Scheda/Contrattazione e responsabilità del dirigente


Dirigere la Scuola  -  n. 10 – dicembre 2006

La responsabilità contrattuale del Dirigente scolastico

Le istituzioni scolastiche per procurarsi i beni e servizi di cui hanno bisogno per soddisfare le proprie esigenze organizzative ed operative, si devono avvaloro della stipula di contratti che sono sostanzialmente disciplinati dalle norme del codice civile e, quindi, si pongono nello svolgimento di questa attività di diritto privato, in condizioni di parità con il privato, non solo a riguardo della manifestazione della volontà, ma anche in merito all'attuazione del contratto.

Nell'esecuzione dei contratti stipulati "iure privatorum" l'amministrazione, al pari dei privati, soggiace alle regole di diritto comune per quanto concerne l'adempimento delle obbligazioni assunte (arti 1176 e 1218 c.c.).

La responsabilità in cui può incorrere l'amministrazione può essere contrattuale o extracontrattuale. La responsabilità extracontrattuale, più comunemente denominata responsabilità civile, è quella che scaturisce da fatto illecito. Per il codice civile fatto illecito è "qualunque fatto doloso o colposo, che cagiona ad altri un danno ingiusto" (art. 2043 c.c.). L'obbligazione che ne deriva è quella di dovere risarcire il danno che il fatto illecito ha cagionato: è un'obbligazione che ha per oggetto il pagamento di una somma di denaro, che rappresenta l'equivalente monetario del danno cagionato.

La responsabilità contrattuale, invece, è quella che nasce all'interno del rapporto obbligatorio costituito tra le parti ed è perciò originata dall'inadempimento volontario di una prestazione dedotta nel contratto: il contraente che non adempie le obbligazioni derivanti da un contratto è responsabile dei danni che l'inadempimento ha cagionato all'altro contraente (art. 1453 c.c.).

Di conseguenza, la responsabilità contrattuale trova fondamento nel principio di diritto naturale "pacta sunt serranda" mentre la responsabilità derivante da fatto illecito si fonda sul principio della "neminem laedere".

I contratti sono fonti di obbligazioni e in caso di inadempimento, la parte inadempiente è tenuta a risarcire il danno. Il risarcimento del danno comprende sia la perdita immediata (danno emergente), sia il mancato guadagno (lucro cessante), purché siano conseguenze immediate e dirette dell'inadempimento. È risarcibile solo il danno prevedibile al tempo in cui è sorta l'obbligazione a meno che l'inadempimento non dipenda da dolo del debitore.

La prova dell'ammontare del danno incombe sul creditore; tuttavia se il danno non può essere provato nel suo preciso ammontare, può essere liquidato dal giudice in via equitativa (art. 1226 c.c.). Non sono risarcibili i danni che il creditore avrebbe potuto evitare usando una ordinaria diligenza (art.1227c.c-).

All'inadempimento segue l'esecuzione forzata da parte del creditore, il quale mira a realizzare in via coattiva il proprio diritto di credito.

L'esecuzione può essere fatta in forma specifica, quando si mira a costringere il debitore ad eseguire esattamente la prestazione alla quale era tenuto.

L'esecuzione in forma specifica non sempre è possibile: ad esempio quando si tratta dell'esecuzione di un opera infungibile. Nei casi in cui non sia possibile l'esecuzione in forma specifica si procede all'esecuzione per ottenere il risarcimento del danno. In modo speculare alle obbligazioni di fare o dare, assunte dal contraente privato anche l'amministrazione committente è tenuta ad adempiere esattamente alle proprie obbligazioni con la dovuta diligenza (art. 1176 cc) altrimenti è obbligata al risarcimento dei danni.

Il principio vale per tutti gli obblighi contrattuali, per quelli principali (pagamento del prezzo e dei compensi accessori nei tempi dovuti) e per quelli strumentali cosiddetti di cooperazione.

In proposito ricordiamo l'art. 21-sexies della legge n. 241/90 come modificata ed integrata dalla legge n. 15/2005 in cui viene stabilito che il recesso unilaterale dai contratti da parte della p.a. è ammesso solo nei casi consentiti dalla legge o dal contratto. Com'è del tutto evidente la disposizione vuole estendere all'attività negoziale delle pubbliche amministrazioni il principio di stabilità degli obblighi contrattuali, per salvaguardare l'affidamento dei terzi che stipulano contratti con la P.A. e assicurare in tal modo l'affidabilità del contraente pubblico.

 

I mezzi per la risoluzione delle controversie contrattuali

A differenza di quanto avviene per i privati, le fasi che precedono la formazione dei contratti  della pubblica amministrazione sono minuziosamente regolate dalla legge, ciò allo scopo di assicurare, in ossequio all'art. 97 della Costituzione il buon andamento e l'imparzialità dell'azione amministrativa, la selezione del migliore contraente, inteso come colui che sia in grado di offrire le migliori garanzie, le condizioni più vantaggiose per l'amministrazione.

Per giungere alla conclusione e stipula del contratto le parti preliminarmente svolgono delle trattative durante le quali negoziano il contenuto del contratto o svolgono eventuali accertamenti tecnici e legali per valutare la convenienza del contratto stesso.

Le trattative hanno carattere preparatorio e strumentale, in quanto hanno valore soltanto nel caso che si arrivi ad un accordo, mentre perdono ogni valore se all'accordo non si giunge, ossia non sono vincolanti.

Tuttavia, va tenuto presente che anche se le parti durante lo svolgimento delle trattative sono libere di concludere o meno il contratto, l'art. 1337 del codice civile impone loro l'obbligo giuridico di comportarsi secondo buona fede, vale a dire il compattamente delle parti deve essere ispirato a correttezza e lealtà.

Se le parti contraenti violano questo dovere incorrono in responsabilità pre-contrattuale o

"culpa in contraendo".

Oggi è pacifico che incorre in questa forma di responsabilità anche la pubblica amministrazione, quando con il suo comportamento lede i diritti del contraente (Cassazione 4/8/1995, n. 8541).

La giurisprudenza ha chiarito che non occorre ricercare un particolare comportamento soggettivo di mala fede, ma è sufficiente che il comportamento, indipendentemente dai motivi non risulti conforme all'obbligo generale di correttezza, perché si abbia la violazione dell'ari 1337 del codice civile.

La trasgressione dell'obbligo di comportarsi secondo buona fede si realizza quando una delle parti interrompe le trattative senza giustificato motivo, mentre l'altra parte in buona fede vi aveva fatto un ragionevole affidamento sulla conclusione del contratto. In questo caso si ha l'obbligo di risarcire il danno alla parte che in buona fede aveva sostenuto delle spese facendo affidamento sulla possibile conclusione del contratto.

Nella responsabilità precontrattuale incorre la pubblica amministrazione anche nel caso di violazione dell'ari 1338 del c.c. secondo cui "la parte che conoscendo o dovendo conoscere,l'esistenza di una causa di invalidità di un contratto e non ne abbia dato notizia all'altra parte, è tenuta a risarcire il danno da questa subito per aver con fidato nella validità del contratto".

Più specificatamente la dottrina ritiene che la pubblica amministrazione incorra nella responsabilità precontrattuale quando:

**  receda dalle trattative prima dell'aggiudicazione per ragioni di interesse pubblico, adducendo motivi pretestuosi o fondati su fatti inesistenti;

**  si rifiuti illegittimamente di approvare il contratto o parimenti, in modo illegittimo, annulli o revochi la delibera a contrattare;

**  si comporti scorrettamente in pendenza della fase di approvazione.

 

La misura del risarcimento dei danni è comunque diversa da quella che può derivare dall'inadempimento contrattuale. Ciò si spiega con il fatto che l'inadempimento contrattuale non fa entrare nel patrimonio di una parte ciò che questa si riprometteva, invece l'inosservanza del principio di correttezza durante la fase delle trattative lede solo l'interesse che la parte aveva di non iniziare le trattative e a non sopportare delle spese.

Pertanto, nel caso di responsabilità precontrattuale il danno risarcibile comprende:

**  le spese e le perdite connesse strettamente con le trattative (es. spese di viaggio, di corrispondenza ecc.), danno emergente;

**  il vantaggio che la parte avrebbe potuto procurarsi con altre contrattazioni, lucro cessante.

 

Per la risoluzione delle controversie in materia contrattuale in genere la pubblica amministrazione preferisce ricorrere a mezzi extragiudiziali e comporre preventivamente i possibili conflitti che possono insorgere in sede di esecuzione del contratto. Di solito il mezzo più comune a cui si ricorre è l'arbitrato, e a tal fine deve essere inserita nel contratto la clausola compromissoria.

Se non si ritiene di seguire le vie extragiudiziarie (conciliazione, transazione, arbitrato) le controversie che dovessero insorgere durante l'esecuzione del contratto possono essere risolte attraverso i normali rimedi giurisdizionali che prevedono la competenza del giudice ordinario o del giudice amministrativo a seconda che siano lesi diritti soggettivi o interessi legittimi.

La competenza giurisdizionale in materia di contratti della pubblica amministrazione ricalca la distinzione tra attività privata e attività amministrativa che informa tutto il procedimento contrattuale, in quanto:

**  se la controversia riguarda l'attività amministrativa la competenza è del giudice amministrativo;

**  se la controversia riguarda più propriamente l'attività privata, la competenza è del giudice ordinario.

 

Pertanto spetta al giudice ordinario giudicare sull'esistenza e validità del contratto, nonché sull'esecuzione e interpretazione delle clausole contrattuali; per contro spetta al giudice amministrativo decidere su tutti gli atti amministrativi che intervengono nella fase di formazione del contratto ad evidenza pubblica.

Quanto alla legittimazione ad agire va rilevato che la proposta di annullamento può essere proposta sola dalla parte nel cui interesse sono poste le norme violate. Di conseguenza quando l'annullamento derivi dalla violazione di un atto amministrativo a rilevanza interna è solo la pubblica amministrazione che può impugnare il contratto davanti al giudice ordinario per chiedere l'annullamento. Se poi tali atti amministrativi ledono interessi di terzi, questi potranno ricorrere contro di essi davanti al giudice amministrativo.

Pertanto l'annullamento della gara non determina la caducazione del contratto una volta che questo sia stato stipulato, in quanto la relativa azione di annullamento compete esclusivamente alla pubblica amministrazione, la quale sia incorsa nel vizio della volontà, in questo caso di carattere procedimentale.

In definitiva, con il ricorso al TAR si possono far valere le questioni relative alla legittimità degli atti relativi alla procedura di evidenza pubblica (sia stato o meno stipulato il contratto al momento del ricorso); mentre davanti al giudice ordinario possono esser dedotte le questioni relative alla validità, interpretazione ed esecuzione del contratto.

 

 
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