La scuola in Europa: presidi in Spagna


Spagna  -  Scuola dell’infanzia obbligatoria da 3 a 6 anni?

Diventerà obbligatoria la scuola dell’infanzia spagnola? E’ quello che chiede il Consejo Escolar, il corrispettivo spagnolo del nostro Cnpi, per i bimbi dai 3 ai 6 anni. La scuola materna spagnola è divisa in due cicli uno da 0 a 3 anni e uno, cosiddetto prescolar, dai 3 ai 6 anni. Se la richiesta del Cnpi spagnolo fosse esaudita, sarebbe questo troncone a diventare obbligatorio. Finora entrambe i cicli sono volontari, ma da un anno anche alla scuola materna, dove molte scuole sono private, è stata estesa la gratuità, col risultato che anche tutte queste scuole private hanno così ottenuto il finanziamento pubblico. Si è trattato evidentemente un beneficio indiscutibile per l’utenza, ma che fino ad allora nel privato riguardava solo le scuole dell’obbligo convenzionate, in base ad un ferreo principio per cui obbligo e gratuità dovevano corrispondere. Tale principio è stato aggirato dalle Loce, la riforma della destra, ma il finanziamento è stato riconfermato anche dal disegno di legge che i socialisti si apprestano a varare (Loe). Di qui la scelta del Cnpi spagnolo di avanzare una proposta che riproduca il meccanismo della convenzione, già in uso nell’obbligo, che da un lato offre più garanzie di correttezza e regolarità all’utenza e dall’altro offre la garanzia di una retribuzione stabile per i lavoratori di queste istituzioni, Della commissione permanente che ha avanzato la proposta fanno parte i rappresentanti eletti di quattro sindacati (Comisiones Obreras, Stes, Ugt, Fsie), di due associazioni padronali, delle confederazioni laica e cattolica dei genitori (Ceapa e Concapa) e di due associazioni studentesche (Canae e Ces), oltre ai rappresentanti delle amministrazioni scolastiche.


Spagna  -  Chi scegliera’ il preside?

Tra le questioni aperte dalla nuova riforma della scuola spagnola (Loe) che abrogherà l’ancor recente riforma della destra (Loce) vi è quella della nomina dei capi di istituto.  La Loce prevedeva che la nomina dei presidi fosse praticamente avocata alle amministrazioni delle singole comunità regionali dalle quali in Spagna dipende la scuola, mentre la nuova legge restaura in qualche modo le prerogative elettorali del corpo docente.   La Loe infatti prevede che presidi e direttori siano scelti da una commissione per un terzo eletta dai collegi dei docenti, per un terzo dai consigli di istituto e per l’ultimo terzo dall’Amministrazione.  La Loce invece prevedeva (e la cosa è già in vigore da quest’anno) che fino al 70% delle prerogative appartenessero all’Amministrazione e almeno il 30% alle singole scuole. Di quest’ultima parte almeno il 50% doveva scaturire dalla scelta dei collegi dei docenti.  Però, come si diceva poco prima, le amministrazioni scolastiche spagnole sono regionali e questo aveva già portato a comportamenti differenti a seconda che la regione fosse amministrata dalle sinistre o dalle destre. Nel primo caso l’amministrazione si accaparrava dal 25% al 50% dei poteri, mentre nel secondo si andava dal 40% al 60%. 
Prima ancora della Loce invece i presidi venivano praticamente eletti dai Collegi docenti.  Già sotto il franchismo mentre per i direttori della primaria esisteva un ruolo specifico, i presidi della secondaria erano scelti dall’Amministrazione, allora ancora centrale, ma dentro una terna di candidati proposta dal collegio dei docenti.  Subito dopo il franchismo, nel 1980 la legge sullo statuto degli istituti scolastici (Loece) stabiliva che all’elezione dei capi di istituto concorressero per il 50% l’Amministrazione sulla base delle proposte dei collegi e per il 50% i rappresentanti dei docenti.  Nel 1985 la legge sul diritto allo studio (Lode) passò questo potere tutto ai consigli di istituto, sempre sulla base delle indicazioni dei Collegi, i cui rappresentanti sono la maggioranza.
Nel 1990 la prima riforma della scuola varata dai socialisti (Logse) non modificò tale norma. Ma nel 1995 la legge sulla partecipazione (Lopeg) introdusse per i candidati alla carica la preventiva frequenza di un corso di 50 ore di gestione e amministrazione, la valutazione ispettiva sull’aspirante e la presentazione di un programma da parte del candidato, che poteva anche presentarsi già con il suo staff (vicepreside e segretario amministrativo). 
Si sa comunque che a questa procedura elettorale (che di fatto ha sempre messo i presidi e direttori alla merce dei collegi ogni quattro anni), non è sempre corrisposta altrettanta disponibilità sul fronte dei docenti.

La scelta attuale è osteggiata naturalmente dalle destre ma è condivisa dai due principali sindacati degli insegnanti, Comisiones Obreras e Stes. Anzi quest’ultimo sarebbe favorevole a ridare tutto il potere ai consigli di istituto.  Secondo un’inchiesta svolta tra tutte le componenti scolastiche, il 45% degli intervistati sarebbe favorevole a mantenere il potere ai consigli d’istituto su proposta del collegio, il 34% ad attribuirlo direttamente al collegi dei docenti e solo il 5% è d’accordo a darlo all’Amministrazione. Ovviamente i docenti non hanno alcuna disponibilità a modificare lo stato vigente. (fonte delle notizie: Cgilscuola)

 

 
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