Il tormentone delle supplenze: spese e meccanismo assurdi


Spesa eccessiva supplenti STOP - Urge cambio regole STOP

La notizia sulle spese miliardarie per telegrammi di supplenza che il Comune di Roma non intende più pagare per le scuole, riportata da Tuttoscuola (v. TuttoscuolaFOCUS del 12 settembre 2005), è stata ripresa da diversi organi di stampa, alcuni dei quali non hanno però capito le ragioni che sono all’origine del fatto, arrivando a parlare (a sproposito) di scuole "sciupone".
Riepiloghiamo i fatti, e approfondiamo nella nostra inchiesta una questione paradigmatica delle condizioni paradossali nelle quali per molti aspetti si trovano a operare le scuole italiane.
Stanco di pagare le migliaia di telegrammi che le scuole inviano ai supplenti per informarli delle proposte di supplenza, il Comune di Roma ha detto basta, dopo aver visto l’ultima bolletta telefonica bimestrale ammontante a 454.622,22 euro (IVA esclusa).
I telegrammi vengono dettati per via telefonica e gravano ovviamente sulla bolletta, ma il Comune, visto che non si tratta di comunicazioni telefoniche (i cui oneri sono a suo carico), con nota prot. n. 9976 del 20 luglio scorso, ha chiesto alle scuole il rimborso delle spese, trattandosi di oneri – quelli postali – che sono esclusivamente a carico dei bilanci scolastici.
Il Comune ha chiesto la restituzione di 808.248 euro al CSA di Roma che ha invitato, a sua volta, i dirigenti scolastici a non inviare più telegrammi per via telefonica, ma soltanto recandosi agli uffici postali, pena il danno erariale e la responsabilità di pagare di tasca propria.

Telegrammi in posta per supplenze. Difficoltà insormontabili per le scuole

Messe in guardia dagli ex provveditorati, le scuole - armatesi di pazienza - nei giorni scorsi hanno cominciato il loro pellegrinaggio al vicino Ufficio postale, ma hanno avuto una brutta sorpresa: i telegrammi si pagano in contanti o niente.
Le istituzioni scolastiche hanno sì un conto postale, ma per i telegrammi non è utilizzabile: occorre l'euro in contanti pronta cassa.
E allora? Sembrerebbe solo una delle solite incomprensibili complicazioni burocratiche, con le quali è abituato a convivere chi gestisce un istituto scolastico. Poco male. E invece no, l’obbligo di pagare in contanti diventa una difficoltà insormontabile: le scuole infatti non possono maneggiare contante, se non per minute spese che sono dell'ordine di qualche decina di euro e, quindi, non sufficiente.
Un caso di quotidiana normalità, verificato da Tuttoscuola: un istituto laziale (ma può valere per tutte le regioni) si presenta alle Poste per pagare 14 telegrammi (utili per nominare due supplenze e mezzo!). Costo 90 euro, che la dirigente scolastica anticipa personalmente in attesa che la segreteria incassi il reintegro per minute spese.
Ma non sarà possibile reintegrare quotidianamente, anche perché a quel ritmo, quella scuola (una sola) in un mese può tranquillamente arrivare a sborsare 2 mila euro in telegrammi. In un anno....
Se non cambiano le regole per questa procedura... del vuoto (su 14 telegrammi vi sono state solamente tre risposte di accettazione e 11 di rinuncia, pari quasi all'80% dei consultati) le segreterie delle scuole e le attività delle classi rischiano la paralisi.

Ma le scuole non sono sciupone

Perché è improprio parlare, come ha fatto qualche giornale, di scuole sciupone? Perché l’andamento abnorme dei costi per telegrammi è dovuto soprattutto a tre elementi derivanti dalla normativa attualmente in vigore sulle supplenze:
- l’invio di telegrammi a tutti gli interessati è un obbligo che hanno le scuole nei confronti dei possibili destinatari di proposta di supplenza;
- i supplenti hanno la possibilità di rifiutare la proposta di supplenza senza subire penale di alcun tipo (come avveniva anni fa con l’accodamento in fondo alla graduatoria se si rifiutava senza giustificato motivo la proposta di supplenza);
- l’alto numero di supplenti iscritti nelle graduatorie di istituto (i supplenti possono iscriversi fino a 30 graduatorie di istituti diversi) moltiplica le richieste delle scuole.
Ricordiamo che la procedura della comunicazione della proposta di supplenza mediante telegramma esiste da molti anni, ma che, prima dell’introduzione delle nuove regole per le supplenze scattate dal 2003 in applicazione del regolamento per le supplenze varato nel giugno del 2000, non aveva prodotto effetti di questa portata.
Per semplificare le procedure (e possibilmente ridurre anche in costi postali) è in corso presso il Miur in questi giorni un serrato confronto con i sindacati di categoria.


Costi vivi e occulti per cercare i supplenti. 110 milioni da spendere meglio

La ricerca quotidiana di supplenti nelle scuole elementari e materne ha due tipi di costi, il primo dei quali è quello dei telegrammi per informare gli aventi diritto della proposta di supplenza.
Abbiamo cercato di stimare i costi di questa procedura che, come abbiamo visto, è costata per i telegrammi circa un miliardo delle vecchie lire per un solo bimestre nel comune di Roma. Il che fa ritenere che l’intero anno scolastico quel costo possa tranquillamente raggiungere i 4 miliardi (più di 2 milioni di euro annui). E le Poste Italiane ringraziano.
Se si considera che gli istituti romani che hanno determinato quella spesa sono, tra direzioni didattiche e istituti comprensivi, 181, cioè il 3% di tutte le istituzioni scolastiche analoghe (6.033 in tutta Italia), si può stimare che nell’anno scolastico 2004-2005 siano stati spesi (a carico dei Comuni o a carico delle scuole) circa 69 milioni di euro (cifra che si può arrotondare per difetto o per eccesso, ma non è questo il punto).
Una bella cifra. Ci si potrebbero comprare 46 mila computer, oppure assegnare ad ogni classe di scuola elementare 500 euro da spendere per materiale didattico, o destinare 11.500 euro ad ogni singolo fondo di istituto per i compensi accessori al personale. Tanto per fare qualche esempio.
Fino a qui le spese vive. Ma un secondo onere, tanto ponderoso quanto non evidente, è quello del costo figurativo del personale amministrativo occupato nella ricerca di supplenti.
In passato bastava mediamente un’ora/un’ora e mezzo per smaltire la procedura quotidiana delle chiamate di supplenza. Oggi l’assistente amministrativo impiega solo per questa incombenza l’intera mattinata, quadruplicando il suo tempo di lavoro.
Poiché la quota oraria di stipendio lordo comprensivo degli oneri a carico dello Stato è di circa 11,50 euro, l’onere aggiuntivo figurativo è pari quindi a circa 40 euro al giorno.
Calcolando in almeno 170 le giornate di un anno scolastico dedicate alle chiamate per supplenza, un assistente amministrativo "costa" per l’aumento del lavoro rispetto alla situazione precedente 6.800 euro. Tale costo figurativo moltiplicato per le 6.033 istituzioni scolastiche coinvolte dà una bella cifra (virtuale ma non troppo) superiore ai 41 milioni di euro (virtuali 80 miliardi delle vecchie lire). Che si sommano ai 69 milioni stimati per i telegrammi, raggiungendo la ragguardevole cifra, tra spese vive e oneri figurativi, di 110 milioni di euro l’anno...


Giù le mani dai supplenti

È in corso in questi giorni presso il Miur un confronto sindacale per ridefinire alcune regole relative alle supplenze del personale scolastico.
Si stanno valutando le questioni relative alle supplenze su spezzoni di cattedra e su posti a part-time, ma non è mancato anche il riferimento alle recenti vicende dei costi telegrafici per chiamata di supplenza e alle procedure per il loro conferimento.
Dai comunicati dei sindacati sembra di capire che il Miur abbia chiesto di rivedere alcuni aspetti di procedura per ridurre i tempi e i costi, nonché per contenere il più possibile i disagi che l’eccessivo tempo della procedura determina sull’attività didattica, sui docenti in servizio e sui carichi amministrativi e organizzativi.
Sui principi generali tutto ok, ma sulle proposte concrete la musica cambia.
Mentre infatti il sindacato sembra d’accordo sull’ipotesi di un’eventuale riduzione del numero di graduatorie di istituto a cui i supplenti possono iscriversi, non vuole saperne di reintrodurre deterrenti di qualsiasi tipo per scoraggiare la rinuncia alla supplenza.
In tal senso è molto chiara la posizione sindacale espressa dalla CISL Scuola, che "a fronte dell’esigenza manifestata dal MIUR di introdurre correttivi al riguardo (al fine di semplificare e ridurre i costi delle convocazioni, con particolare riferimento alla scuola dell’infanzia e primaria) ha sottolineato - pur condividendo la necessità di rendere più celeri, trasparenti e certe le procedure di assunzione - l’indisponibilità a modifiche penalizzanti per il personale precario".
Come dire: accodamenti per rinuncia ingiustificata? No grazie. (fonte: Tuttoscuola)

 
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