Dirigenti Scuole Autonome e Libere
Associazione professionale dirigenti scuole statali e paritarie - Ente qualificato dal Miur alla formazione
Contributo della Associazione professionale Dirigenti Scuole Autonome e Libere
sul Rapporto del Governo italiano ‘La buona scuola. Facciamo crescere il Paese’
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Il Rapporto ‘La buona scuola. Facciamo crescer il Paese’, redatto dal Governo italiano per un rilancio del sistema scolastico, contiene alcune idee nuove ed innovative e sollecitazioni che ci interessa raccogliere con l’intento di contribuire al confronto che si è avviato nel merito tra i protagonisti della scuola e con il mondo del lavoro e delle imprese.
La scuola ‘buona’?
La scuola non ha bisogno di aggettivi qualificativi, perché ciò che l’educazione realizza è innanzitutto la presenza di adulti autorevoli e capaci di prendere sul serio la domanda di cultura, e perciò, di senso dello studente.
Un Rapporto governativo, nonostante le aspettative del promotore, non può suscitare un coinvolgimento appassionato e diffuso, ma al massimo può sviluppare un ‘buon’ dibattito. Mai come oggi c’è semplicemente bisogno che insegnanti, presidi e operatori siano messi in grado di fare scuola. Tout court, senza aggettivi di merito. Una scuola caratterizzata da autonomia e libertà: i termini giusti per indicarne natura e scopo. Come per altro già previsto nella normativa esistente e come accade in centinaia di esperienze e modelli di scuole e di reti di scuole statali e paritarie dove avvengono percorsi di studio e di apprendimento innovativi e liberi che devono essere semplicemente sostenuti, affinché si diffondano e diventino modelli praticabili per tanti.
A cosa serve la scuola
C’è un assunto nella premessa del documento chepreoccupa: “… dare al Paese una Buona Scuola significa dotarlo di un meccanismo permanente di innovazione, sviluppo, e qualità della democrazia. Un meccanismo che si alimenta con l’energia di nuove generazioni di cittadini, istruiti e pronti a rifare l’Italia, cambiare l’Europa, affrontare il mondo.” Un assunto che identifica la scuola con un meccanismo, una catena di montaggio, in grado, se ben progettata, oliata e funzionante, di garantire direttamente sviluppo, cittadinanza, ricostruzione. Ciò tradisce una logica funzionalista che evita la domanda fondamentale in questo momento critico: a cosa serve la scuola? Quindi quali strumenti e soluzioni mettere in campo e garantire perché il contesto di ciascuna scuola sia messo in grado di realizzare il suo fine?
La scuola oggi non può più avere come scopo la semplice trasmissione di saperi e di competenze, la realizzazione efficiente di programmi e procedure, ma è chiamata a diventare sempre più luogo di proposta fatta da adulti che, nel rapporto quotidiano con i propri studenti attraverso le materie insegnate e la costruzione di un contesto formativo, ne sfidino il cuore e la ragione, impegnandoli in una verifica personale e significativa della realtà affinchè diventi cultura. Adulti preparati a questa sfida. E luoghi strumentati a questa possibilità.
Verso una ‘buona’ direzione delle scuole
Il documento ‘La buona scuola’ ha, tuttavia, il merito di riportare al centro del dibattito la scuola come un bene pubblico, cioè comune. Il tema della buona scuola è strettamente legato anche ad una buona direzione delle scuole.
Far funzionare le scuole implica disporre di un modello di direzione capace di sostenere spazi, modalità e strumenti, luoghi significativi in cui i giovani, con gli adulti, siano introdotti alla totalità della propria vita, aiutati ad essere, a comportarsi come soggetti e protagonisti.
Migliorare il sistema scolastico chiede la disponibilità dei decisori politici di rivisitare il profilo del dirigente scolastico in una nuova concezione di scuola autonoma. Per questo Di.S.A.L. ha scritto, lo scorso anno, un Manifesto per una nuova dirigenza nel quale sono contenute proposte di ridefinizione della figura dirigenziale all’interno di una scuola realmente autonoma. Il Manifesto DiSAL sostanzia la posizione assunta dalla Associazione in questa fase di discussione del nel D.D.L. 1557/2014, a favore di una specificità della figura del dirigente scolastico all’interno della dirigenza pubblica: l’urgenza, in questo momento di rinnovamento, di garantire il ruolo del prèside come motore dell’autonomia dell’istituzione scolastica, evitando di appiattire la sua funzione all’ambito burocratico amministrativo.
E’ necessario che il legislatore metta mano alla scrittura di un "nuovo stato giuridico della dirigenza scolastica" che rivisiti e riscriva il profilo professionale definito dall'art. 25 del Decreto Legislativo 30 marzo 2001, n. 165, dopo i suoi 14 anni in cui alcuni nodi sono venuti al pettine.
Stiamo partecipando come associazione professionale alla scrittura del Regolamento per il prossimo Corso Concorso per l’assunzione dei dirigenti scolastici: un’altra occasione, insieme ai diversi soggetti associatici ed il Ministero, di introdurre modelli che salvaguardino e innovino il ruolo del Dirigente scolastico nella prospettiva di una ‘buona’ scuola.
Criticità
Restano molte domande aperte e qualche perplessità:
assunzioni
- come è possibile assumere l’impegno di 150mila assunzioni senza implicare il tema delle risorse finanziarie?
- come è possibile parlare di organico funzionale delle scuole, che comporta l’aumento del 10% di personale per far fronte anche al problema delle supplenze, cioè parlare di un aumento della spesa, proprio in periodi dove abbiamo sentito fin’ora la necessità di provvedere a tagli e risparmi di spesa pubblica ?
rapporto tra scuola e lavoro
- come è possibile parlare di adesione al modello tedesco se quello prevede la doppia frequenza, a partire dai 14 anni, della scuola e del lavoro in azienda mentre questa misura nel Rapporto non è prevista?
- come si può parlare di “aumento di ore in azienda” per gli studenti degli Istituti Professionali e Tecnici ( come mai si escludono a priori i Licei?) con un passaggio da “100 a 200 ore annuali” di stage in azienda se poi paragonato a quanto avviene in Germania e Francia, in questi tempi segnalati dal Ministro Giannini come riferimento?
governo delle scuole
- come si fa a confermare come ottimale la previsione, prevista dalle ultime norme, di formare i futuri dirigenti scolastici che supereranno le prove di selezione del prossimo concorso statale imponendo la frequenza della Scuola della Pubblica Amministrazione, quando la funzione del prèside oggi necessaria per una scuola che si vorrebbe ‘buona’ non può che attingere, anche , a competenze relazionali, pedagogiche e direttive da formare e non solo quelle giuridico-amministrative?
Le proposte DiSAL
Intendiamo contribuire con alcune considerazioni e proposte .
MAI PIÙ PRECARI NELLA SCUOLA
§ Organico funzionale
Ci vuole proprio un organico allargato, ovvero realmente ‘funzionale alle diverse esigenze: un organico nel quale siano considerati non solo docenti di ruolo a disposizione per supplenze, percorsi, specializzazioni (sostegno, aiuto ai BES, insegnamenti linguistici per alunni extracomunitari…), ma che comprenda anche, a pieno titolo, tutte le figure interne ed esterne che collaborano all’offerta formativa come, ad esempio, documentaristi, assistenti per le autonomie, figure tecnico-informatiche, psicologi e/o pedagogisti, consulenti, progettisti… .
SCUOLA DI VETRO
E’ sotto gli occhi di tutti che l’autonomia senza responsabilità non funziona e che dunque occorre valutare il sistema scuola, ma i processi di valutazione, che vanno posti in essere da organi terzi, vanno strutturati in termini di miglioramento educativo e non limitati alla valutazione delle performance della categoria apicale. Tale scelta operativa porta al risultato di un appesantimento burocratico ulteriore e di un altro costo inutile per il paese. E’ già chiaro nella vigente normativa quali siano i risultati che devono raggiungere tutti i lavoratori della scuola: i processi di valutazione scolastica dunque o vanno resi operativi nei riguardi delle performance di tutte le categorie del personale scolastico o servono a poco e certo non ad avere contezza dei risultati raggiunti dalle scuole italiane.
SBLOCCA SCUOLA
Le norme per rendere operativa l’autonomia scolastica ci sono, ma è sotto gli occhi di tutti che, per il momento,il centralismo burocratico non accenna a diminuire e che vi è invece una diminuzione esponenziale delle risorse finanziarie destinate alla scuola Vi è poi il problema di identificare, nella giungla di articolazioni decisionali, chi governa oggi la singola scuola statale: occorre ridefinire il profilo giuridico della dirigenza dentro un sistema in cui sia presente anche un organo di gestione con chiare responsabilità decisionali ed una corretta attribuzione di compiti alle diverse figure di sistema ( D.S.G.A:, collaboratori del dirigente, figure di staff).
LA SCUOLA DIGITALE
Gli Uffici amministrativi delle scuole ogni giorno sono subissati da innumerevoli adempimenti amministrativi che con un’adeguata digitalizzazione dei sistemi centrali potrebbero benissimo essere evitati. Un esempio per tutti: la presenza di omocodie, cioè presenza in più fasce delle nuove graduatorie di istituto di aspiranti con medesimo codice fiscale. Si tratta di reali omocodie od errori di digitazione delle segreterie? Tutto bloccato. Nel frattempo, le scuole, senza graduatorie e senza insegnanti, sono impegnate in controlli incrociati e verifiche manuali a causa di un sistema informatico centrale di gestione che non ha alcun meccanismo di controllo in sede di inserimento dati, che invece esiste da tempo (ad esempio nel comparto della Sanità).
E poi: a quando gli investimenti sulle infrastrutture necessarie per avere un accesso digitale efficiente ed efficace? Dove sono le “autostrade informatiche” che devono garantire il collegamento ai server per lo scambio dei dati abbassandone i costi di utilizzo ?
NUOVE DISCIPLINE E NUOVE ALFABETIZZAZIONI
Siamo prossimi al completamento del primo quinquennio di applicazione del riordino del II ciclo che prevedeva, nei regolamenti attuativi, una revisione triennale dei percorsi di istruzione (art. 7). Il Ministero non ha avviato alcuna revisione per il II ciclo che è invece necessaria sia per valutare l'impatto sugli apprendimenti delle novità introdotte, sia per leggere i cambiamenti imposti da aspetti correlati ai curricoli (ad esempio lo sviluppo delle alternanze scuola lavoro). Tale lettura va fatta, sul modello francese, con un dettagliato questionario a risposte chiuse sulle principali problematiche da sottoporre in breve tempo ai dirigenti scolastici così da avere un riscontro reale dell’esperienza quinquennale.
A questa assenza di revisione fa da contraltare la proposta del Rapporto ‘La buona scuola’, che ripropone, però, la vecchia logica delle modificazioni ordinamentali per aggiunte successive (l’inserimento dell’insegnamento della storia dell’arte, della musica, delle discipline economiche, delle lingue straniere con la metodologia del CLIL e del coding dell’informatica) che prosegue quanto già fatto dal Ministero precedente con l’aggiunta dell’ora di geografia nel biennio dei tecnici e professionali. Di questo passo non é difficile ipotizzare un ritorno all’indietro alla scuola secondaria di II grado di 40 ore settimanali riempite tutte di "necessità disciplinari" estemporanee sostenute di volta in volta da specialisti o gruppi disciplinari accademici.
L’unica via d’uscita alla problematica delle “discipline assenti” resta quella di stabilire (sui modelli dei migliori ordinamenti europei) quanto appartiene in modo indispensabile al “curricolo nazionale” per lasciare invece ampia autonomia alle Istituzioni scolastiche autonome (appunto!) per le curvature legate al territorio. Ovviamente non è pensabile che musica, arte, economia vengano considerate discipline da aggiungere. Il problema ha due versanti:
- dalla scuola secondaria di primo grado le prime due vanno modificate da “teorie studiate” a “pratiche applicate”;
- per il secondo ciclo la dimensione economica e quella artistica (con le loro conoscenze essenziali) debbono appartenere all’insegnamento della storia, mentre la musica deve essere sostenuta non come studio ma come pratica di strumento (che ha fatto grande la pratica musicale della scuola tedesca) resa possibile con risorse messe a disposizione delle attività che vanno ad integrare l’offerta formativa (in stretta unione con tutta la miriade di enti musicali presenti in ogni quartiere e paese italiano), con la possibilità delle Istituzioni Scolastiche Autonome di utilizzarla anche negli spazi di autonomia curricolare.
FONDATA SUL LAVORO
a- Una modifica radicale del regime di apprendistato formativo, in periodo di obbligo scolastico, attraverso il sistema duale, dove l’istruzione e formazione professionale sia fatta alternativamente a scuola e in azienda, con una progressione che, a partire dai 15enni, arrivi, al terzo anno di formazione, ad almeno quattro giorni la settimana in azienda. Ma occorre che i rappresentanti del sistema produttivo si rendano corresponsabili del percorso e dei contenuti formativi così che questi abbiano relazione con le competenze lavorative. Per questo occorre però che le imprese accettino di fare della formazione professionale un elemento di fierezza aziendale.
b- Un sistema di incentivi alle aziende in forma o di detrazione fiscale (Francia) per chi ospita giovani in tirocinio, o attraverso un contratto di apprendistato che, a fronte di un salario minimo, permetta alle aziende l’impiego degli apprendisti in alcune mansioni compatibili (Germania).
c- Un vincolo alle aziende a versare una quota dell’utile annuale al sistema di formazione, o come finanziamento diretto all’attività formativa dei futuri Uffici del Lavoro territoriali (sottoposti al controllo di risultato nell’utilizzo), o come scelta di “gemellaggio” con una o più scuole tecniche o professionali della zona per il sostegno fattivo dei fabbisogni di attrezzature e di formazione.
d- Una riforma dei nostri Uffici del Lavoro sul modello delle Camere del Lavoro tedesche, che, oltre alle competenze sul lavoro e le professioni, obblighi a sinergie sul territorio tra aziende, scuole ed enti locali sull’orientamento scolastico alle scelte prima e dopo
LA SCUOLA PER TUTTI, TUTTI PER LA SCUOLA
§ Le risorse finanziarie
Per trasformare le petizioni di principio in tabella di marcia è evidente che ogni Istituto scolastico che intenda offrire una seria proposta educativa - all’interno delle garanzie del sistema pubblico di istruzione regolato dai principi generali costituzionali di libertà, democrazia, sussidiarietà e autonomia - deve poter contare dal 1° di settembre in cassa su una dote finanziaria certa e adeguata agli scopi da raggiungere. La destinazione delle somme va rimessa nelle mani della scuola che decide le finalità di spesa sulla base del proprio Piano dell’offerta formativa che viene rendicontato alla comunità degli stakeholders del territorio.
§ Esame di stato del II ciclo di istruzione
L’Esame di Stato che ormai sopravvive solo in virtù dell’art. 33 della Costituzione e rappresenta una prova inutile perché ripete quanto già fatto durante l’anno e promuove praticamente tutti i candidati. Un esame, che costituisce un doppione “sincopato” delle verifiche dell’anno, conservando la logica autoreferenziale che sottrae a verifica anche il lavoro svolto dai docenti: uno spreco di risorse e di tempo che, cosa ben più grave, rinvia la verifica del merito ad altri appuntamenti, universitari o lavorativi che siano, danneggiando in questo modo solo i giovani.
Posto il cambiamento intervenuto nella scuola, soprattutto in ambito tecnico e professionale, serve una forte semplificazione dell'esame finale per legarlo alla certificazione delle competenze effettivamente acquisite.
Chiediamo l’impegno del Governo o del Parlamento a presentare entro questo anno scolastico una norma per l’abolizione di questo esame di stat con l’introduzione di moderne modalità di certificazioni finali che valorizzino il percorso e le esperienze realizzate dallo studente nell’ultimo anno, per giungere quanto prima alla abolizione del valore legale del titolo di studio.
§ Valutazione del sistema scolastico
Una autonomia senza responsabilità non può funzionare: è, dunque, importante valutare il sistema scuola, ma i processi di valutazione, che vanno posti in essere da organi terzi, vanno strutturati in termini di miglioramento educativo e non limitati alla valutazione solo delle performance dei Dirigenti scolastici che non si vogliono sottrarre alla valutazione prevista dalla Direttiva MIUR 18.09.2014 n°11 sul Sistema Nazionale di Valutazione, con il relativo riconoscimento retributivo; questa valutazione va, però, effettuata contestualmente a quella dei diversi altri soggetti autori del processo formativo (docenti, personale ATA, funzionari).
Nelle ricerche internazionali un fattore correlato ai livelli di apprendimento e il tasso di autonomia delle istituzioni scolastiche che nel documento della buona scuola non sembra una priorità.
Senza strumenti di autogoverno e di reali spazi di autonomia le scuole non avranno la possibilità di svincolarsi dalle routine e dagli schemi operativi del passato nè potranno intraprendere la strada della effettiva responsabilità rispetto ai risultati.
Quello che ci sta a cuore come Dirigenti scolastici è la difesa di una professionalità direttiva caratterizzata da compiti educativi: un contributo tecnico, culturale, scientifico specifico all’interno della dirigenza pubblica e una curvatura di competenze specifiche decisiva per un qualificato servizio pubblico di istruzione. La piena realizzazione di tale professionalità direttiva esige, a fianco del Dirigente, l’istituzione di forti figure collaborative quali quella di un Vicedirigente, di cui invece si propone la riduzione con la legge di stabilità, e quella di un Direttore Amministrativo cui affidare l’esecuzione di tutte le specifiche azioni amministrative e finanziarie, meglio valorizzato rispetto alla figura attuale e con compiti funzionali definitivi rispetto a quelli del Dirigente scolastico.
Conclusioni
‘Tutto questo è solo un esempio. Per ora è solo sulla carta. Adesso dobbiamo fare in modo che diventi reale in tutto il Paese’ : così viene chiarita la natura del Rapporto ‘La Buona scuola’ nell’ultima sua pagina.
La Legge di stabilità in discussione in questi giorni appare, invece, più ispirata ad una stabilizzazione di personale ed al risparmio che alla reale stabilizzazione e valorizzazione delle progettualità di chi nelle scuole già genera educazione con innovazioni didattiche, strumentalità, progetti ed esperienze di eccellenza.
Una distanza, pertanto, tra la scuola immaginata dal Rapporto e la scuola vera che vive e che chiede semplicemente di essere riconosciuta e strumentata. Meno annunci e più riconoscimento: questa la formula necessaria per il rilancio della scuola. E’ necessario passare da una ipotesi di tagli a quella di veri investimenti controllando ad esempio alcuni sprechi soprattutto nell’apparato centrale e periferico del ministero.
Noi siamo disponibili a collaborare e costruire, purchè il Rapporto non resti un libro dei sogni e si vedano fretta le gambe con le quali camminare e le mani con cui operare. Con responsabilità e tempismo.
Proposte giuste, per una buona scuola.
Milano, 13 novembre2014
Associazione Dirigenti Scuole Autonome e Libere