Fonte: Il sussidiario.net. Articolo di Andrea caspani del 10.09.2024. La storia di Franz e Franziska Jägerstätter: così la fede li ha resi liberi di fronte al nazismo, che giustiziò il giovane contadino tedesco ora beato
Il numero di Lineatempo di più recente pubblicazione costituisce per tanti aspetti un numero speciale: in primo luogo perché vuole accompagnare con i suoi contributi ed approfondimenti l’importante mostra Franz e Franziska, non c’è amore più grande del Meeting di Rimini 2024, che ha presentato al più ampio pubblico la luminosa esperienza di fede e di resistenza nonviolenta al regime nazista di questo giovane contadino austriaco, che verrà giustiziato il 9 agosto del 1943 e proclamato beato il 26 ottobre 2007. Il dossier della rivista è intitolato Il primato della coscienza e la resistenza al nazismo e permette di allargare il quadro di riferimento storico della mostra e di approfondire alcuni temi di riflessione culturale fondamentali per comprendere meglio il senso dell’esperienza di Franz Jägerstätter, a nostro avviso preziosi per chi vuole vivere un’esperienza di pienezza umana nel cammino di fede anche nell’oggi.
Viene infatti presentata un’analisi ampia ed articolata della dinamica esistenziale che ha caratterizzato l’esperienza di Franz (ad opera del filosofo Sante Maletta) e poi un approfondimento sulla figura della moglie Franziska (di Erna Putz, biografa di Franz e amica personale di Franziska), che ha sempre sostenuto Franz e anche dopo la morte ha saputo vivere una intensa esperienza di fede.
Riflettere su Franz conduce poi a scoprire che in realtà Franz non era solo: sono migliaia le persone che nel mondo austro-tedesco hanno saputo vivere un’esperienza centrata sul primato della coscienza in rapporto con l’infinito e testimoniare che il valore della persona e l’amore alla verità erano superiori al fascino dell’ideologia nazista, come viene documentato da brevi presentazioni di alcune figure esemplari di resistenti non violenti.
Tutto questo porta poi a rimettere in discussione il diffuso pregiudizio che vuole la Chiesa cattolica complessivamente più accondiscendente verso il fascismo e il nazismo che verso il comunismo (combattuto da subito come “ateo e miscredente”) e impegnata in una battaglia in difesa della propria libertà organizzativa piuttosto che della libertà di tutti rispetto al potere soffocante dei totalitarismi, pertanto anteponendo alla testimonianza di Cristo la prudente difesa dei propri spazi sociali.
Il dossier documenta invece come la Chiesa nei suoi vertici istituzionali, ovvero con papa Pio XI e il segretario di Stato Pacelli, abbia saputo cogliere da subito la gravità e la pericolosità del tentativo del nazismo di costruire una nuova “religione secolare” alternativa al cristianesimo e l’abbia decisamente combattuto con le armi che aveva a disposizione, anche se questo non impedisce di riconoscere le luci e le ombre che hanno caratterizzato l’atteggiamento di alcune Chiese particolari e in special modo della Chiesa austriaca verso il nazismo.
Un ampio giro di riflessioni è dedicato anche alle prospettive culturali che scaturiscono dall’esperienza e dalla testimonianza cristiana di Franz e degli altri resistenti: il primato dello spirituale, il valore della coscienza morale e della libertà di coscienza, l’etica della responsabilità.
Viene messo in luce, con contributi prevalentemente filosofici, come la Chiesa e la cultura cristiana abbia maturato già agli inizi del Novecento una svolta personalista che, mostrando l’irriducibilità della fede alla cultura, ha rinnovato il pensiero cattolico (Amedeo Costabile su Maritain e il primato dello spirituale) e che è confluita, grazie anche ai drammi scaturiti dalla seconda guerra mondiale, in una rinnovata visone del primato della coscienza e della libertà cristiana, permettendo di fondare, con il Concilio Vaticano II, una prospettiva religiosa che mette al centro la grazia e la libertà più che la conformità ai dettami morali: una prospettiva di liberazione, che il mondo, cristiano e non cristiano, fatica a comprendere, confondendola spesso con una relativizzazione dei valori morali.
Tale prospettiva poi, pur nella discontinuità con alcune forme del passato, appare strettamente in continuità con i principi della libertà di religione già affermati in origine dalla tradizione cristiana precostantiniana (come traspare dall’importante contributo di Massimo Borghesi).
Si può così comprendere come l’obbedienza della fede e la libertà di coscienza non solo non sono incompatibili, ma non possono mai essere in contraddizione, e questo è il luminoso lascito dell’esperienza di Franz e Franziska Jägerstätter.