Secondo ciclo: sui tecnici Confindustria ci ripensa


NUOVE SUPERIORI Gianfelice Rocca, vicepresidente di Confindustria, esprime preoccupazione per il progetto di riforma del ministero: « Attenti a non sperperare un patrimonio che rappresenta la spina dorsale del rapporto tra scuola e tessuto produttivo »

« Ministro Moratti, la tecnica è da salvare »

Il Sole-24 Ore 10 febbraio 2005
ROMA • « Sostegno, ma con molta preoccupazione » : questa è la posizione di Confindustria, espressa dal vicepresidente con delega per l'Education Gianfelice Rocca, sulla riforma della scuola secondaria superiore proposta dal ministro dell'Istruzione Letizia Moratti.
« Sostegno— spiega Rocca— perché la riforma contiene molte importanti novità, come l'alternanza tra scuola e lavoro, la possibilità di passare dall'istruzione scolastica a quella professionale e viceversa, e soprattutto il proposito di r a f f o r z a r e quest'ultima, superandone l'immagine di canale educativo di serie B.
E che ci sia urgente bisogno di riforme è confermato dall'ultima indagine comparata Pisa 2003, che colloca i quindicenni italiani, nelle prove di matematica, lettura, scienze e problem solving, nettamente sotto la media Ocse. Ma anche preoccupazione, perché la divisione, dopo l'obbligo, in due soli canali educativi, i " licei" da un lato, l'istruzione professionale dall'altro, affidata alle Regioni, rischia di cancellare la specificità dell'istruzione tecnica, vera spina dorsale del rapporto fra scuola e mondo produttivo, trascurando il grande valore educativo di una solida cultura professionale » .
Contro il pericolo, denunciato da molte parti, della " licealizzazione" degli istituti tecnici e commerciali Confindustria e altre dieci organizzazioni imprenditoriali hanno firmato un documento, consegnato ieri al ministro Letizia Moratti, in cui auspicano che siano « preservate le specificità professionalizzanti dell'istruzione tecnica » ed « evitata la dispersione dello studio in troppe materie, limitandosi a un'inutile infarinatura di nozioni superficiali » .
Secondo Gianfelice Rocca contrastare la tendenza alla dispersione è fondamentale. « Un sapere generico e superficiale non è vera cultura. Cultura è approfondimento: questo solo ci rende liberi nel mondo di oggi, perché capaci di competere creando innovazione. La cultura tecnica e commerciale, che sarà insegnata nei licei economici e tecnologici, ha una propria identità: l'acquisizione del metodo scientifico e la capacità di applicarlo in un contesto produttivo concreto. È vera cultura, cultura attiva, che non si conquista senza una forte concentrazione sulle materie di base che costituiscono la vocazione specifica di ogni singolo istituto » .
« Sarebbe del tutto controproducente — continua Rocca — ridurre le ore dedicate alle materie di base, come italiano, inglese, matematica e le discipline specifiche di ogni singolo indirizzo, per fare ( poco) spazio a nuove materie genericamente " culturali", pur affascinanti, come storia dell'arte o filosofia, ma che, con poche ore a disposizione, si ridurrebbero a dare un'infarinatura superficiale » .
Analoga considerazione va fatta per le lingue straniere. « Conoscerne pochi rudimenti non serve a nessuno: una lingua è utile nel mondo del lavoro soltanto se la si sa usare con competenza. Oggi l'inglese è libertà, cioè capacità di muoversi e lavorare nel mondo. Ma l'inglese non si impara con poche ore di lezione: anche se, con la riforma, lo studio inizia fin dalla scuola di base, sono necessarie ore e ore di esercizio nei laboratori linguistici » . Non per nulla il documento degli imprenditori chiede di « elevare il monte ore delle discipline scientifiche » e sconsiglia « l'insegnamento di una seconda lingua comunitaria, se fosse a scapito dell'apprendimento della lingua inglese » .
Gli industriali non sono, in linea di principio, contrari ad aumentare le materie " culturali". « Purché — ribadisce Rocca — questo non avvenga a scapito delle materie fondamentali. Solo se siamo certi di aver raggiunto buoni risultati in queste ultime ( risultati accertati da rigorosi metodi di valutazione), possiamo permetterci di investire risorse nelle materie aggiuntive. Ma è necessario introdurre in tutte le scuole un'abitudine alla valutazione continua che oggi manca. Per costruire cultura la qualità dell'apprendimento è ancora più importante dei singoli contenuti; e i risultati dell'indagine Pisa 2003 dimostrano che siamo ancora lontani dall'obiettivo » .
Concentrare lo studio sulle materie essenziali, e verificarne con rigore i risultati, è la ricetta dei Paesi che si collocano ai primi posti nelle prove internazionali.
E a essa si ispira anche la riforma scolastica voluta dal presidente francese Jacques Chirac: francese, matematica e scienze dovranno essere il nucleo di base di ogni insegnamento. Le tabelle orarie proposte su Internet dal ministero dell'Istruzione seguono invece la tendenza opposta: aumentano le materie e riducono le ore di lezione per ciascuna, con l'ulteriore inconveniente di ridurre gli spazi di autonomia degli istituti scolastici. « Dobbiamo avere il coraggio— osserva invece Rocca — di dare fiducia alle scuole; poi il ministero verificherà i risultati e interverrà dove è necessario. Irrigidire orari e programmi, scendendo fino ai dettagli, soffocherebbe l'iniziativa delle scuole migliori » .
Il vicepresidente di Confindustria chiede inoltre che la qualità della formazione professionale non sia pregiudicata, ma anzi elevata, dal passaggio alle Regioni ( per questo il documento degli imprenditori chiede di realizzare il passaggio a t t r a v e r s o « una fase di transizione di almeno cinque anni » ) e che il sistema di governo delle scuole si apra maggiormente alle forze economiche territoriali. Le due richieste convergono in una proposta concreta: « La creazione di poli tecnologici ed economici, veri e propri campus, fisici o basati su accordi, in cui i licei scientifici e tecnologici e le scuole professionali si arricchiscano reciprocamente, a stretto contatto con le imprese e il territorio, utilizzando nel modo migliore gli spazi di autonomia » .
Questi poli, secondo il documento degli imprenditori, dovrebbero essere da un lato dei centri di ricerca applicata, come sono già da molti anni i migliori istituti tecnici, dall'altro dei « laboratori di innovazione curriculare e didattica » . Ma, viene spontaneo chiedersi, con quali risorse? Anche da questo punto di vista la riforma " a costo zero" rischia di essere impraticabile.
ANDREA CASALEGNO Gianfelice Rocca, vicepresidente di Confindustria con delega per l'Education

 
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