Dirigenti Scuole Autonome e Libere
Associazione professionale dirigenti scuole statali e paritarie - Ente qualificato dal MIUR alla formazione
Audizione Commissione VII Istruzione
Senato - martedì 27 novembre 2012
Riflessioni e proposte sul testo unificato n. 3452
“Norme per l'autogoverno
delle istituzioni scolastiche statali”
A. In premessa ci dispiace confermare la delusione, già espressa alla Commissione della Camera dei Deputati, rispetto alla concezione dell’originario testo del 2004 che intendeva affrontare la revisione degli Organi di governo della scuola unitamente al problema dello stato giuridico del personale dirigente e docente. In questo modo restano eluse tutte le vere cause di difficoltà di funzionamento delle scuole statali.
B. Fin dal 1996 si discute di una riforma del governo della scuola, che ha assunto un nuovo contesto con la riforma del Titolo V, dove si è avviata la costituzionalizzazione della Autonomia scolastica in un “sistema delle autonomie”. Si trattava quindi, in quel contesto, di definire i poteri reali degli organi dell’autonomia e le relazioni con le autonomie locali. Restiamo purtroppo ancora in un contesto di debolezza dell’autonomia scolastica, sia rispetto all’Amministrazione centrale o periferica, sia rispetto agli enti locali: lo hanno di nuovo dimostrato le recenti vicende della razionalizzazione delle rete scolastica e dei provvedimenti di dimensionamento.
D’altra parte quella riforma ha molti avversari, più o meno espliciti: gli stessi sindacati che, in forme diverse hanno ribadito e ribadiscono una pretesa “aziendalizzazione” delle scuole per impedire effettivi cambiamenti che le radichino più fortemente nelle comunità locali, realizzando così quello stretto rapporto con il mondo sociale ed economico di cui le scuole hanno bisogno vitale, specie quelle del secondo ciclo.
Un segnale di questa resistenza fu, nel 2004, il gioco di forze che portò l’allora Ministro Moratti a bloccare il DdL che agganciava appunto la riforma del governo delle scuole con il rinnovamento della professione docente e dirigente (il cosiddetto “DdL Aprea”).
L’arrivo poi delle RSU (fenomeno assolutamente unico rispetto a tutti i sistemi scolastici europei ed internazionali) ha posto un serio problema di confusione dei compiti, accrescendo la conflittualità nelle comunità scolastiche.
L’elemento che, con tristezza, ci pare più “conservativo” resta la difesa costante del “potere del Collegio docenti”, altra unica eccezione istituzionale rispetto a tutti i paesi. Di conseguenza, nonostante la lunga esperienza degli Organi collegiali, il problema del governo della scuola oggi resta quella della sua autoreferenzialità, che spiega anche la fatica di avviare in Italia (come da tempo invece presente in tutti i paesi europei) un efficace sistema di valutazione delle scuole e delle professioni.
Un altro segnale, più vastamente culturale ed ideologico, di resistenza ad un rapporto nuovo tra scuola e comunità locale, è il ripresentarsi, anche nelle attuali manifestazioni, di incomprensibili resistenze contro le rappresentanze esterne alla scuola nel Consiglio di Istituto e contro la possibilità della defiscalizzazione delle donazioni.
C. Anche volendo rinunciare alla eccessiva “pretesa” di una riforma e limitandosi a considerazioni di mero “aggiustamento” o “miglioramento” degli attuali Organi collegiali, il testo pervenuto dalla Camera in linea generale delude l’attesa, poiché da una parte resta elusa una chiara risposta alla domanda di “chi governa la scuola statale” e dall’altra permangono alcune confusioni e debolezze testuali, talune delle quali pesino segnalate dallo stesso relatore all’avvio del dibattito in Commissione del Senato (uso improprio di termini, vaghezza sulle competenze, confusione tra Statuto - che deve definire organi e competenze - e Regolamento – che deve indicarne il funzionamento).
Gli organismi prefigurati, la cui istituzione e articolazione non viene lasciata all’autonomia delle Istituzioni scolastiche (l’art. 1), nella sostanza sono la modifica nominale degli organi attuali, dei quali, sempre nella sostanza, ricalcano le competenze.
Si aggiungono inoltre una serie di organismi nuovi (di scuola e territoriali) che vanno ad aumentare la dispersione di un’effettiva confusione dei ruoli ed a proliferare gli apparati, contraddicendo il necessario cammino dell’autonomia e della semplificazione.
Il dirigente scolastico rimane nel testo il solo responsabile del risultato del servizio scolastico, senza che la norma gli attribuisca gli strumenti necessari. Si rinuncia ancora ad una figura autorevole della dirigenza scolastica, attribuendo alla figura attuale delle responsabilità che la norma non gli consente di attuare.
Non si prevede che la partecipazione al Consiglio dell’Autonomia ed agli organismi regionali o nazionali debba essere sostenuta dal rimborso delle spese per la
presenza, pur con l’esclusione di ogni altra indennità o emolumento.
Si rinuncia purtroppo (come anche segnalato dal relatore) alla denominazione di “Consiglio di amministrazione” recepita invece dal DdL 637 quale organo di governo dell’Istituzione scolastica.
L’utile riconoscimento a possibili finanziamenti alle istituzioni scolastiche da parte di privati non viene in alcun modo riconosciuta (come per altri organismi ed Enti) con una deduzione fiscale significativa. In questo modo si pubblica una semplice “grida” seicentesca in materia.
D. Probabilmente, anche viste le recenti levate ideologiche di piazza (meglio sarebbe chiamarle “paleontologiche”) e le conseguenti considerazioni fatte da alcune componenti, questo testo (che pur andrebbe completamente riscritto) avrà ancora ben poca sorte. Tuttavia, con spirito di servizio alla scuola e per tentare di ridurne i limiti, per svilupparne qualche potenzialità, presentiamo delle note e proposte emendative ai singoli articoli. (in rosso gli inserimenti)
Art. 1
I commi 1 e 2 sono inefficaci e pleonastici rispetto alle finalità del testo ed alle normative già esistenti. Il 4 e 5 sono contraddittori rispetto al resto del testo. Nel 4 infatti la istituzione e la composizione contraddicono i successivi articoli che già istituiscono in questa norma gli organi, ne prevedono la composizione dettagliata e stabiliscono persino per i consigli di classe (art. 6, comma 5bis) anche nelle forme di partecipazione. Addirittura nell’art. 13 si mantiene al MIUR la competenza di stabilire date e funzionamento.
Art.2
Comma 1 aggiungere “di governo”. Altrimenti è proprio vero che resta tutto come nel 1974.
Comma 1d Eliminare il nucelo di autovalutazione, poiché le funzioni di autovalutazione debbono essere esercitate dagli organi già previsti. Si tratta di evitare inutili doppioni, proliferazione di organismi, fonte solo di confusione di compiti, valorizzando invece appieno, ognuno secondo le proprie competenze, la responsabilità degli organi di governo, indirizzo e tecnici.
Art. 3
Comma 1: chiarire meglio i compiti di indirizzo generale dell'attività scolastica inserendo, tra “indirizzo generale” e “dell’attività scolastica” le parole: “e di governo”. Togliere il punto “g” sul nucleo di autovalutazione. Eliminare il punto “l” abolendo l’inutile Conferenza della rendicontazione, sempre per evitare la proliferazione di organi e la ocnfusione di competenze.
Comma 1 aggiungere “m) esercita le funzioni di autovalutazione dell’efficienza, dell’efficacia e della qualità complessive del servizio scolastico”.
Comma 1a: dopo tre votazioni a maggioranza dei due terzi occorre la maggioranza semplice per evitare il blocco delle attività.
Comma 3: modificare la durata in “quattro anni” come per i Consigli Comunali.
Art. 4
Comma 1e la maggioranza richiesta deve essere maggioranza semplice, altrimenti si blocca l’attività del Consiglio sull’unica vera novità (pur minimale) del testo e la si vanifica.
Comma 2. Si tratta di una confusione di competenze del testo: la costituzione e la composiizone degli organi nell’art. 1 si dice affidata allo Statuto e non al Regolamento, che deve invece curare il funzionamento.
Comma 3: aggiungere al termine “Ai membri del Consiglio spettano i rimborsi delle spese sostenute per la partecipazione alle sedute, senza diritto di altre indennità”.
Comma 4. Va tolto l’emendamento della Camera, perché la funzione tecnica può essere esercitata dal Dirigente scolastico, salvo introdurre elementi di confusione e contrasto nel Consiglio.
Art. 5
In generale tutto l’art. presumerebbe la revisione delle norme della condizione giuridica della professione dirigente, senza la quale revisione il testo descrive compiti e funzioni collocate in un contesto non proprio. L’autonomia esigerà la piena assunzione di responsabiltià, ma è inconcepibile che il dirigente scolastico debba da solo rispondere dei risultati del servizio se non vengono modificati tutti i contesti normativi che determinano il funzionamento del servizio e che non dipendono in alcun modo dalle potestà del dirigente scolastico. La frase “e risponde dei risultati del servizio agli organismi istituzionalmente e statutariamente competenti” finale va abrogata.
Art. 6
In generale tutto l’art. presumerebbe la revisione delle norme della condizione giuridica della professione docente, senza la quale revisione il testo descrive compiti e funzioni collocate in un contesto non proprio. Gli aggiustamenti indicati sono di pura sistemazione tecnica.
Comma 2: l’espressione “e, ai fini dell’elaborazione del piano dell’offerta formativa, mantiene un collegamento costante con gli organi che esprimono le posizioni degli alunni, dei genitori e della comunità locale” è troppo generica, senza fare riferimento ad alcun organo. O si specifica il solo riferimento esplicito: “con il consiglio dell’autonomia” o è meglio togliere la frase, foriera solo di ocnfusione.
Comma 3 ripetitivo e farraginoso nel non riuscire ad indicare chiare competenze. Va eliminato.
Comma 5bis sostituire con “dai genitori e, nella scuola secondaria di secondo grado,
dagli studenti della classe” poiché la ultradecennale esperienza ha dimostrato quanto sia
indispensabile che tutti i soggetti partecipino attivamente al percorso formativo.
Art. 8
Va abrogato per le ragioni sopra illustrate.
Art. 12
I commi 1, 2 e 2bis vanno abrogati in quanto si viene a ricostituite qualcosa di simile all’attuale CNPI. Specialmente con la riforma del Titolo V e con l’avvio di un sistema federale, queste forme di consultazione assumo un senso solo a livello regionale.
Comma 3 abrogare “con il coordinamento regionale delle consulte provinciali degli studenti “ in quanto si sono palesemente rivelate (laddove esistono ancora) un organismo utile solo alla creazione del consenso da parte delle Amministrazioni scolastiche e locali. Abrogare inoltre al termine “in costante confronto con le politiche scolastiche nazionali e prevedendo ogni possibile collegamento con gli altri sistemi scolastici regionali” in quanto generico e senza indicazione operativa.
Art. 11bis
Da abrogare non solo per evitare ploriferazioni di organismi ed mantenere fede alla semplificaizone amministrativa, ma anche perché il monitoraggio e la valutazione dell’efficacia di una norma compete alle Commissioni parlamentari, come indicato in altre norme riformatrici.
La direzione nazionale DiSAL
Milano, 27 novembre 2012