La Commissione Europea ha deciso di deferire l’Italia alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea per la perdurante violazione della normativa europea sul lavoro a tempo determinato nel settore scolastico.
Secondo l’esecutivo UE, l’Italia non ha adottato misure sufficienti per porre fine all’uso “abusivo” dei contratti a termine e alle condizioni di lavoro discriminatorie per il personale docente e ATA.
La Commissione contesta in particolare due aspetti:
La Commissione ha avviato la procedura di infrazione inviando una lettera di diffida formale alle autorità italiane nel luglio 2019, seguita da un’ulteriore lettera di diffida formale nel dicembre 2020 e da un parere motivato nell’aprile 2023. La decisione odierna di deferire il caso alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea segue le lamentele espresse nel parere motivato, alle quali l’Italia non ha risposto in modo sufficiente rispetto alle preoccupazioni della Commissione.
Saranno oggetto di ulteriore valutazione e possibile azione futura le lamentele riguardanti la mancanza di misure efficaci per penalizzare e risarcire l’abuso dei contratti a tempo determinato e la discriminazione dei lavoratori a tempo determinato in altre parti del settore pubblico.
Oltre 165 mila precari
Il numero di docenti precari in Italia oscilla tra 165.000, secondo il Ministro dell’Istruzione e del Merito, e 250.000, secondo i sindacati, su un totale di 943.000 insegnanti. L’età media di ingresso nel ruolo è di 45 anni, facendo degli insegnanti italiani tra i più “anziani” d’Europa, con oltre la metà del corpo docente sopra i 50 anni, contro una media OCSE del 37%. Nonostante l’elevato numero di precari, le scuole si trovano a fronteggiare una grave carenza di insegnanti, in particolare nelle materie scientifiche, ma anche per italiano e per le maestre. L’esaurimento delle graduatorie, anche di istituto, ha costretto le scuole ad avviare la ricerca di supplenti attraverso un nuovo sistema, introdotto a maggio, denominato interpello. L’interpello sostituisce il precedente sistema delle MAD e prevede che siano le scuole stesse a pubblicare online gli annunci per le supplenze, raccogliendo le candidature degli aspiranti supplenti. Possono rispondere all’appello sia insegnanti abilitati, sia neo-laureati o studenti.
La risposta della Commissione Europea al docente
La Commissione Europea ritiene che gli sforzi compiuti finora dalle autorità italiane siano insufficienti e ha pertanto deciso di adire la Corte di Giustizia. La decisione rappresenta un nuovo richiamo per l’Italia a rivedere la propria normativa sul lavoro a termine nella scuola, al fine di garantire condizioni di lavoro eque e non discriminatorie per tutto il personale.
Già nei giorni scorsi, l’Unione Europea era intervenuta sul tema con il caso di Alessio Giaccone, docente idoneo al concorso 2020, che aveva deciso di interpellare direttamente la Commissione UE per chiarire le incertezze legate alle procedure concorsuali previste dal PNRR. Giaccone aveva espresso preoccupazione per la priorità accordata ai vincitori del concorso PNRR rispetto ai circa 30.000 docenti già idonei in attesa di assunzione, chiedendo chiarimenti sul significato di “essere idoneo” pur non ottenendo l’immissione in ruolo.
La Commissione Europea, nella sua risposta, ha affermato che il PNRR prevede una riforma progressiva del reclutamento degli insegnanti, volta a ridurre il precariato,ribadendo che il diritto comunitario impone agli Stati membri di adottare misure efficaci per prevenire l’abuso dei contratti a tempo determinato. La Commissione aveva inoltre ricordato l’avvio di una procedura di infrazione contro l’Italia per l’abuso di contratti a termine nel pubblico impiego. Tuttavia, la Commissione aveva precisato di non avere competenza diretta per imporre all’Italia specifiche modalità di assunzione degli insegnanti. La scelta di come ottemperare agli obblighi comunitari in materia di contratti a termine spetta ai singoli Stati membri, così come l’organizzazione dei sistemi educativi. L’UE, in questo ambito, può solo svolgere un ruolo di supporto, coordinamento e integrazione delle azioni nazionali.
Nel frattempo, il governo italiano, tramite la sottosegretaria Paola Frassinetti, aveva ribadito l’impegno a dialogare con la Commissione Europea per ottenere maggiore flessibilità sulla riforma del reclutamento prevista dal PNRR, al fine di favorire la continuità didattica e offrire maggiori opportunità ai docenti precari. La sottosegretaria aveva spiegato che il vincolo imposto dal precedente governo con la Commissione, che prevede l’assunzione di 70.000 docenti tramite i concorsi PNRR, ha limitato le possibilità di assunzione nel 2023. Grazie alla negoziazione di una maggiore flessibilità, il Ministero aveva ottenuto una proroga del target assunzionale al 2024-2026, consentendo di riservare il concorso 2023 ai precari e di assumere parte degli idonei dei concorsi precedenti.
Il decreto Salva Infrazioni
Nelle settimane scorse, il governo era intervenuto sul tema con il Decreto Salva Infrazioni, che introduce importanti novità per i precari della scuola, raddoppiando l’indennizzo spettante in caso di abuso di contratti a termine. Per il settore pubblico, l’articolo 12 del decreto Salva infrazioni modifica l’articolo 36 del decreto legislativo 165/2001, stabilendo che, in caso di abuso di contratti a termine, il giudice dovrà stabilire un’indennità compresa tra 4 e 24 mensilità dell’ultima retribuzione di riferimento per il calcolo del TFR. L’importo dell’indennizzo sarà determinato in base alla gravità della violazione, considerando il numero di contratti a termine stipulati e la durata complessiva del rapporto.
Per ottenere il risarcimento è necessario presentare ricorso. La platea dei potenziali beneficiari è rappresentata dai docenti e dal personale ATA che hanno superato i 36 mesi di servizio con contratti a termine.
Si ricorda che il testo del decreto Salva infrazioni potrebbe subire modifiche durante la conversione in legge da parte del Parlamento.
Le reazioni politiche
Valditara: “Prendiamo atto della decisione della Commissione europea”
“Prendo atto della decisione della Commissione europea che ha deferito l’Italia alla Corte di giustizia europea perché si riducano le condizioni per il ricorso dei contratti a termine e affinché i docenti precari abbiano gli stessi scatti di anzianità degli insegnanti di ruolo, in nome di una piena parificazione dei diritti. Abbiamo sottoposto da tempo alla Commissione la necessità di rivedere il sistema di reclutamento dei docenti italiani previsto da un’intesa fra la Commissione e il precedente governo, superando le rigidità della riforma PNRR che creano un’oggettiva discriminazione a danno dei docenti precari e non tengono conto dei numeri del precariato che sono cresciuti negli scorsi anni. Attendiamo quindi fiduciosi che la parificazione dei diritti possa essere estesa ora anche alle forme di reclutamento”, dichiara il Ministro dell’Istruzione e del Merito Giuseppe Valditara.