Dibattito maturità: un esame di stato utile ?


Vogliamo avviare un dibattito tra i colleghi al fine di presentare una proposta di DiSAL per la riforma dell’esame di stato. Iniziamo con due articoli recenti tratti dalla stampa.

 

L’esame da parte dei commissari interni ha eliminato la tensione, ma anche l’interesse degli studenti.

Dalla nuova riforma atteso un maggior rigore. La maturità «fatta in casa» stressa solo i professori «I ragazzi sono sempre meno motivati, per noi un tour de force di preparazione». Lo scorso anno promozioni al 97 per cento.

 Ai ragazzini hanno tolto l'esame di quinta elementare: poco male, dicono i più, avranno tempo per misurarsi con la vita. I quattordicenni delle medie cominciano a farlo: a loro spetta la prima etichetta ufficiale: sufficiente, buono, distinto, ottimo. Un tagliando intermedio, si vedrà più avanti. Alla maturità, per esempio. Cinque anni di studi, la maggiore età, la patente, il diploma: un bel traguardo no? Mancano 42 giorni di lezione (alla fine dell'anno) e 63 a mercoledì 22 giugno, quando andrà in scena la madre di tutte le prove, scrivere in lingua italiana. «E nessuno che si agiti più di tanto, a parte ovviamente quelli che hanno sempre studiato sodo». Indifferenza, sentenziano molti insegnanti interpellati. «I ragazzi hanno capito che ci sono garanzie sufficienti e l'interesse, di conseguenza, sta calando di anno in anno; quest'anno pare proprio che lavorino al minimo sindacale».
È l'unica novità dell'edizione 2005 dell'esame di Stato che andrà in scena con i soliti numeri. Tondi: 500 mila, ventimila milanesi, sessantamila lombardi (lo scorso anno, agli spiccioli erano 491 mila, 23.872 e 61.277). Stessa ordinanza ministeriale, uscita il 21 febbraio, stessa emozione o paura, preoccupazione: molto vicine allo zero. Quarto anno della maturità «fatta in casa». I risultati? Strepitosi: lo scorso anno 97,26 per cento di promossi (erano 96,66% e 95,17% nei due anni precedenti, il 90,6% nel 1971, il 71,6% nel 1952).
A Milano, voto medio 76 su 100. «Indifferenza? Non esageriamo - si affretta a precisare un prof - non tutti gli studenti minimizzano. Certo, l'esame non fa più paura, le notti in ansia sono un ricordo, adesso cominciano a tremare la sera prima e basta. Non c'è dubbio, l'esame va rivisto». Lo dice anche la legge delega di riforma, all'articolo 3, lavori in corso, solo indiscrezioni: torna l'ammissione, tema e secondo scritto preparati dagli insegnanti, altre prove dall'Invalsi. Comunque sia, la maturità ha perso smalto e l'università si adegua (in Bocconi le selezioni si fanno prima dell'esame di maturità). Troppo poco peso al «credito scolastico», ovvero alla reale carriera dello studente (massimo 20 punti su 100), dicono in molti. Troppo peso alla terza prova «confezionata» in famiglia o «condizionata» dalle crocette messe a caso. Anche se, stando ai dati diffusi dal ministero, i quiz hanno perso appeal: lo scorso anno furono scelti dal 18 per cento delle classi, l'anno prima dal 21 per cento.
In aumento i quesiti aperti (dieci, quindici righe di risposta), con il 44,6 per cento di preferenze. Ma quanto vale davvero la maturità? C'è un tema-saggio, necessariamente breve (preferibilmente corretto), una manciata di quiz, la tesina-taglia-incolla. Tutto facilitato, familiare. Rimangono, però, i «riti»: le buste sigillate che arrivano da Roma, la ceralacca che sigilla compiti e verbali, i commenti al tema scelto dal ministro. Per ricordare, appunto, che la maturità rimane ancora «la Prova», quella che gli abitanti del villaggio continuano a chiedere ai loro ragazzi per entrare nel mondo adulto. Non possono più cacciare la tigre o costruire una lancia. Oggi, affrontano il tema, una versione, un problema. Con un po' più di indifferenza. L'ansia ce la mettono gli insegnanti: «Il documento di maggio da preparare, le simulazioni della terza prova, compiti, interrogazioni, riunioni. Poi finalmente commissari, vuole mettere?».
(Corriere della Sera 25 aprile 2005)  Giuseppe Tesorio

 

LO PSICOLOGO «Tanto vale abolire la prova La noia diventa un pericolo»

«Tutte le volte che si passa dalla paura alla noia succedono guai». Lo psicologo Gustavo Pietropolli Charmet, psicologo e direttore dell’associazione l’Amico Charly, non rimpiange la vecchia, temuta maturità. Anzi: «Se deve essere così, tanto vale eliminarla».
Perché?
«È come il servizio militare: una volta faceva paura, poi i ragazzi hanno iniziato ad annoiarsi mortalmente».
Cosa suggerisce, allora?
«Converrà prendere in considerazione l’idea di lasciare questi ragazzi liberi a 18 anni, anticipando l’ingresso all’università e al mondo del lavoro, come succede nel resto d’Europa».
Solo quattro anni di superiori?
«Ma sì. I ragazzi non hanno voglia di rimanere incollati ai banchi. Vorrebbero liberarsi dal dominio delle mamme travestite da maestre».
E l’esame?
«Meglio una bella festa di fine anno e non ostinarsi a mantenere vecchi riti svuotati di significato. Non è un esame burletta a rendere i diciannovenni più motivati. Anzi, li mortifica».
Neanche se la maturità fosse quella di una volta?
«Anche se solo il 40 per cento fosse promosso, non sarebbe comunque un evento collegato all’ingresso nel mondo adulto. A 19 anni si vota, si guida, si è autonomi. Eppure questi giovani adulti - neanche più adolescenti - devono sostenere prove e interrogazioni. Meglio chiudere questo lungo soggiorno sui banchi e passare a un ambiente più stimolante».

(Corriere della Sera 25 aprile 2005)

 
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