiamo le osservazioni da loro presentate che si aggiungono ai documenti già pubblicati su questo sito sull’argomento (DiSAL al MIUR sulle Linee Guida trienni Tecnici e Professionali) (Linee Guida Istruzione Professionale: presentazione MIUR). (DiSAL)

 

Le  Linee guida per tecnici e professionali del secondo biennio e della quinta sono ricche di spunti positivi, ma occorre siano sostenute da atti concreti da parte dell’amministrazione che renda praticabili le innovazioni didattiche.

E’ bene che nelle Linee guida si rimarchi il carattere non prescrittivo delle indicazioni e si lasci alle istituzioni autonome il compito di progettare e sviluppare. Ma ogni progettazione e sviluppo richiede anche un impegno della amministrazione  per rimuovere ostacoli, concedere accresciute flessibilità, mettere a disposizione risorse per l’attuazione delle priorità individuate.

Alcuni esempi di aspetti positivi che meritano di essere sostenuti, ma che DiSAL ritiene non possano essere semplicemente delegati alla volontà di applicazione delle scuole:

                     Dalla bozza di linea guida  esce un’idea di quinto anno con un carattere fortemente orientativo, proiettato verso il lavoro, l’università e gli studi superiori. Per fare ciò occorrerebbe modificarlo proiettando gli alunni dell’ultimo anno verso l’esterno. La cosa apre prospettive interessanti, ma allora occorre che in tempi brevi si intervenga a modificare l’esame di Stato che, alla luce delle novità del riordino, appare precocemente invecchiato;

                     Si propone una attenzione particolare all’orientamento e al riorientamento anche nel primo  biennio, soprattutto negli indirizzi tecnologici che un tempo facevano scegliere le specializzazioni in terza superiore e che ora la richiedono in terza media. Questa scelta anticipata appare come uno dei punti deboli del riordino avviato e giustamente le linee guida lo rilevano. DiSAL ritiene che l’attività di orientamento alla scelta dell’indirizzo cui iscriversi in terza superiore debba però avere il suo centro nel consiglio di classe del primo biennio: è opportuno dunque prevedere  flessibilità orarie specifiche per rendere possibili azioni di tutoring e soprattutto un arricchimento di organico, proprio per poter destinare risorse professionali all’orientamento;

                     Grande spazio di riflessione è concesso al tema dell’alternanza scuola-lavoro (giustamente distinta da stage e tirocinio). Purtroppo nelle scuole è noto che la buona alternanza non si fa per due settimane all’anno e non ha costo zero;  purtroppo i dirigenti sanno  che  le risorse per l’alternanza sono andate in drastica riduzione in questi anni fino alla loro pratica estinzione.

 

Un secondo nucleo di osservazioni riguarda il tema del lavoro a cui giustamente le Linee guida dedicano grande attenzione, fino ad esaltare, nel superamento della tradizione gentiliana, una nuova centralità della “cultura del lavoro”.  Il limite che anche le Linee guida paiono non valicare è quello che mette comunque il lavoro alla fine del percorso formativo, come un punto di arrivo a cui  la scuola deve portare gli alunni, dopo che hanno acquisito gli strumenti culturali per affrontarlo. Si possono leggere in questo senso i suggerimenti a promuovere le alternanze soprattutto l’ultimo anno. Ma il lavoro in una scuola tecnica e professionale è molto di più che una semplice dimensione futura a cui prepararsi: è un metodo per realizzare apprendimenti, uno strumento di rimotivazione per chi rischia l’espulsione dal percorso scolastico, un’esperienza significativa di rapporto con la realtà. Il lavoro è quindi alla fine del percorso, ma potrebbe (e dovrebbe) essere anche all’inizio.  D’altra parte è ciò che accade nei CFP che fin dall’inizio aprono alla dimensione dello stage. Negli istituti tecnici e professionali invece molti vincoli non rimossi impediscono questo. La riflessione su questo nucleo di problemi è quella che potrebbe allargare la prospettiva della “cultura del lavoro” a quella del” lavoro che favorisce lo sviluppo di una cultura”.

Un ultima osservazione riguarda la presentazione che le Linee guida fanno dei percorsi professionali come ancorati al nuovo sistema quinquennale. In realtà in molte aree del Paese negli istituti professionali la quinquennalità convive con la triennalità delle qualifiche regionali. Giustamente le Linee guida glissano su questo aspetto rimandando alle competenze regionali. Ma così la scuola reale rimane diversa da quella descritta sulla carta: per fare un solo esempio la scansione 2+2+1 su cui insistono le Linee guida, sforzandosi di chiarire la natura del nuovo “secondo biennio”, in molte scuole non esiste perché il modello è quelli 2+1+1+1 e quindi il secondo biennio è spezzato nella sua unità dalla qualifica.

 

 
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