Dirigenza scolastica e reggenze: 21 scuole e 3000 alunni


La preside che dirige 21 scuole e 3 mila alunni: «Faccio pure supplenze»
Corriere della Sera – 7 marzo 2017  -  di Valentina Santarpia

Paola Bellini si sposta tra due province, Cremona e Brescia, e diversi Comuni: a volte dimentica anche di pranzare. «Passo tante ore in macchina per andare da una scuola all'altro, parlo molto al cellulare, ma non perdo mai il sorriso: la passione mi sostiene»

Quando le hanno proposto di dirigere come reggente l’istituto comprensivo di Vescovato, in provincia di Cremona, ha tentennato: Paola Bellini, 45 anni, era già titolare di una scuola di Pontevico, in provincia di Brescia, con 8 plessi. Sommando i 13 edifici della assegnazione provvisoria, sparpagliati su sei Comuni diversi, si arrivava a 21. Un record in Italia, anche al Nord dove l’accorpamento delle scuole in istituti comprensivi dopo la riforma Gelmini ha reso la gestione multipla una prassi, come segnala il presidente dell’associazione presidi della Lombardia, Massimo Spinelli. «È solo il terzo anno che sono dirigente scolastico, e mi sono detta: non è cosa da poco. Ma non potevo tirarmi indietro: conoscevo benissimo l’istituto di Vescovato, ci ho lavorato per anni come docente, e c’è stata una mobilitazione per spingermi a occupare quel posto rimasto vuoto».

I 1233 dirigenti super-eroi

E così anche Paola dal 31 agosto scorso è entrata nel piccolo esercito dei 1.233 presidi che devono, per colpa di un concorso che tarda ad arrivare, barcamenarsi tra migliaia di alunni, decine di professori, centinaia di scartoffie. Macinando chilometri, manco a dirlo: «Passo ore e ore in macchina — racconta lei —. Vado da una scuola all’altra per incontrare docenti, assolvere compiti burocratici, mandare avanti progetti, farmi conoscere anche dai miei 3 mila alunni. E quello che non riesco a fare dal vivo, cerco di risolverlo al telefono: ho una scheda illimitata, così posso chiamare chi ha bisogno di me. Rimborsi spese? Non ce ne sono: credo che quei 700 euro lordi che dovrei avere in più in busta paga a fine mese serviranno a coprire le spese». Pasti esclusi. Paola spesso non riesce neanche a pranzare: una collega le ha appena regalato una confezione maxi di cracker per ricordarle di sgranocchiare qualcosa tra un’incombenza e l’altra. Affannata? «Un po’. Le mie giornate iniziano poco prima delle 9, quando accompagno mio figlio di 10 anni a scuola, e finiscono in un orario variabile tra le 18 e le 23, in base alle riunioni e al lavoro che mi porto a casa: quando c’è l’autovalutazione o il piano dell’offerta formativa lavoro anche nel weekend».

La giornata tipo, reperibilità 24 ore su 24

Una giornata tipo? «Prima di tutto ci sono gli appuntamenti con sindaci, genitori, insegnanti — racconta, munita di agenda — poi l’organizzazione scolastica, poi il vaglio della progettazione e poi... poi devo andare a casa e provare a mettere su qualcosa per cena», ride Paola. Che non nasconde un po’ di amarezza: «Ci chiamano presidi sceriffo e invece io e tanti altri colleghi lavoriamo senza sosta per fare tutto. Ci troviamo ogni giorno a dover risolvere emergenze, siamo responsabili legalmente dell’istituto, garanti della formazione, datori di lavoro, ma non siamo equiparati come contratto agli altri dirigenti statali. La riforma ha buone intenzioni ma i ritardi ci hanno penalizzato tantissimo: io stessa ho diversi buchi di professori e l’anno scorso sono dovuta andare a tenere una classe per non lasciarla scoperta. Se penso ai dirigenti che hanno solo una scuola, mi viene un po’ di rabbia. Ma non ho il tempo di soffermarmi. Sinceramente? Ogni tanto ci sentiamo lasciati soli».

Passione e famiglia

Chi glielo fa fare, allora, di presentarsi ogni mattina elegante, con tacco e sorriso, a scuola? «La passione. Quando vedo 300 bambini che mi vengono incontro passa lo sconforto. E poi c’è la mia famiglia. Sa cosa mi ha fatto scrivere mio marito dietro l’iPad che mi ha regalato? Più del mio meglio non posso fare».

 

 
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