DiSAL in Senato e alla Camera per la formazione docenti


Le Commissioni VII Istruzione del Senato e della Camera dei Deputati hanno avviato le audizioni di sindacati e associazioni professionali sullo Schema di decreto del Ministro Moratti per la riforma della formazione e del reclutamento dei docenti.

Dopo il form delle associazioni professionali di giugno DiSAL ha ribadito la valutazione fortemente negativa dello schema di decreto presentato dal ministro, prendendo atto anche della bocciatura della Conferenza Stato-Regioni e delle perplessità espresse persino dal relatore in Commissione della Camera, on. Angela Napoli, che DiSAL condivide pienamente.

DiSAL ha presentato in Senato (il 26 settembre) ed alla camera dei Deputati (il 29 settembre) il documento che segue oltre ad una analitica proposta di riscrittura dello Schema di Decreto, in allegato.

 

Di.S.A.L.- Dirigenti Scuole Autonome e Libere

Associazione professionale dirigenti scuole statali e paritarie – Ente qualificato dal Miur alla formazione

 

 

 

Milano, 26 settembre  2005                                                                                                         

Audizione alla Commissione VII Istruzione del Senato

 

Il nostro breve contributo sullo Schema di decreto legge per l’attuazione dell’art. 5 della legge 53/03 parte da una valutazione sostanzialmente drammatica dell’attuale esperienza delle SSIS, a causa del loro aureo isolamento nell’ambiente accademico, dell’assenza di rapporti con la scuola reale (salvo ricercala come puro terminale di invio per i tirocini), dell’astrattezza di gran parte dei curricoli di studio dei bienni universitari rispetti alla attività di insegnamento.

Ma parte anche dalla convinzione, che abbiamo ribadito di recente al Ministro con l’avvio dell’anno scolastico, dell’impossibilità  che il sistema del reclutamento da graduatorie regionali  possa sortire un qualche effetto per la qualità e per l’ammodernamento del nostro sistema scolastico statale.

Purtroppo lo schema di decreto presentato non toglie nulla di questi due “peccati d’origine” dell’attuale percorso di formazione e reclutamento degli insegnanti. Infatti in esso:

 

a- permane l’esclusiva della formazione universitaria all’insegnamento, lasciando le scuole attive solo nel momento dell’”anno d’applicazione” dopo la laurea, escludendo le istituzioni scolastiche e l’associazionismo professionale (c. 5 art. 4) da ogni ambito di programmazione e conduzione dei corsi, omettendo di affidare la formazione dei docenti a nuovi istituti, certo d’ordine universitario ma autonomi e gestiti insieme alle scuole ed agli organismi professionali,  inglobando funzioni e attività degli attuali IRRE. In questione qui non è se si debba o meno avere una formazione universitaria dei docenti, cosa già acquisita dalla legislazione vigente.  Se vogliamo restare nell’ambito di un sistema a gestione centralizzata l’unico modello di modernizzazione del percorso cui guardare è degli IUFM francesi. Dentro questa prospettiva il coinvolgimento delle scuole non avviene con la presenza di supervisori o docenti distaccati. Questi di fatto perdono contatto con la scuola per dedicarsi ad altro. L’unico coinvolgimento possibile passa attraverso la partecipazione effettiva dei rappresentanti delle scuole, dirigenti e docenti, alla progettazione e gestione dei corsi di formazione, alla selezione degli aspiranti, alla valutazione degli esiti, ad un tirocinio non simbolico ma di entrambi gli anni di corso, con valutazione pari ad almeno un terzo del punteggio finale;

 

b- si amplia una indebita ed esclusiva invadenza da parte delle formazione in servizio dei docenti (c. 4 dell’art. 6 e c. 2 dell’art. 7), togliendo questa importante funzione alle scuole stesse in primis ed agli organismi professionali;

 

c- manca una forte azione formativa di tirocinio guidato in collaborazione con le scuole “durante” il periodo di formazione iniziale. Per rendere poi la valutazione del periodo di applicazione post-laurea nelle scuole non la ripetizione dell’attuale liturgia corporativa del comitato di valutazione, occorre contestualmente la riforma dello stesso così che ci sia l’obbligo di acquisire il parere formale delle famiglie ed il divieto alla ripetizione dell’anno più di una seconda volta;

 

d- non esiste una esplicita istituzione (se non parlando di formazione) delle figure di carriera della docenza, ivi compresa la formazione della funzione direttiva quale terminale della carriera docente. Non è possibile parlare di formazione (c. 1c dell’art. 6) di figure che non esistono e non vengono istituite, come tentano di fare alcuni disegni di legge in materia di stato giuridico del personale docente e dirigente;

 

e- nulla viene detto (c. 7 art. 4) per mutare l’attuale rigidezza delle classi di abilitazione, con la conseguenza di mantenere in vigore tutto il sistema delle graduatorie attuali, causa principale del mal funzionamento delle scuole di stato e della assenza di qualità nella docenza e dirigenza. Tale rigidezza rimane un caso unico nella scuola Europea;

 

f- non viene intaccato in nulla, ma anzi viene consacrato definitivamente l’attuale sistema di reclutamento dei docenti per graduatorie regionali. E’ di questo parere persino la stessa relatrice alla Camera dei Depitati.  In particolare il punto più grave rimane il c. 1 e 2 dell’art. 5 dove è ben chiaro l’intento di non cambiare nulla del sistema attuale;

 

g- non si affronta in alcun modo il problema della riforma della formazione dei capi di istituto (dirigenti scolastici), da affidare (come avviene sempre in Francia) a centri di eccellenza come emanazione di istituti della formazione della docenza, né si sceglie di affrontare in ambito legislativo il problema del loro  reclutamento, lasciando questa materia alla contrattazione provata.

 

In passato, anche tramite il Forum delle associazioni professionali della docenza e della dirigenza istituito dal Ministro, abbiamo tentato di assumere di fronte alle varie proposte di Schemi di decreto una posizione costruttiva di collaborazione fino a presentare al Ministro articolati emendamenti.

Ma l’attuale testo non permette in alcun modo una azione emendativa poiché le ragioni sopra ricordate ne fanno un corpo costruito su di una logica antitetica a quella di cui ha effettivamente bisogno non solo la scuola attuale, ma soprattutto quell’immagine di scuola che “doveva” scaturire dalla riforma Moratti.

Non dimentichiamo infine (e la cosa assume ormai aspetti di seria drammaticità per chi ha dato la vita alla scuola statale ed è appassionato alla scuola degli alunni) che la professione docente oggi viene scoraggiata in tutti i modi, non solo per la condizione salariale (che pur non conta poco) ma anche per l’assenza di carriere, la  parità di lunghezza del periodo di formazione per tutti gli ordini di scuola, la presenza di una formazione astratta dalla realtà, la mancanza di figure con diversi impegni orari, la rigidezza delle classi di concorso.

 

Tutto questo nello sforzo di restare all’interno dell’attuale sistema statalista e senza affrontare quella che resta (come in tutta Europa e nelle giovani democrazie dell’est nei pesi ex comunisti)  l’unica via d’uscita per un sistema di reclutamento che avvii una nuova stagione di qualità e di ammodernamento della scuola italiana: quello del reclutamento diretto di dirigenti e docenti tramite concorsi pubblici indetti dalle istituzioni scolastiche autonome singole o associate (come avviene invece tutti i municipi, gli ospedali, le Asl italiane).

L’attuale riforma della formazione e del reclutamento statale dei dirigenti e dei docenti  è l’ultime occasione, specie in concomitanza con la riforma costituzionale del Titolo V.   E’ un po’ come per l’altro schema di decreto sul secondo ciclo.  La mancanza di uno scatto d’orgoglio e d’iniziativa politica oltre gli schieramenti (come avvenuto in diverse riforme scolastiche dell’ultimo decennio in Europa) troverà  il sistema scolastico italiano immobile per altri trent’anni, salvo, come da sempre avviene, la buona volontà di chi ogni giorno nelle nostre scuole si alza le maniche per avviare all’assenza di quello scatto d’orgoglio e di iniziativa.

 

 

 

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