Dibattito/Scuola e lavoro: responsabilità anche del mondo industriale


Italia Oggi -  14 ottobre 2014

Anche gli industriali hanno le loro colpe le la scuola è lontana dalla vita !

Per la disoccupazione giovanile una scuola nuova e l’impegno delle imprese

Con un certo disagio ho letto qualche giorno fa che, secondo Confindustria, le difficoltà dei nostri giovani nel trovare lavoro verrebbero da un’inadeguata preparazione scolastica e da un errato orientamento alle scelte. Da preside che per anni ha organizzato stages in azienda per migliaia di studenti, non riesco ad accettare questo richiamo unilaterale.

La nostra scuola italiana ha tante colpe che giustamente sono state elencate: troppe materie,  didattica arretrata, fatica ad accompagnare nelle scelte, un sistema scolastico rigido e spesso ancora chiuso al mondo esterno, un grande calo di ore di laboratorio e sapere pratico, l’assenza di norme a sostegno dei rapporti con il mondo del lavoro. Potrei continuare: chi meglio di un preside conosce i problemi della scuola !  

Ma tutte queste colpe sono, in gran parte, da ricondurre o ad assenza di norme o a cattive norme fatte in questi anni. In Italia non è mai stata fatta una legge che dia un quadro stabile ai rapporti tra scuole, formazione e aziende. Persino nella centralistica Francia da molti anni vi sono leggi che organizzano la collaborazione scuola-lavoro, con tanto di incentivi e sostegni. 

Ma che, pur in questo contetso, il mondo delle aziende si chiami fuori, oltre che unilaterale non corrisponde alla realtà nazionale.

Da anni qualsiasi Istituto Professionale e Tecnico (ed i pochi licei che lo fanno) che cerca aziende per le poche ore fattibili di stage, lo ha fatto con lunghe ricerche talvolta umilianti, di fronte a molti rifiuti che arrivano soprattutto nelle grandi aziende. Non sono certo 150 alunni presi, in Italia, all’Enel a documentare il contrario !  E’ noto, ad esempio, che le grandi banche nazionali da anni non accettano più giovani studenti. Ottenere a scuola un elenco di imprese del territorio da qualsiasi associazione di categoria è sempre … un’impresa, spesso impossibile. Naturalmente mi riferisco alle zone d’Italia dove il lavoro c’è. E, garantisco, sono ancora benevolo !

Poi siamo in Italia e gli stages in azienda (chiamarla alternanza è un po’ eccessivo !) alla fine si fanno (purtroppo neppure nella metà degli isituti italiani) solo con la dedizione di tanti docenti e presidi e la la disponibilità individuale e la buona volontà di artigiani, enti pubblici, imprese sociali e qualche imprenditore.

Credo sarebbe stato più bello sentire annunciato, durante il convegno, l’impegno di Confindustria (ma anche delle associazioni artigiane, commerciali, agricole, finanziarie) ad accogliere in tutte le aziende in Italia uno o più studenti per imparare il lavoro.   No: ricondurre le difficoltà maggiori alla mancanza di formazione e preparazione dei giovani, sarà pur vero ma mi pare troppo comodo, oltre che falsante quanto oggi è urgente.

Un’ultima nota: l’avvio di formazione scuola-azienda deve cominciare dal primo anno di scuola superiore, imparando dalla Germania (4% di disoccupazione giovanile !) e da tante altre nazioni (persino la Spagna ha iniziato a farlo): iniziare il terzo anno è troppo tardi per rimediare agli abbandoni e difficoltà dei giovani, causate per la maggior parte da una scuola troppo lontana dalla vita.

Roberto Pellegatta , dirigente DiSAL

 

 
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