Laurea,
dopo tre anni lavora uno su due Italia penultima nella classifica europea
da IlSole24Ore – 07 gennaio 2016 di C. Tucci
Poco più della metà dei
laureati italiani (per la precisione, il 52,9%) risulta occupato entro tre anni dalla laurea, il dato peggiore nell'Unione europea dopo la Grecia (qui i colletti bianchi con un impiego sono appena il 47,4 per cento). Peri diplomati la situazione è
addirittura da maglia nera: in Italia, sempre a tre anni dal titolo di scuola
secondaria superiore, ha un lavoro solamente il 30,5% del campione (siamo,
addirittura, all'ultimo posto contro una media Ue a 28 del 59,8 per cento). La fotografia è scattata da uno studio
Eurostat (dati 2014) e conferma una situazione molto difficile per
l'occupazione giovanile in Europa, particolarmente grave nel nostro Paese. Nel complesso, le persone tra i 20 e i 34
anni uscite dal percorso formativo occupate in Italia nel 2014 erano appena
i145% contro il 76% medio in Europa, indietro quindi di oltre trenta punti
percentuali. Rispetto ai Paesi nostri competitor
siamo molto distanti, per esempio, dalla Germania (il 90% del campione lavora
entro tre anni dal titolo qui si scontano i benefici del sistema di formazione duale,
che anche da noi ora si tenta di sperimentare); ma perdiamo terreno anche nei
confronti del Regno Unito (83,2%) e della Francia (75,2 per cento). L'Italia è in ritardo sia sull'occupazione dei
diplomati (per i diplomi professionali si registra il 40,2% di occupati a tre
anni dal titolo è un dato comunque migliore rispetto ai diplomi generici ma ci
si scontra contro il 73% medio Ue e 1'89,4% della Germania) sia su quella dei
laureati. Per l'educazione terziaria (dalla laurea breve al dottorato) l'Italia
si situa sempre al penultimo posto dopo la Grecia con il 52,9% (93,1% la
Germania). Di qui la necessità di potenziare il segmento professionalizzante (non
universitario) della formazione (da noi ci sono solo gli Its a cui si iscrivono
a malapena circa 7mila studenti). Per
l'Italia si è registrato un crollo delle percentuali di occupazione dopo il
titolo con la crisi economica e la stretta sull'accesso alla pensione che ha
tenuto al lavoro la fascia di età più anziana della popolazione. In particolare tra i12008 e i12014 la media
di giovani occupati a tre anni dal titolo nell'Unione europea è scesa di otto
punti, dall'82% al 76% mentre in Italia è crollata di oltre venti punti dal
65,2% a1 45 per cento. Nello stesso periodo in Germania la percentuale è
cresciuta dall'86,5% al 9o%, mentre in Francia è passata dall'83,1% al 75,2%.
Nel Regno Unito la percentuale è rimasta stabile passando dall'83,6% all'83,2
per cento. In genere i tassi di
occupazione dei laureati sono superiori a quelli dei diplomati (questi ultimi
risentono del tipo di diploma con un'occupabilità più alta per i titoli professionali),
ma l'Italia è all'ultimo posto in graduatoria nella percentuale di giovani
laureati. Sempre secondo le statistiche Eurostat,
riferite al 2014, sui giovani nella fascia trai 3o e i34 anni, gli italiani si
collocano "dietro la lavagna" per l'educazione terziaria con appena
il 23,9% di laureati a fronte del 37,9% della media Ue. Il dato è migliorato rispetto al 19,2% del
2008, ma meno di quanto abbiano fatto in media gli altri paesi Ue (la
percentuale era al 31,2% nel 2008 ed è quindi cresciuta di oltre sei punti
Diplomati,
pentiti della decisione post medie il 46% cambierebbe scuola o indirizzo
Almadiploma: mancano politiche orientative. Parte la
sperimentazione educare alla scelta
da
Italia Oggi – 5 gennaio 2015 di E. Micucci
Pentiti della scelta fatta a 14 anni in III media. Lo,
è quasi la metà degli studenti diplomatisi nel 2015. Il 46% di loro, infatti,
se tornasse indietro ai tempi dell'iscrizione alla scuola superiore cambierebbe
l'indirizzo di studio e/o la scuola. Mentre un'altra metà , il 53%, ripeterebbe
lo stesso corso. Ma rispetto ai compagni diplomatisi nel 2011, il 3% in meno di
studenti freschi di maturità quest'anno si iscriverebbero allo stesso corso nella
stessa scuola. Torna a mettere il dito nella piaga dell'orientamento scolastico
il XIII Rapporto sul profilo dei diplomati 2015, realizzato da AlmaDiploma e
presentato, giovedì, al Miur. Realizzato indagando 36.582 diplomati di 236
istituti, di cu il 75% di Lazio, Lombardia, Emilia-Romagna. Liguria e Toscana,
il Rapporto mostra che 12 ragazzi su 100 ripeterebbero il corso di studi
frequentato ma in un'altra scuola, 8 sceglierebbero un diverso indirizzo o
corso del proprio istituto e 27 cambierebbe sia scuola che indirizzo. Nei
professionali che si registra la quota maggiore di diplomati che cambierebbe
scuola e/ corso, il 50%, seguiti dai tecnici al 48% e dai licei al 45%. Ragione
principale, la possibilità di studiare materie diverse, che riguarda il 43% di
loro. Mentre il 21% cambierebbe per compiere studi che preparino meglio al mondo
del lavoro, il 14% per frequentare un percorso più adatto in vista dei
successivi studi universitari e il 21% per altre ragioni. Tuttavia i diplomati
2015 sono generalmente soddisfatti dei vari aspetti dell'esperienza scolastica
(81%). Alla vigilia della conclusione della scuola superiore però ai
ripensamenti si aggiunge l'incertezza sul percorso da intraprendere. Il 14% dei
diplomati non ha le idee chiare sul proprio futuro formativo e professionale.
Quota elevata nei tecnici dove raggiunge il 23%, seguiti dal 20% dei
professionali e dai licei, molto distanziati con solo 1'8% di incerti. Mentre
59 diplomati su 100 intendono iscriversi all'università , 16 pensano di cercare
un lavoro, 6 ritengono di riuscire a coniugare entrambe le attività . Mancano
adeguate politiche di orientamento e di diritto allo studio, ribadisce
AlmaDiploma. «L'attività di orientamento», sottolinea Renato Salsone, direttore
di AlmaDiploma, «oltre che fornire informazioni deve riuscire a formare dei cittadini
che sappiano compiere progressivamente scelte consapevoli nel corso della
propria vita e che siano in grado di gestire nel miglior modo possibile la
complessità e l'incertezza. Siamo pertanto di fronte alla necessità di una
"educazione alla scelta"», dalla primaria all'università e poi al
mondo del lavoro. «E la 'scelta' va sempre supportata ed 'educata' con
opportune azioni ed interventi di informazione e di formazione», osserva Mauro
Borsarini, presidente AlmaDiploma. E' la strada intrapresa dal percorso
sperimentale di orientamento per gli studenti del primo e del secondo ciclo
«Educare alla scelta» ideato da AlmaDiploma, in collaborazione con AlmaLaurea e
l'università di Bologna, a cui hanno partecipato 654 studenti del IV e V anno
delle superiori, il 42% liceali, il 44% tecnici e il 14% di istituti
professionali. «Attualmente è in corso la sperimentazione del percorso sul primo
ciclo, coinvolgendo oltre a studenti e docenti anche i genitori in un apposito
percorso di formazione», illustra Dina Gugliemi del dipartimento di scienze
dell'educazione dell'ateneo bolognese. «Non si può pensare di affrontare il
tema dell'orientamento senza prendere in considerazione tutta la filiera
educativa, a partire dalla scuola media», aggiunge Salsone. «La transizione tra
primo e secondo grado è forse la fase più delicata nell'ambito del processo di
scelta in quanto è fondamentale per il futuro successo formativo del ragazzo,
ma è anche il momento in cui maggiore è l'influenza esercitata dal contesto e
dalle famiglie. Per questo motivo le attività di orientamento devono essere
svolte dai docenti, opportunamente formati, coinvolgendo anche i genitori».
Dati
Eurostat: l’università italiana non garantisce occupazione
da Tuttoscuola.com
– 07 gennaio 2016
Commenti
preoccupati all'indomani della diffusione dei dati Eurostat, relativi alle
percentuali di occupazione dei laureati e dei diplomati nei 28 Paesi membri,
che collocano l'Italia in una posizione critica: penultimi in classifica, in
vantaggio solo sulla Grecia, siamo quasi il fanalino di coda in un'Europa che i
dati mostrano, invece, in forte fermento.
Per Mario
Panizza, rettore dell'Università degli
Studi Roma Tre, "I dati sono ancor più preoccupanti se si considera
contestualmente sia il dato dell'occupazione dei laureati (il 52,9% trova
lavoro entro tre anni, contro l'80,5% della media europea) sia che l'Italia è
all'ultimo posto in graduatoria nella percentuale di giovani laureati (nella
fascia tra i 30 e i 34 anni gli italiani hanno la maglia nera per l'educazione
terziaria con appena il 23,9% di laureati a fronte del 37,9% della media Ue).
Insomma, i laureati che lavorano entro i tre anni sono una minoranza della
minoranza dei giovani che si laureano".
Per porre
rimedio occorre che le Università promuovano cambiamento, valorizzando anche
"i corsi di laurea triennale con chiari sbocchi lavorativi e una
preparazione immediatamente professionalizzante".
Pertanto
"Roma Tre ritiene strategica un'inevitabile revisione delle forme
tradizionali della didattica universitaria, sia nei contenuti sia nei metodi,
che permetta - conclude Panizza – non solo di portare ad alto livello
l'istruzione professionale superiore, ma anche di rispondere concretamente alla
domanda proveniente dal territorio e dai contesti socio-economici e culturali
in cui l'ateneo stesso è inserito. Rafforzare il collegamento tra formazione e
mondo del lavoro, coinvolgendo sempre più gli stakeholder, può essere il primo
passo per far uscire dalle secche della crisi il mondo accademico
italiano".
Verrebbe
da dire: meglio tardi che mai, visto che le maggiori resistenze alla creazione
di un forte sistema di formazione tecnico-professionale superiore (interno e
–soprattutto- esterno, parallelo all’università ) sono arrivate finora sempre
dallo stesso mondo accademico italiano. Vedremo se alle parole seguiranno fatti
concreti.