Sentenze/Precari non partecipano al concorso Dirigenti


Concorso a dirigente scolastico, i docenti precari restano fuori

ITALIA OGGI - 07-08-2018 - Francesca De Nardi

II docente precario non può partecipare al concorso per dirigente scolastico. Lo ha sancito il TAR Lazio con la sentenza n. 7643 del 9 luglio 2018. La controversia ha per oggetto l'art. 6, comma 1 del bando del corso-concorso nazionale, per titoli ed esami, finalizzato al reclutamento di dirigenti scolastici presso le istituzioni scolastiche statali, il quale riservava la partecipazione al concorso ai dipendenti con una data anzianità di servizio, purché confermati in ruolo. In particolare il ricorso era stato promosso da un docente precario abilitato con 13 anni di servizio, il quale era stato ammesso in via cautelare al concorso con la seguente motivazione: «Ad un sommario esame della presente fase, i profili di censura non appaiono manifestamente infondati sulla base dell'interpretazione dell'art. 1 comma 618 della legge 296/2006 conforme agli approdi a cui è pervenuta la Corte di Giustizia con la sentenza pubblicata in data 8/9/2011 confermata anche con successiva decisione della stessa Corte di Giustizia del 18 ottobre 2012, situazione alla quale può equipararsi quella del docente che maturi il requisito di anzianità durante il periodo di servizio pre ruolo (TAR Lazio, terza bis, n.3288/2017).

Il Tar però, mutando l'orientamento espresso in sede cautelare, ha dichiarato la legittimità della clausola del concorso: l'esclusione dei docenti titolari di contratto a tempo determinato e non confermati in ruolo è giustificata e coerente con le finalità della normativa e non contrastante con i principi europei e nazionali. Secondo i giudici amministrativi, infatti, la «conferma in ruolo» del personale docente ovvero educativo non si risolve in un mero adempimento burocratico, ma presuppone, al termine dell'anno di prova, una valutazione positiva di tutto il percorso svolto, relativamente agli aspetti culturali, disciplinari, progettuali, didattici e relazionali delle diverse attività svolte ed esperienze maturate ai sensi degli artt. 4 e 16 del decreto ministeriale n.850/2015.

Pertanto, al dipendente confermato in ruolo si riconosce una professionalità superiore, perché specificamente accertata, rispetto a quello che abbia semplicemente prestato un servizio, anche se per lungo periodo. Analoghe considerazioni escludono il contrasto con la normativa europea a protezione dei lavoratori a termine, dato che il servizio precario è valutato al pari del servizio prestato a tempo indeterminato, e quindi non viene discriminato.

 

 
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