MondoVero/In Italia l’ascensore sociale è bloccato da tempo


Nel pubblicare questa notizia ricordiamo quanto già segnalato dal Rapporto annuale Censis 2018 in relazione alla scuola: “L’Italia continua a investire in istruzione e formazione un modesto 3,9% del Pil, contro una media europea del 4,7%. Solo quattro Paesi fanno peggio: Slovacchia (3,8%), Romania (3,7%), Bulgaria (3,4%) e Irlanda (3,3%)”. E’ chiaro che il basso investimento (dovuto al fatto che in Italia da decenni l’istruzione, cenerentola della politica, è considerata un “costo” e non un “investimento”) è, non l’ubica, ma tra le cause più importanti del fermo dell’ascensore sociale. (rp)

 

Bankitalia. Ascensore sociale bloccato: lavoro e ricchezza si ereditano

Avvenire  lunedì 17 dicembre 2018

Un rapporto evidenzia l'assenza di mobilità tra le generazioni, aggravata dalla crisi economica

L'ascensore sociale in Italia non funziona molto, anzi forse marcia al contrario e, secondo uno studio dei ricercatori della Banca d'Italia, istruzione, reddito da lavoro e ricchezza continuano a tramandarsi da genitori ai figli. Una tendenza tornata appunto in aumento negli ultimi anni e che porta il nostro paese fra quelli con meno mobilità fra generazioni, esponendolo peraltro a tensioni da quella parte della popolazione che parte svantaggiata. Le "condizioni di partenza" restano così decisive e largamente preponderanti per lo status specie se si considerano poi anche tutti gli altri fattori ambientali come quartieri di provenienza, scuole frequentate, amicizie familiari. Nello studio svolto dai ricercatori Luigi Cannari e Giovanni D'Alessio del dipartimento di Economia e Statistica della Banca d'Italia (ma lo studio non riflette necessariamente l'opinione dell'istituto centrale) non si danno ricette ma si sottolineacome "la mobilità intergenerazionale costituisca un elemento cruciale in termini di uguaglianza. Una società che registri possibilità di successo economico significativamente superiori in funzione delle fortune dei propri avi tende a generare scontento ed è fonte di possibili tensioni nella parte di popolazione svantaggiata. Tale circostanza costituisce poi un'alterazione dei principi di uguaglianza su cui si fondano le democrazie occidentali" e la nostra stessa Costituzione.

Basandosi anche sui dati delle indagini della Banca sui bilanci delle famiglie italiane tra il 1993 e il 2016, si nota come "uno dei canali di trasmissioni delle condizioni di benessere dai genitori ai figli è l'istruzione" e "le stime mostrano una elevata persistenza intergenerazionale nei livelli diistruzione". Nonostante l'istruzione pubblica e la scuola dell'obbligo, quest'ultima è in grado di compensare solo in parte le diseguaglianze di partenza. La scelta alle superiori è infatti condizionata e dipendente dalla scolarità dei genitori e"gli studenti si autoselezionano nelle diverse tipologie di istruzione secondaria (o nell'abbandono scolastico) sulla base dei risultati precedentemente conseguiti e della professione e del titolo di studio dei propri genitori. Tale meccanismo determina una segmentazione della popolazione di studenti (ad esempio tra licei e scuole professionali) fortemente correlata con le classi sociali di provenienza".

Sui redditi da lavoro "le stime dell'elasticità dei redditi da lavoro collocano l'Italia nel novero dei paesi a bassa mobilità intergenerazionale, confermando i risultati di precedenti studi" e "restituisce l'immagine di una società che tende a divenire meno mobile negli anni più recenti". Inoltre, l'analisi ha evidenziato un ruolo calante del fattore istruzione mentre "decisamente crescente è invece il contributo dei fattori familiari diversi dall'istruzione". Anche per la ricchezza si riscontrano valori che collocano l'Italia tra i paesi avanzati con livelli relativamente elevati di persistenza intergenerazionale; come per l'istruzione e il reddito, si riscontra una tendenza all'aumento della ereditarietà delle condizioni economiche in termini di ricchezza.

 

Padri e figli, stesso reddito e istruzione: l'Italia delle classi sociali bloccate. Studio di Bankitalia: in famiglia nessun miglioramento della propria situazione economica e di studio. Diplomi, lauree, reddito: situazione cristallizzata nelle generazioni successive. Ecco la “persistenza intergenerazionale delle condizioni economiche”. Ovvero: è sempre più difficile riuscire a migliorare la propria condizione

La Repubblica  -  di ROSARIA AMATO   -   17 Dicembre 2018

ROMA - Diplomato il padre, diplomato il figlio. Laureato il padre, laureato il figlio, e anche il nipote. E quel ch'è peggio, ad alto reddito il padre, e ad alto reddito le generazioni successive. In un'indagine appena pubblicata la Banca d'Italia la definisce "persistenza intergenerazionale delle condizioni economiche": significa che in Italia è sempre più difficile riuscire a migliorare la propria condizione sociale ed economica di partenza. Nell'ultimo rapporto sulla situazione del Paese il Censis pubblica una graduatoria europea della percentuale di persone che hanno migliorato la propria condizione socio-economica rispetto a quella dei genitori: l'Italia è all'ultimo posto, con una percentuale del 23%, inferiore alla media Ue del 30% ma anche al 26% della Lettonia o al 29% dell'Ungheria.
"La mobilità intergenerazionale costituisce un elemento cruciale in termini di uguaglianza", scrivono Luigi Cannari e Giovanni D'Alessio nell'indagine "Istruzione, reddito e ricchezza: la persistenza tra generazioni in Italia". Chi parte con un buon reddito ha la maggiore possibilità "di inserirsi e mantenersi nelle posizioni elevate della struttura occupazionale". Mentre l'istruzione non pesa più così tanto: è a partire dagli anni Novanta, osservano i due studiosi, che diminuisce la correlazione tra livello d'istruzione dei genitori e reddito dei figli: A contare di più, ormai da diversi anni, sono piuttosto le altre variabili: le entrate, la ricchezza, la posizione geografica, persino il quartiere. Per cui se le "caratteristiche diverse dall'istruzione" ancora nel 1993 determinavano in media la metà in media del reddito, nel 2016 invece pesano per i tre quarti.

L'Ocse stima che "potrebbero essere necessarie almeno cinque generazioni per i bambini nati in famiglie a basso reddito per raggiungere il reddito medio". "Significa 150 anni - osserva Stefano Scarpetta, direttore del dipartimento Lavoro e affari sociali dell'Ocse - è un paradosso tutto italiano: nonostante l'Italia abbia un sistema di accesso all'istruzione facile, poco costoso rispetto ad altri Paesi, se i genitori hanno un livello di istruzione al di sotto del diploma di scuola media superiore, i due terzi dei figli avranno un livello altrettanto basso. All'università arrivano già in pochi, e sono ancora meno quelli che si laureano. E l'Italia ha disinvestito in scuole tecniche di qualità". Per cui l'alternativa all'istruzione universitaria è il nulla:
"E' dagli anni Sessanta che abbiamo abbandonato il rapporto tra domanda e offerta di lavoro, nessuno ha più voluto fare un ragionamento su quello che potesse servire - dice il presidente del Censis Giuseppe De Rita - si è detto che la scuola non doveva servire per formare semilavorati per il lavoro, ma uomini e donne. Ha prevalso la dimensione umanistica, tutta la sinistra fece una lotta furibonda contro l'idea di una politica scolastica basata sul rapporto tra domanda e offerta, anche i cattolici erano d'accordo sul fatto che non si dovesse fare formazione per il lavoro e l'impresa. Per cui ora gli italiani fanno molti anni di scuola ma non sanno che farsene, e si piange sul fatto che i giovani laureati non riescono a trovare lavoro. Mentre è sbagliato investire tutto sullo studio, il lavoro s'impara soprattutto sul campo, è stato così anche per me, la ricerca sociale l'ho sperimentata, se avessi studiato di più sarei diventato magari un buon professore di sociologia, ma non avrei fondato il Censis".
Del resto, a partire dagli anni Settanta l'istruzione dei figli è legata sempre più a doppio filo a quella dei padri. Secondo l'indagine di Bankitalia è solo dal secondo dopoguerra fino agli anni Settanta che i giovani hanno avuto l'opportunità massima di fare il grande salto grazie all'istruzione, studiando di più e meglio rispetto ai loro genitori: dopo c'è stato un regresso. "La scuola maggiormente selettiva di quegli anni permetteva anche ai figli di genitori con reddito basso di emergere. In questo senso l'ascensore sociale funzionava di più - ammette Roberto Contessi, professore di storia e filosofia al liceo Giulio Cesare di Roma e autore del saggio "Scuola di classe. Perché la scuola funziona solo per chi non ne ha bisogno" - però c'era una percentuale altissima di bocciati e di persone escluse dal ciclo di formazione. La scuola selettiva era più premiante, ma per pochi, io non la rimpiango. Adesso è maggiormente inclusiva se si guarda ai numeri, ma quello che succede è che i giovani che ottengono i titoli di studio più alti sono quelli che provengono da famiglie agiate, in grado di trasmettere cultura e ricchezza. Il titolo di studio è più diffuso e meno discriminante, ma pesano altri fattori, a cominciare dal fatto che alcuni genitori sono in grado di mettere i figli in condizione di avere le conoscenze giusta. Pesa il contesto di provenienza, coloro che provengono da contesti svantaggiati sono di solito quelli che vanno peggio a scuola".
I risultati sono facilmente misurabili: quasi il 40% dei figli di lavoratori con occupazioni manuali, rileva l'Ocse, diventano a loro volta lavoratori manuali, e il 31% dei figli di genitori con retribuzioni basse mantiene questa condizione. "Solo il 6% dei figli di genitori con la scuola dell'obbligo arriva alla laurea", dice Scarpetta. E non sempre ne vale la pena: a parità di livello d'istruzione, spiega la Banca d'Italia, chi parte con un buon reddito di partenza ha maggiori probabilità "di inserirsi e mantenersi nelle posizioni elevate della struttura occupazionale".


Bankitalia: istruzione e status si ereditano (ancora) dai genitori

da Il Sole 24 Ore – 18/12/2018

L’ascensore sociale in Italia sembra davvero funzionare poco. Uno studio dei ricercatori della Banca d’Italia rivela che istruzione, reddito da lavoro e ricchezza continuano a ereditarsi da genitori ai figli, con una tendenza tornata in aumento negli ultimi anni e che portano il nostro paese fra quelli con meno mobilità fra generazioni. Le “condizioni di partenza” restano così decisive per lo status, specie se si considerano anche tutti gli altri fattori ambientali come quartieri di provenienza, scuole frequentate, amicizie familiari. E l’istruzione pubblica riesce solo in parte a compensare questa situazione.

I risultati dello studio
Nello studio, svolto dai ricercatori Luigi Cannari e Giovanni D’Alessio del dipartimento di Economia e Statistica di Bankitalia (ma la pubblicazione, si precisa, non riflette necessariamente l’opinione dell’istituto centrale) non si danno “ricette”, ma si sottolinea come «la mobilità intergenerazionale costituisca un elemento cruciale in termini di uguaglianza». «Una società che registri possibilità di successo economico significativamente superiori in funzione delle fortune dei propri avi – si legge nello studio -tende a generare scontento ed è fonte di possibili tensioni nella parte di popolazione svantaggiata. Tale circostanza costituisce poi un’alterazione dei principi di uguaglianza su cui si fondano le democrazie occidentali» e la nostra stessa Costituzione.
Basandosi anche sui dati delle indagini della Banca sui bilanci delle famiglie italiane tra il 1993 e il 2016, si nota come «uno dei canali di trasmissioni delle condizioni di benessere dai genitori ai figli è l’istruzione» e «le stime mostrano una elevata persistenza intergenerazionale nei livelli di istruzione».

La scuola
In questa situazione, la scuola dell’obbligo è in grado di compensare solo in parte le diseguaglianze di partenza. La scelta alle superiori, spiega lo studio, è infatti condizionata e dipendente dalla scolarità dei genitori e «gli studenti si autoselezionano nelle diverse tipologie di istruzione secondaria (o nell’abbandono scolastico) sulla base dei risultati precedentemente conseguiti e della professione e del titolo di studio dei propri genitori. Tale meccanismo determina una segmentazione della popolazione di studenti (ad esempio tra licei e scuole professionali) fortemente correlata con le classi sociali di provenienza».
Sui redditi da lavoro «le stime dell’elasticità dei redditi da lavoro – si legge ancora nella ricerca – collocano l’Italia tra i paesi a bassa mobilità intergenerazionale, confermando i risultati di precedenti studi». Anche per la ricchezza si riscontrano valori che collocano l’Italia tra i paesi avanzati con livelli relativamente elevati di persistenza intergenerazionale; come per l’istruzione e il reddito, si riscontra una tendenza all’aumento della ereditarietà delle condizioni economiche in termini di ricchezza.


Istruzione, lavoro e ricchezza? Si ereditano dalla famiglia

da Italiaoggi – 19/12/2018 - Emanuela Micucci

Bankitalia: la scuola non è più ascensore sociale

Istruzione, reddito da lavoro e ricchezza continuano a ereditarsi da genitori ai figli, con una tendenza tornata in aumento negli ultimi anni e che portano il nostro l’Italia fra i Paesi con meno mobilità fra generazioni. A sottolineare che l’ascensore sociale si è rotto è uno studio della Banca d’Italia sulla persistenza tra generazioni in Italia (www.banacaditalia.it/pubblicazioni). Le condizioni di partenza restano così decisive e largamente preponderanti per lo status, soprattutto se si considerano poi anche tutti gli altri fattori ambientali, come quartieri di provenienza, scuole frequentate, amicizie familiari. «La mobilità intergenerazionale costituisce un elemento cruciale in termini di uguaglianza», osserva lo studio. Ed evita forme di «tensioni nella popolazione svantaggiata». «Uno dei canali di trasmissioni delle condizioni di benessere dai genitori ai figli è l’istruzione», osserva l’istituto di palazzo Koch.

Sul banco degli imputati anche alcuni elementi che caratterizzano la struttura del sistema scolastico italiano che «contribuiscono al mantenimento delle diseguaglianze nei punti di partenza»: il giudizio all’uscita dalla scuola dell’obbligo è crescente con il livello di scolarità dei genitori, gli studenti si autoselezionano nei diversi indirizzi delle scuola superiore o nell’abbandono scolastico sulla base dei risultati precedentemente conseguiti e della professione e del titolo di studio dei propri genitori. In particolare, lo studio rivela che «la trasmissione intergenerazionale dei livelli di istruzione mostra un andamento calante per le generazioni nate fino alla metà degli anni Settanta, e un andamento crescente nelle generazioni successive».

I coefficienti di correlazione tra gli anni di studio dei padri e dei figli passano da valori prossimi a 0,55 per i nati prima degli anni Trenta a valori di circa 0,45 per i nati a partire dalla meta degli anni Cinquanta e fino agli anni Settanta. Per le generazioni successive si osserva un’inversione di tendenza. Il rendimento dell’istruzione ha un andamento oscillante negli anni, intorno al 6%. Gli anni di studio, invece, «sono sempre meno rilevanti nello spiegare la variabilità dei redditi da lavoro». Un risultato che si riscontra in particolare per gli anni dal 2000 al 2016. L’analisi ha, quindi, evidenziato un ruolo calante del fattore istruzione.

Decisamente crescente è invece il contributo dei fattori familiari diversi dall’istruzione. Come per l’istruzione e il reddito, «si riscontra una tendenza all’aumento della ereditarietà delle condizioni economiche in termini di ricchezza». Esaminando quanta parte della variabilità degli anni di istruzione di una persona è spiegata dalle sue condizioni di partenza, ovvero famiglia di origine e alcuni fattori (come il luogo di nascita e il sesso) che non sono sotto il suo diretto controllo, si riscontra un trend decrescente fino al 2006 (da 0,26 a circa 0,20), dal 2008 in poi nuovamente crescente, attestandosi nel 2016 su livelli analoghi a quelli del 1993.

 

 
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