http://www.tempi.it/esame-maturita-inutile - 16 giugno 2014
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L'articolo di cui riportiamo sotto il testo, o parti di esso, è stato ripreso da:
Io donna.it
Governare la scuola.it
http://www.governarelascuola.it/nuovo/index.php/2011-05-02-12-32-40/75-gli-esami-di-stato-giugno-2014
Avvenire.it
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1. Servono esami e prove ad adolescenti e giovani ? Per Giorgio Chiosso “l'esame non è solo accertamento di sapere o abilità, ma una prova con se stessi, la dimostrazione di saper superare un ostacolo”. La diminuzione delle difficoltà da superare limita lo sviluppo della personalità. Le prove sono utili a tutti, ma in modo particolare nella formazione di una personalità.
Ma la forma attuale dell’esame di stato, che gli studenti delle superiori iniziano mercoledì, permette di vivere una prova, di mettersi effettivamente alla prova ?
Non sono certo gli esami ad essere inutili: è "questo" tipo esame ormai ad esserlo! Un esame, che costituisce un doppione accelerato delle verifiche dell’anno, rinviando la verifica delle competenze raggiunte ad altri appuntamenti, universitari o lavorativi.
La consegna di un titolo di studio con “valore legale” è ormai ridotta ad adempimento dovuto in nome del dettato costituzionale e l'esame non è più da tempo l’elemento utile né per una chiara valutazione finale, né per l’ammissione all’università e neppure per raccogliere adeguate informazioni sull’efficacia del nostro sistema scolastico.
Da molti anni gli atenei "snobbano" gli esiti di questo esame, utilizzando invece propri test e cercando semmai valutazioni degli anni precedenti al quinto. Addirittura per alcune facoltà i test vengono ormai fatti prima dello svolgimento dell’esame di stato.
Nei paesi più avanzati, se ci sono gli esami d'ingresso all'università non c'è l'esame finale della scuola secondaria di II grado; se c'è invece un esame di stato (e in questo caso è selettivo) non ci sono test d'accesso all'università. Ne è un esempio il Baccalauréat francese dove negli utlimi anni la percentuale dei promossi sui candidati non raggiungeva mai l’80%.
La situazione quindi da noi è anomala.
2. Nato nel 1923 con la riforma Gentile, l’esame di stato ha visto passare, in quasi un secolo, dal 55% dei promossi della maturità scientifica, alle attuali bocciature ridotte al lumicino dello zero-virgola. Bisogna riconoscere che non lo temono più di tanto i ragazzi e, alla fine, verifica quanto è già stato ampiamente verificato fino a venti giorni prima.
I candidati quest’anno sono 459.474: tolti i non ammessi e aggiunti i privatisti, circa 500 mila. Nel 2013 i bocciati ad esami finiti sono stati lo 0,9% (erano l’1,3% nel 2012). Quelli ammessi all’esame (dopo i mutamenti introdotti da Fiornoni) rappresentano mediamente il 95%. Gli ammessi che hanno superato le prove d’esame sono, appunto, il 99,1% (98,2% in Abruzzo, 99,6% nelle Marche).
In un test sottoposto a cento ragazzi dalla Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa, istituto d’eccellenza, soltanto il 27% degli intervistati lo riteneva un’occasione per essere valutati in maniera completa.
Potremmo ripercorrere le cifre dalla riforma Berlinguer ad oggi, ma avremmo uno spostamento di singole unità percentuali, determinato solo dal ripristino del giudizio di ammissione. Ma anche questo, alla fine, non ha modificato la sostanza del problema.
Il risparmio della spesa ha poi costretto a reclutare commissari esterni e presidente dallo stesso comune o distretto della scuola esaminata, con le conseguenze che si possono immaginare.
L’attuale forma d’esame, inoltre, non tiene in nessun conto la diversità dei percorsi di studi (licei, tecnici e professionali) somministrando le stesse tracce per italiano e non prevedendo nella seconda prova la possibilità di un’attività di lavoro sul campo anche per i professionali.
L’attuale sistema di punteggi non è assolutamente in grado di rappresentare la preparazione scolastica di un giovane: un
Infine, in una scuola dove praticamente non esistono quasi più risorse pubbliche per il funzionamento, questo esame di stato costa attorno agli 80 milioni di euro, per promuovere il 99% dei candidati. Non appare ragionevole discutere la proporzione tra questa spesa (ed il tempo investito) ed l’obiettivo da raggiungere (ammesso che questo sia chiaro) di una valutazione e selezione in base alle competenze acquisite ?
3. A questa sproporzione non basta ripondere sostenendo che in fondo l’esame assegna un punteggio che è pur diversificato, perché questo punteggio non lo utilizza più nessuno, né all’Università, né al lavoro. Questo esame - che pur tanti ragazzi e ragazze vivono come prova di personalità, molti dei quali con convinzione ed impegno personale - non verifica nulla, o al massimo torna a riverificare quello che è già stato verificato durante l'anno.
“Il caso serio” dell'esame di stato come vera prova dovrebbe essere ben altro: verificare se uno studente o una studentessa non solo hanno raggiunte la preparazione necessaria, ma soprattutto se sanno dare una impronta propria a ciò che hanno appreso, se sanno rapportarlo con il reale che li circonda. Forse, proprio a questo scopo, varrebbe la pena valutare seriamente la proposta di abolizione del valore legale del titolo di studio, così che la preparazione di uno studente valga per quello che effettivamente dimostrerà di sapere e saper fare. L’attuale situazione invece maschera realtà diseguali nei fatti, assai differenziati tra scuola e scuola.
Si potrebbe invece far sì che, con la preparazione effettiva ricevuta, lo studente, se lo desidera, si presenta a prove gestite e valutate da un sistema nazionale di valutazione "terzo" rispetto all’Amministrazione e all’istituto scolastico, ai fini di una certificazione credibile per i vari percorsi di inserimento nella vita attiva.
Rivedere le modalità di valutazione conclusiva degli studi delle superiori vuol dire anche rivedere l’impostazione di questi studi. Nessuna delle riforme fatte ha collegato le proprie scelte con l’ordinamento degli studi esistente. Ci sono fuori dall’Italia diversi utili esempi da cui imparare. Dalla Germania si può assumere, ad esempio, proprio il collegamento tra esame e impostazione degli studi. Là, l’esame di stato del secondo ciclo: è un atto interno all’Istituto; è determinato dai voti riportati negli scrutini degli ultimi due anni; valuta, sulla base di standard nazionali, sia elementi generali, ma soprattutto un lavoro di approfondimento personale su discipline scelte dallo studente nell’ultimo anno.
Roberto Pellegatta, dirigente scolastico DiSAL