Somma zero. Negli ultimi trent’anni l’alternarsi dei governi e delle maggioranze, della prima e della seconda Repubblica, non ha saputo dare risposte vincenti, di respiro strategico, al problema della riforma della scuola secondaria superiore. In sostanza la dialettica tra le forze politiche è stata a somma zero, e anche la nuova legislatura rischia di non essere produttiva se si insisterà nella contrapposizione frontale. Ma esiste una terza via?
C’è una corrente di pensiero che ritiene di sì, e che comunque non ci sia alternativa al superamento dei tradizionali termini di confronto, anzi di scontro. La suggerisce per esempio, anche al nostro Paese, Antony Giddens, il teorico del new labour di Tony Blair, inventore della formula della "terza via", secondo il quale "ciò che conta è che siano riformate le strutture obsolete, innalzati gli standard dell’insegnamento e create opportunità affinché chi proviene da background più poveri possa trarre beneficio dal sistema educativo".
Giacomo Vaciago, economista vicino alla sinistra riformista, indica come esempio positivo proprio il modello inglese di Blair, che ha portato alla chiusura di molte decine di scuole inefficienti, giudicate tali sulla base di rigorose prove d’esame alla quali sono stati sottoposti gli allievi: è nell’interesse degli allievi, soprattutto di quelli più a rischio, che le scuole scadenti vengano chiuse. Che ne pensano i sindacati italiani?
Luigi Covatta a sua volta, già sottosegretario socialista al MPI negli anni ottanta, riprendendo l’appello del governatore della Banca d’Italia Mario Draghi, ha sostenuto sul "Corriere della Sera" del 9 giugno che "non hanno senso né le polemiche sulla ‘licealizzazione’ né quelle sul ‘doppio canale’, Serve invece una rete a geometria variabile in luogo della rigorosa geometria gentiliana: un’autonomia scolastica cioè che non si nutra di conflitti tra Stato e Regioni, ma di flessibilità (e qualità ) dell’offerta formativa". (fonte: Tuttoscuola)