DiSAL al Seminario internazionale sulla dirigenza scolastica


Seminario internazionale su "Reclutare e valutare i dirigenti scolastici, in Italia e in Europa"

 

L'Associazione TreElle e la Fondazione per la Scuola Compagnia San Paolo promuovono il Seminario con l'obiettivo di individuare, in collaborazione con il MIUR,  il miglior modello di reclutamento e valutazione dei presidi, visto che quello attualmente in corso non soddisfa nessuno.

Per questo il Ministero ospita l’incontro e ha accettato la proposta delle Fondazioni di organizzare un confronto con esperienze straniere per raccogliere stimoli e suggestioni.

Tre esperti stranieri (di Germania, Francia e Inghilterra) presenteranno e discuteranno i modelli dei loro Paesi con esperti italiani. Interverranno il ministro Francesco Profumo e il sottosegretario Elena Ugolini.

Al Seminario interverrà anche il presidente di DiSAL Roberto Pellegatta, del quale riportiamo l'intervento.

 

 

 

Giovedì 22 novembre 2012

Seminario internazionale TreElle – Fondazione per la Scuola

I dirigenti scolastici: funzioni, reclutamento, valutazione in Italia e in Europa

Intervento  ROBERTO PELLEGATTA Presidente DiSAL

 

1.  Grazie. Provo a raccogliere le proposte fatte in questi anni a diversi livelli per il rinnovameno della dirigenza scolastica in Italia. Su queste, raccolte da costante riflessione critica sull’esperienza, ho trovato molta sintonia:

- nell’ultimo Rapporto Eurydice sulla dirigenza scolastica in Europa del 2009,

- nel quaderno TreElle n.7 del 2008 proprio sulla dirigenza scolastica.

Siccome nel farle inseguiamo da tempo un forte sogno di una scuola e di una professione rinnovata, sono contento di aver sentito questa mattina dalle relazioni dei colleghi europei molte conferme.

Rispondo all’invito: attraverso la crisi attuale è possibile un altro tipo di dirigenza?  Nello sviluppo della risposta dobbiamo porci un’altra domanda, più a monte: è possibile una effettiva autonomia scolastica ? A chi deve rispondere questa nuova dirigenza ? Ma quest’ultimo non è tema di oggi.

Noi da quanche tempo parliamo di “crisi della dirigenza scolastica”.

Riteniamo la dirigenza scolastica attuale un funzionariato statale, anche perché l’autonomia attuale si è sviluppata (nonostante la legge originaria) come  decentramento amministrativo che ha incrementato in modo sommativo le competenze del preside senza innovarne sostanzialmente il ruolo.

Un caro amico e collega (autore di un manuale molto diffuso) ha fatto una comparazione (sulla funzione direttiva) sul profilo del preside scaturito dalla riforma Gentile (art. 10 del R.D. 30 aprile 1924, n. 965)  e il profilo del dirigente scolastico delineato nel 1997 (poi contrattualizzato nell’art. 14 del CCNL 2006/09 del 15 luglio 2010), evidenziando prevalenti elementi di continuità sia nelle funzioni “interne” all’istituto che sul versante dell’apparato amministrativo.

Gli sviluppi, che hanno in buona parte tradito la funzione delineata dalla Bassanini nel 1997; un Contratto Nazionale senz’anima da burocrati; un decentramento amministrativo sregolato; un dimensionamento delle istituzioni forsennato (abbiamo sentito che in Francia ci sono oltre 13.000 istituzioni scolastiche e in Inghilterra ben 23.000); l’assenza di un quadro normativo chiaro per una dirigenza comunque specifica, sottomessi al predominio sindacale; le tristi recenti vicende concorsuali (senza attenzione alle capacità necessarie alla professione) sono i segni e alcune delle cause della crisi attuale, che talvolta si manifesta anche nella difficoltà di una visione professionale chiara.

Nella scuola statale italiana si è costruita col tempo la figura di quello che chiamiamo un "burotecnocrate", per le incombenze sempre più lontano dai percorsi culturali ed educativi, dai bisogni degli studenti, dalle problematiche docenti e delle famiglie.

Lo scorso anno, per curiosità, ho fatto i conti al minuto: con una giornata lavorativa mediamente di 8 ore, il tempo settimanale che riuscivo a dedicare al rapporto con i genitori era del 12%; quello con i docenti (escludendo le attività collegiali quando accadono) del 18% e quello con gli studenti, strappato a forza all’ufficio del 9%. Tutto il resto (41%) dedicato al funzionariato amministrativo. Lo studio ed il mio aggiornamento, alla sera.

 

2.  Invece una buona direzione di scuole ricerche ed esperienza mostrano che fanno la differenza nelle scuole. Come ricordava il collega francese, anch’io ho visto scuole mal dirette crollare nelle iscrizioni e viceversa.

Assieme ovviamente ad una preparazione adeguata, l’elemento cruciale è una visione chiara della propria missione e la conseguente capacità di coinvolgere la comunità professionale.

Alla delineazione di una nuova funzione direttiva debono conrrere due fattori: un’identità e un chiaro soggetto cui rispondere.

L’identità ci pare debba essere quella di chi guida una scuola  dove il primato della cultura e della relazione educativa informi di sé tutti gli elementi organizzativi. Esattamente l’opposto dell’oggi anche in molti ordinamenti.

Un particolare, ma non di poco conto: in quasi tutti i sistemi scolastici europei (con unica eccezione in Francia) come in tutte le scuole paritarie italiane, il capo di istituto mantiene  un diretto e proporzionato rapporto con l'attività di insegnamento.

In teoria, nelle pure enunciazioni di principio, la nuova funzione è già in buona parte nell’art. 25 bis del D.L.vo n. 59 del 1998:

   la gestione unitaria dell'istituzione

   la legale rappresentanza

   la responsabilità ultima della gestione delle risorse finanziarie e strumentali

   la responsabilità ultima dei risultati del servizio unitamente alla comunità professionale

   la direzione e valorizzazione delle risorse umane

   l’organizzazione con criteri di efficienza e di efficacia formative

   la promozione della ricerca e dell’innovazione

   la tutela della libertà di scelta educativa delle famiglie (le attuali disposizioni sui nulla osta l’hanno coartata) e del diritto all'apprendimento degli alunni

   la promozione di azioni di autovalutazione.

 

3.  Quindi la nuova figura di un direttore di istituto (o dirigente dell’educazione), effettivo dirigente formativo di un’impresa sociale, deve assumere una identità e seguire un percorso di reclutamento che lo radica nella comunità locale.

Il primo compito di chi dirige la scuola della sussidiarietà diventa quello di creare in essa le condizioni che favoriscano esperienze culturali ed educative ricche di significati per i giovani, capaci di suscitare motivazioni. Qui vorrei ricordare il caro amico Cesare Scurati che per primo in Italia molti hanno fa ha iniziato a parlare di leadershep educativa sulla prima rivista per dirigenti da lui avviata.

Dopo aver sentito di essere più vicino al sistema tedesco (anche se le opinioni del collega francese in molti aspetti mi trovano concorde) provo allora a delineare il profilo ed il percorso di reclutamento del dirigente scolastico della scuola nella sussidiarietà:

   proviene da sette anni di insegnamento, possibilmente nello stesso ordine di scuola;

   ha praticato la vicedirigenza per almeno due anni;

   ha seguito un master Scuola di Alta Formazione o di Univesità convenzionate

   è quindi inserito in un Albo regionale di idonei;

   si presenta a concorsi indetti dall’Istituzione scolastica autonoma (come avviene nei comuni e negli ospedali), con esame di selezione da parte di una commissione presieduta da un dirigente in pensione (pass-president) e con deliberazione finale da parte del Consiglio di Amministrazione che così sceglie il professionista della direzione formativa al quali affidare l’istituto;

   dirige scuole di non più di 1000 alunni (senza deroghe in su – guardiamo alle medie alunni in Francia, Germania e Inghilterra) superando l’omologazione attuale tra tutti gli ordini di scuola per tener conto della preparazione specifica vissuta nell’insegnamento, perché l’attuale modello neutro ha ovviamente ridotto al puro carattere amministrativo;

   venendo “contrattualizzato” dal direttore regionale solo dopo la designazione locale;

   propone all’approvazione del consiglio i Piani formativi ed organizzativi pluriennali e annuali;

   è inserito nei processi di selezione, assunzione e valutazione del personale, ivi compresa la formazione iniziale per l’abilitazione;

   sceglie lo staff di collaboratori e ne può riconsocere le prestazioni (attualmente minimizzata e bloccata da una contraddizione tra l’art. 25 bis del D. L.vo 59/98 ed il Contratto di comparto che limita la scelta di due soli collaboratori (art. 34) senza discernimento fra istituti scolastici con una o quindici sedi, fra istituti di 300 alunni e istituti di 2000 alunni;

   ha gli strumenti per curare lo sviluppo professionale e la formazione degli insegnanti, sostiene gli sforzi migliori;

   ha gli strumenti per progettare, con la comunità professionale, i curricoli ed i piani di studio attraverso un’ampio spazio di autonomia didattica;

   collabora a creare un clima favorevole all’impegno di studenti e famiglie;

   infonde una visione comune per obiettivi annualmente proposti alla comunità professionale;

   ha la responsabilità ultima della gestione delle risorse finanziarie e strumentali che può gestire senza vincoli di destinazione;

   all’interno di questo budget assegna, in accordo con lo staff, al personale le risorse della premialità;

   è promotore di reti di scuole nel territorio perché l’autonomia sia risorsa e non  isaolamento;

   grazie alla valutazione interna ed esterna, verifica i risultati e ne rende conto agli “stakeholder”;

   a questo direttore di istituto è possibile una carriera verso le figure della direzione tecnica (nel sistema valutativo, funzioni formative e sviluppo della professione e nella consulenza all’Amministrazione) ed alla direzione amministrativa (a capo degli uffici centrali e periferici dell’Amministrazione).

In quest’ottica vanno anche garantite ai direttori di istituto delle scuole paritarie molte delle opportunità di formazione, di collaborazione istituzionale, progettuali e di rete offerte ai colleghi statali.

 

4.  Come accennato dalla domanda inziale, perché questo quadro sia possibile è indispensabile riprendere il cammino interrotto dell’autonomia, così che l’Istituzione Scolastica si radichi, nella sua autonomia, nelle comunità locali, con i soggetti economico-sociali, per rispondere dei risultati conseguiti, verso tutti coloro che possono vantare interessi e aspettative, non trattandoli da spettatori ma da veri protagonisti.

A fondamento ci deve essere il principio della sussidiarietà specie dopo il riconoscimento costituzionale dell’autonomia delle istituzioni scolastiche dell’art. 117 comma 3.

Occorrerebbe allora che:

   il Ministero si trasformi in una autorità di coordinamento nazionale dei sistemi regionali;

   si introduca un vero sistema di sana, regolata e vigilata competizione a parità di condizioni tra  tutte le scuole del sistema pubblico;

   la gestione di tutte le risorse di bilancio venga assegnata, senza vincoli di destinazione e con severi controlli a valle, secondo il principio della quota capitaria per alunno di scuole statali e paritarie, totalmente alle Istituzioni Scolastiche Autonome, governate da Consigli di Amministrazione (conservo copia di uno statuto, approvato nel 1928 con Regio Decreto l’ITC di Catania aveva tutte le risorse necessarie comnprese gli stipendi e la manutenzione dell’immobile, con un CdA dove erano rappresentate il Comune, la Provincia, le Associazini di categoria);

   si risolvano le attuali confusioni di compiti di gestione e progettazione dei vari organismi;

   si assegnino tutte le specifiche azioni amministrative, finanziarie, negoziali e di manutenzione dell’edificio ad un professionista della direzione amministrativa valorizzato rispetto alla figura attuale e alle dipendenze funzionali del dirigente scolastico.

 

5.  Per la valutazione riteniamo che non si possa attuare la valutazione della direzione di istituto separata da un sistema di valutazione di tutte le componenti, specie i docenti. O tutti o nessuno: fatta solo il dirigente non ha alcun senso né utilità o efficacia (come Sivadis ha dimostrato – si pensi poi che in quel cotesto la spesa prevista era superiore alla quota di salario da distribuire).

Inoltre la valutazione, essendo eminentemente atto di professionalità, non può costituire argomento di contrattazione, auspicando invece che in generale sia la professione direttiva che quella docente siano affidate ad uno stato giuridico stabilito per legge, dove la comunità nazionale indichi i caratteri fondamentali.

Per il processo da seguire occorre quindi:

   si chiarisca a chi deve rispondere il direttore di istituto;

   si definiscano le competenze di gestione delle scuole statali, obiettivi chiari e verificabili assegnati;

   lo strumento scelto deve dimostrarsi efficace, ma innanzitutto avere finalità di sostegno e sviluppo delle capacità professionali migliori e di correzione e miglioramento degli errori e delle debolezze;

   si avvii quindi (qualche accenno nel tentativo Vales) una sperimentazione temporanea che si concentri sulla costruzione degli strumenti;

   solo dopo si potrà parlare di esiti professionali e retributivi. Ovviamente sono da escludere, per l’infelice esperienza passata che abbiamo subito, modalità cartacee di valutazione: il processo implica un coinvolgimento diretto del valutato e della scuola dove opera;

   tener conto dell’ambiente e delle condizioni oggettive in cui opera;

   deve chiarire preventivamente l’oggetto della valutazione e i criteri in base ai quali avviene;

   deve essere affidata a commissioni composte da pari (dirigenti con maggiore anzianità di servizio e riconosciuta esperienza) e da una funzione ispettiva di alto profilo;

   deve implicare attività “in situazione”, come visite alla scuola, colloqui, osservazione del clima presente nell’istituzione oltre ad una autoanalisi basata su alcuni indicatori preventivamente fissati;

   deve concludersi con un rapporto finale consegnato anche alla scuola, con indicazioni sugli aspetti da migliorare tali da essere verificabili dopo il periodo prefissato;

   l’eventuale sanzione potrà intervenire solo dopo sistematiche verifiche della inefficacia delle indicazioni di miglioramento affidate.

6.  Per innescare un simile movimento di rinnovamento professionale ispirato a principi di libertà, autonomia, competenza e qualità formativa mi pare indispensabile coinvolgere attivamente le associazioni professionali affinchè siano mobilitate le forze migliori, le persone nella loro motivazione e sia tenuta viva l’idealità professionale e la passione educativa.

Grazie.

 

 

 
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