Un tecnico su due trova lavoro. Ogni anno sono circa 60mila i profili che le aziende faticano a reperire
Sole 24ore – mercoledì 4 gennaio 2017 - ClaudioTucciC'è un numero che famiglie e studenti, alle prese dal 16 gennaio al 6febbraio con le iscrizioni alle scuole superiori,è bene,forse,che tengano in mente: è quello che ci anticipa Almadiploma e che continua a confermare come gli istituti tecnici siano un vero e proprio"passepartout" per il lavoro.
A un anno dalla maturità , infatti, il tasso di occupazione dei ragazzi tocca i146,9% (oltre i130% lavora e basta), con punte che arrivano al 57,6% nell'indirizzo «elettronica ed elettrotecnica». A superare i150% sono anche i periti usciti, sempre da 12 mesi, dagli «altri indirizzi tecnologici» e pure il percorso «economico-turistico» si attesta su un significativo 5o,6 per cento.
Numeri che potrebbero essere ancora più elevati se si considera che ogni anno ci sono circa 6omila figure professionali che le aziende fanno fatica a trovare (sono cioè «di difficile reperimento»); e che,guarda caso, corrispondono proprio ad altrettanti indirizzi offerti dal nostro sistema d'istruzione tecnica: dal meccanico al geometra, dall'agroindustria al tessile-moda, passando per l'informatica e il marketing.
Un vero e proprio peccato, con un tasso di disoccupazione giovanile che sfiora il 37 per cento. Riformati nel 2010 dall'ex ministro Mariastella Gelmini, oggi gli istituti tecnici sono strutturati in due settori (Economico e Tecnologico) e suddivisi in complessivi indirizzi. E si stanno scrollando di dosso l'etichetta, sbrigativa, di scuole di "serie B": anche gli ultimi dati OcsePisa, presentati giorni fa dall'Invalsi, hanno riconosciuto i buoni livelli di competenza raggiunti dagli studenti "tecnici", specie in matematica e nelle regioni settentrionali.
«Non è una novità visto che l'istruzione tecnica offre una preparazione di assoluto rilievo spiega Carmela Palumbo, dg per gli Ordinamenti scolastici e la Valutazione del Miur -.Dopo il diploma, l'università non è mai preclusa, e un'altra peculiarità di queste scuole è che rilasciano ai ragazzi una formazione professionalizzante utile alle aziende». Non c'è dubbio che,con l'avvento dilndustria4.0, la sfida per i prossimi anni «dovrà essere quelle di creare competenze di eccellenza in grado di saper gestire il nuovo modello di fabbrica sottolinea il vice presidente di Confindustria per il Capitale umano, Giovanni Brugnoli. In quest’ottica gli istituti tecnici hanno un ruolo centrale. Ma devono fare ancora alcuni passi avanti,per esempio,nella didattica, puntando su una maggiore flessibilità nei curricula per adattarli meglio ai contesti settoriali e territoriali di riferimento». «E la direzione tracciata dalla legge 107 risponde il sottosegretario, Gabriele Toccafondi -. Non torniamo indietro: vogliamo una scuola del sapere e del saper fare, che valorizzi pratica e vera alternanza». Del resto, l'attuale offerta formativa offre percorsi subito professionalizzanti: «L'approccio didattico è incentrato sui laboratori, presenti sia per le discipline scientifiche sia per quelle tecnologiche ricorda Maurizio Chiappa,preside dell'istituto tecnico Marconi di Dalmine (Bg).
Anche l'informatica viene approfondita bene, e si fa tanta formazione on the job: ciò permette di sviluppare il curriculo del ragazzo in funzione di ciò che serve realmente all'azienda».Insomma, l'istituto tecnico «è oggi la vera scuola delle competenze aggiunge Mauro Borsarini, dirigente dell'«Archimede» di San Giovanni Persiceto (Bo) e numero uno di Almadiploma -. Anche grazie alle nuove tecnologie gli studenti sono subito motivati e pronti a mettere in pratica ciò che imparano». E l'appeal nei confronti dei periti si vede: è un pò trasversale in quasi tutti i rami dell'attività economica, dall'industria, all'agricoltura, ai servizi. Inoltre, i contratti offerti ai ragazzi in un caso su cinque sono di natura stabile (a carattere formativo, ma anche a tempo indeterminato). Certo, lo stipendio, ci dice ancora Almadiploma, oscilla, a seconda dell'indirizzo, dagli 800 ai poco più di mille curo. Ma proprio una maggiore specializzazione, in prospettiva, potrà portare a buste paga più pesanti.