Monsignor Caffarra: il “coraggio di educare”.


“Esiste una destinazione al bene, che Dio ha inscritto nella persona dei vostri figli”
BOLOGNA, martedì, 15 marzo 2005 (
ZENIT.org).- Domenica 13 marzo, monsignor Carlo Caffarra, Arcivescovo di Bologna, nell’incontrarsi con i ragazzi che quest’anno riceveranno il Sacramento delle Cresima e i loro genitori, ha invitato quest’ultimi ad “un grande coraggio nel cuore, il coraggio di educare”.   “L’atto educativo – ha spiegato l’Arcivescovo – è il più grande atto che una persona possa compiere poiché esso ha per ‘oggetto’ una persona umana: fa essere una persona umana”, e “non esiste nulla di più prezioso nell’universo di una persona umana”.
Il prelato ha poi condiviso con loro le domande più assillanti di un genitore: “Chi diventerà, chi è capace di diventare questo bambino, questo ragazzo che è mio figlio? Che cosa sarà di lui? Quale sarà il suo avvenire?”.   L’Arcivescovo ha rilevato che queste domande non riguardano tanto “la capacità di fare”, quanto “la capacità di essere” e “l’uomo è capace di conoscere, capace di scegliere, capace di lavorare, capace di comunicare certamente; ma soprattutto capace di Dio [homo capax Dei]”.
Secondo Caffarra , la grandezza dell’uomo consiste nel fatto che “egli è chiamato ad entrare in un rapporto diretto ed immediato con Dio stesso”, e l’atto educativo è il più grande atto che una persona possa compiere perché “educare una persona umana significa renderla capace di vivere una buona vita temporale orientata alla sua condizione di eterna beatitudine”.   Alla domanda, quindi, se è possibile oggi condurre i figli alla pienezza della loro umanità, l’Arcivescovo ha risposto: “E’ possibile perché esiste Cristo, il quale rende i vostri figli capaci di pensare nella pienezza della verità; capaci di agire nella pienezza della libertà. In una parola: perché fa essere l’uomo nella pienezza del suo destino”.   “I figli crescono attraverso la grazia di Dio apparsa in Cristo, ma questa energia intima e divina che li fa crescere, ha bisogno di cooperazione da parte vostra”, ha sottolineato Caffarra ai genitori. “Voi siete i cooperatori di Dio stesso: lo siete stati perché vostro figlio potesse venire al mondo; lo siete ora perché vostro figlio possa crescere nella sua umanità fino alla pienezza della sua misura”.
“Ma qual è lo spazio in cui Cristo esercita la sua funzione di educatore? Qual è la ‘scuola’ in cui Egli è maestro e i vostri figli possono farsi suoi ‘scolari’?”, ha domandato l’Arcivescovo, rispondendo poi che “la scuola di Cristo in cui i vostri figli diventano suoi scolari è la Chiesa”.
“Se viene siglato un forte patto educativo, una vera e propria alleanza educativa fra voi e la Chiesa - ha ribadito il prelato -, voi diventate veramente cooperatori di Cristo, e la sua energia educativa trasformerà i vostri figli in persone umane pienamente realizzate”.  Per questo ha rilevato Caffarra “chi sceglie per i propri figli l’Insegnamento della Religione Cattolica (IRC) si pone dentro questa prospettiva; è consapevole che la conoscenza ragionata della fede cristiana sia indispensabile perché il proprio figlio cresca nella pienezza della sua umanità, che egli ha ricevuto in un preciso contesto culturale”.   L’Arcivescovo rivolgendosi ancora ai genitori dei cresimandi li ha poi tranquillizzati sulle loro normali preoccupazioni circa il futuro dei figli, sottolineando che esistono “ragioni che vi danno il diritto ad avere un ragionevole coraggio”.
“Esiste una destinazione al bene e alla pienezza della vita, che Dio stesso ha inscritto nella persona dei vostri figli e che mediante la Chiesa Cristo energicamente porta al compimento. Chi ci potrà sradicare da questo terreno? Niente e nessuno, se non siamo noi a volerlo”, ha affermato monsignor Caffarra.  “È questo fatto che vi dà il diritto di avere coraggio: il coraggio di guardare con serena fiducia al futuro dei vostri figli. E in esso, al futuro della nostra città e del nostro popolo”, ha infine concluso. (fonte: Zenit)

Monsignor Caffarra: il figlio è un dono o un diritto?
La procreazione artificiale limita la dignità delle persone al riconoscimento altrui, sostiene
BOLOGNA, mercoledì, 16 marzo 2005 (
ZENIT.org).- Intervenendo al Circolo della Caccia di Bologna il 14 marzo sul tema “Il figlio: dono o diritto?” Monsignor Carlo Caffarra ha analizzato i limiti etici della procreazione artificiale, dimostrando quanto possa essere lesiva dei diritti del concepito.  “Avere un figlio è un desiderio legittimo”, ha spiegato l’Arcivescovo di Bologna, “ma non ogni modo di soddisfarlo è giusto”.  Secondo Caffarra la procreazione artificiale in vitro (PA) “è un atto ingiusto, perché lesivo della fondamentale uguaglianza delle persone umane nella dignità”.  La decisione di ricorrere alla PA e le azioni poste in essere per realizzarla, configurano un rapporto fra genitore-concepito (in vitro) nel quale il valore di una concreta vita umana viene fatta dipendere dal suo “essere desiderata”. Tuttavia, ha osservato monsignor Caffarra, un rapporto fra persone umane costituito in tale modo pone le persone rapportate su un piano di disuguaglianza quanto alla loro dignità.
L’Arcivescovo ha precisato che “quello che i coniugi fanno, quando si uniscono sessualmente, si può descrivere intenzionalmente come un reciproco donarsi e precisamente nella totalità del loro essere uomo e donna”.  “L’interiore significato dell’atto coniugale come atto personale trascende quindi il contesto semplicemente naturale di copula e procreazione” mentre “la PA è sempre compiuta semplicemente per il desiderio del figlio”.  Con la PA “la bontà, il valore dell’esserci di una persona è condizionata dal fatto che un desiderio è soddisfatto: il figlio è un bene perché è desiderato! E quindi può valere anche il contrario: il figlio è un male quando non è desiderato”.   “Mentre chi compie l’atto coniugale può volere ‘servire alla vita’ e chi la crea, che è solo Dio”.
Caffarra ha aggiunto che “dal punto di vista del figlio generato in un rapporto sessuale coniugale. Il figlio, può solo dire: ‘Io esisto perché mi avete atteso!”.   E l’attesa da sola non istituisce un rapporto causale fra chi attende e la realtà attesa: “Attendere non è avere! Ed il figlio deve continuare, dicendo ‘…e Dio ha compiuto la vostra attesa!’”.    Poiché “l’esserci della nuova persona è dovuto esclusivamente alla volontà di Dio. E pertanto solo di fronte al Dio egli ne dovrà rendere conto”, ha affermato il prelato.
Per chiarire meglio l’Arcivescovo di Bologna ha detto che “la PA si configura come produzione di una persona umana” mentre “l’atto sessuale coniugale si configura come generazione di una persona umana”.   “La PA – ha concluso Caffarra – è lesiva della dignità delle persone perché la condiziona al riconoscimento degli altri. Nega cioè nei fatti che ogni vita umana è un bene in sé, attribuendo valore solo la vita umana ‘desiderata’”.   “E pertanto si infrange il precetto fondamentale della giustizia: non fare agli altri quello che non vuoi sia fatto a te. Nessuno vuole che il valore della propria vita dipenda dal fatto che essa soddisfi il desiderio di altri: vuole che sia riconosciuta incondizionatamente”, ha infine concluso. (fonte: Zenit)

 

 
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