Dimensionamento: prospettive dopo la dichiarazione di incostituzionalità


Dimensionamento incostituzionale/1. Urge intesa forte in Conferenza unificata

Tuttoscuola - 10 giugno 2012

Preso di sorpresa dalla sentenza della Corte Costituzionale n. 147/2012, che sui ricorsi presentati da molte regioni ha dichiarato l’incostituzionalità dell’art. 19, comma 4 del decreto legge n. 98/2011 concernente il dimensionamento della rete scolastica, il Miur ha riunito i vertici per valutare il da farsi.

La Corte ha ritenuto illegittima l’imposizione del numero minimo di mille alunni per ogni istituto comprensivo, “essendo una norma di dettaglio dettata in un ambito di competenza concorrente”. La decisione della Corte, pur apparendo sotto qualche profilo discutibile (ci si può chiedere per quale motivo la determinazione quantitativa delle scuole, che attiene al dimensionamento della rete scolastica, non costituisca uno standard essenziale di qualità dell’offerta formativa, mentre la determinazione delle classi lo costituisce), rappresenta un riferimento obbligato per i legislatori nazionali e regionali.

Smontare subito la nuova rete comporterebbe effetti immediati incompatibili con la necessità di non arrecare turbamento nell’immediato alla evidente esigenza di garantire continuità di erogazione del servizio pubblico essenziale d’istruzione.

Le varie ricadute sul funzionamento del servizio scolastico per l’anno scolastico 2012/2013 investono, infatti, il dimensionamento delle istituzioni scolastiche, l’organico del personale docente, il regolare inizio delle lezioni, le famiglie, gli studenti, i servizi di mensa e trasporti etc.

La domanda, fra dubbi ed ansie, che tutti si pongono è: ora cosa succederà? Il buon senso anche giuridico suggerisce che i piani di dimensionamento già predisposti e formalizzati dalle regioni restino in vigore per il prossimo anno scolastico senza subire modifiche. In parallelo i criteri di dimensionamento dovrebbero formare oggetto di un’intesa “forte” in sede di Conferenza Unificata fra Stato, Regioni ed Autonomie locali, con l’osservanza dei vincoli stabiliti per la finanza pubblica cui, rispettivamente, sono sottoposti i soggetti istituzionalmente coinvolti nei diversi livelli di governo del sistema d’istruzione.

 

Dimensionamento incostituzionale/2. E ora?

Tuttoscuola - 10 giugno 2012

La Corte Costituzionale, dunque, con sentenza n. 147 depositata il 7 giugno scorso, a seguito del ricorso presentato da Toscana, Emilia Romagna, Liguria, Puglia, Umbria, Basilicata e Sicilia, ha dichiarato l’illegittimità del nuovo dimensionamento della rete scolastica disposto dalla legge n. 111/2011.

Erano stati impugnati due commi dell’art. 19: uno (il quarto) riguardante la riorganizzazione delle istituzioni scolastiche del 1° ciclo in istituti comprensivi dimensionati in almeno 1000 alunni; un altro (il quinto) relativo alla non assegnazione del dirigente scolastico titolare alle istituzioni scolastiche con meno di 600 alunni.

Per il 4° comma è stato dichiarata l’illegittimità costituzionale, per il 5° è stata rilevata non fondata la questione di illegittimità costituzionale. Il mondo della scuola si chiede ora: cosa succederà?

Proviamo ad avanzare ipotesi sugli scenari possibili, partendo dal fatto che le Regioni, obtorto collo, hanno già provveduto nei mesi scorsi, in linea di massima, a ridefinire il piano della nuova rete scolastica sulla base dei parametri previsti dalla legge: generalizzazione degli istituti comprensivi e dimensionamento medio sui mille alunni.

A nostro parere i piani regionali, anche se conseguenti ad una norma dichiarata decaduta, possono essere considerati legittimi. Ma dovranno essere le regioni stesse a decidere ora se, in autotutela, intendono confermare quei piani, magari solo per il prossimo anno scolastico, per una evidente esigenza di continuità di funzionamento del servizio d’istruzione, oppure rivederli integralmente o parzialmente, avvalendosi della sentenza della Consulta che li legittima in pieno ad operare secondo parametri stabiliti autonomamente nel quadro dei vincoli di finanza pubblica.

Questa facoltà di revisione dei propri piani regionali non è rimessa soltanto alle sette regioni ricorrenti, ma a tutte le regioni, comprese quelle che hanno applicato alla lettera e con molto zelo le disposizioni derivanti dalla legge 111.

 

Dimensionamento incostituzionale/3. Tempi ed effetti dell’eventuale autotutela delle Regioni

Tuttoscuola - 10 giugno 2012

In questi ultimi mesi, dopo il varo dei piani regionali della nuova rete scolastica, la macchina ministeriale si è messa in movimento in vista del nuovo anno scolastico. Sono state individuate le nuove istituzioni scolastiche, sono stati attribuiti i relativi codici meccanografici di identificazione, è stata avviata la mobilità del personale amministrativo interessato, sono state concordate nuove regole contrattuali per l’assegnazione di incarico ai dirigenti scolastici, è stato quantificato il numero dei posti (pochi) di dirigente scolastico da assegnare ai vincitori del concorso in atto.

Nel caso in cui una o più regioni decidessero di rivedere immediatamente il proprio piano della rete, avvalendosi in autotutela della sentenza della Corte costituzionale n. 147/2012, in quei territori regionali la macchina ministeriale subirebbe uno stop con contraccolpi sulla preparazione dell’anno scolastico e con ricadute inevitabili anche sull’intero territorio nazionale.

Il rischio di una pesante ricaduta sulla regolarità di avvio dell’anno scolastico c’è tutto.

Se qualche regione decidesse di ritornare subito allo statu quo (la Sicilia ha lanciato messaggi in tal senso), al ministero non rimarrebbe altra possibilità se non quella di bloccare il provvedimento regionale e tentare di salvare la regolarità del prossimo anno scolastico ormai alle porte.

In autotutela le regioni hanno un’altra possibilità: lasciare per quest’anno le cose come stanno e rivedere eventualmente il piano regionale di rete, almeno nelle sue parti più “aspre”, con applicazione negli anni scolastici successivi.

A prescindere dall’esito finale di questa vicenda, è certa una cosa: saltati i parametri comuni, è saltato l’intero sistema che era nato con una sua unità complessiva valida per l’intero territorio nazionale. Stato e Regioni dovranno accordarsi, prima o poi, per razionalizzare il sistema e ridargli l’unità perduta. In legislazione concorrente, ovviamente.

 

Le istituzioni scolastiche senza dirigente

Tuttoscuola - 10 giugno 2012

La sentenza 147/2012 della Corte Costituzionale ha salvato, come si sa, il comma 5 della norma sul dimensionamento che dispone: “Alle istituzioni scolastiche autonome costituite con un numero di alunni inferiore a 600 unità, ridotto fino a 400 per le istituzioni site nelle piccole isole, nei comuni montani, nelle aree geografiche caratterizzate da specificità linguistiche, non possono essere assegnati dirigenti scolastici con incarico a tempo indeterminato”.

Va ricordato anche che il comma 5bis della stessa legge prevede la non assegnazione in esclusiva del direttore dei servizi amministrativi (DSGA) a quelle istituzioni sottodimensionate.

Le piccole istituzioni scolastiche, insomma, non avranno un proprio dirigente scolastico ma saranno affidate in reggenza ad un dirigente di altra istituzione; avranno il DSGA a scavalco su due istituzioni scolastiche.

Se qualche regione decidesse di ritornare ai precedenti parametri della rete scolastica, avvalendosi della sentenza della Corte, dovrebbe fare i conti con questa situazione normativa che rende acefale le istituzioni scolastiche sotto i 600 alunni (vale per il primo e per il secondo ciclo).

Ad esempio, la Regione siciliana che, subito dopo la sentenza della Corte, ha confermato la volontà di applicare i parametri di dimensionamento varati dieci anni fa con legge regionale (uguali a quelli nazionali vigenti prima della legge 111/2011), farà bene a riflettere sulla situazione delle istituzioni sottodimensionate che già allo stato attuale, dopo la parziale applicazione della legge, sono ben 171 (112 nel 1° ciclo e 59 nel 2°) su 1001 complessive esistenti, pari al 17% (una istituzione sottodimensionata ogni sei).

Il 17% di istituzioni con Dirigenti fantasma e Dsga dimezzati rende più fragile il sistema con possibili effetti di dequalificazione, senza contare la contrazione di organico. Insomma, se volesse andare oltre, la Regione siciliana affermerebbe, sì, il primato della sua autonomia, ma a spese delle scuole.

 

 

 

 Cisl sul dimensionamento
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