Anche DiSAL, come le organizzazioni sindacali della dirigenza (Anp, Snals, Cgil, Cisl) ha preso iniziative sul ministero per chiarire il problema della determinazione del numero dei candidati da ammettere al corso di formazione. Di fatto sta accadendo: che in diverse regioni, i posti disponibili per la frequenza del corso di formazione (pari ai posti messi a concorso per i distinti settori formativi, maggiorati del 10%) sono inferiori al numero dei candidati in possesso dei requisiti di ammissione; che in altre regioni, tali posti eccedono – anche largamente – il numero dei potenziali aventi diritto, senza che vi sia possibilità per i candidati che hanno superato il colloquio in altre regioni (e che non siano rientrati nel 10% di cui sopra) di poterli occupare; che l'incrocio di tali opposte situazioni porta a stimare in circa 250 (su 1500) i posti messi a concorso che rimarranno privi di copertura al termine della procedura, mentre almeno 200 aspiranti in possesso dei requisiti non avranno avuto la possibilità di accedere al corso di formazione, indipendentemente dall'esito del colloquio di selezione iniziale. Secondo Anp ai problemi sopra rappresentati, è possibile dare soluzione attraverso la lettura combinata dell'art. 10, comma 8, e dell'art. 1, comma 2, del bando di concorso. Abbiamo quindi chiesto che il limite numerico del 10% dei posti messi a concorso sia riferito ai 1500 posti complessivi, e non alle ulteriori suddivisioni per regioni e settori formativi, cioè che la compensazione interregionale venga quindi fatta dopo la prova orale, senza costringere i candidati a tirare a sorte nella scelta della regione dove fare domanda in caso di incertezza personale.