DiSAL al “Laboratorio” su Tecnici e Professionali


Si è svolto Roma il 15 e 16 maggio 2007 il Convegno, organizzato dal Ministero della Pubblica Istruzione, sul tema: “Laboratorio dell’Istruzione Tecnica e Professionale” a cui erano state ammesse, su invito, circa 450 persone tra dirigenti scolastici e docenti degli istituti tecnici e professionali, rappresentanti delle consulte degli studenti, delle università (politecnici), degli uffici scolastici regionali; inoltre, erano invitati ispettori tecnici, parti sociali, regioni ed enti locali, ministeri interessati, Unioncamere, associazioni professionali della scuola e della formazione professionale, collegi professionali dei periti industriali, geometri, ragionieri, Indire, Invalsi, Isfol.  Per la giornata conclusiva l’invito era rivolto anche ai rappresentanti delle Commissioni parlamentari Cultura, Lavoro ed Attività produttive e a tutti gli Assessori all’istruzione, alla formazione ed al lavoro delle Regioni e ai Presidenti dell’Unione delle Province (UPI) e dei Comuni (ANCI).

Una partecipazione ampia, dunque, ma a nostro parere carente rispetto al mondo del lavoro, specie le associazioni delle piccole e medie aziende, dell’artigianato, del commercio e del turismo, settori sicuramente maggioritari nello scenario dell’economia nazionale ai quali sono particolarmente omogenee le scuole del settore professionale.

Ai lavori del Laboratorio hanno preso parte due rappresentanti della nostra associazione, i dirigenti scolastici Luigi Boscolo (Venezia) e Fabiano Penotti (Cremona), che hanno portato al Convegno il documento del 14 maggio pubblicato in questa stessa rubrica  (http://www.disal.it/Objects/Pagina.asp?ID=6637).

I lavori si sono sviluppati in una giornata e mezza, articolandosi, il primo giorno, in alcune relazioni iniziali, tenute dal Ministro Fioroni, dal Viceministro Bastico, dal dott. Corti della Commissione Europea ed in un’introduzione ai lavori per ciascuno dei cinque gruppi ai quali, successivamente, i presenti hanno partecipato.

Il Ministro Fioroni nella Sua introduzione (http://www.disal.it/Objects/Pagina.asp?ID=6684) ha presentato il Convegno come inizio di un percorso che si prefigge di sfociare nel giugno/luglio 2007  nella convocazione degli “Stati generali” per fornire gli elementi utili per l’avvio della fase legislativa e

entro luglio 2008 predisporre la produzione della normativa adeguata per avviare nell’a.s. 2008-09 la riforma dell’istruzione tecnico-professionale. Ho confermato inoltre che I.T e I.P. resteranno a gestione statale con unico titolo di studio il diploma finale e conseguente abolizione delle qualifiche intermedie. Relativamente a questo rimarrebbe una “funzione sussidiaria e complementare” della Formazione Professionale di competenza delle regioni. Le norme emanate prevedono che anche la Istruzione Tecnica Superiore torni a gestione statale con Poli tecnico professionali a vocazione territoriale.

Il Viceministro Bastico  con un intervento organico ha giustificato le scelte del Governo in materia. In particolare evidenziamo la Sua sottolineatura di valorizzare gli I.T e gli I.P. come strumento per rispondere al diritto di istruzione di tutti i ragazzi e un volano per il mondo economico e produttivo. La scuola ha il compito di colmare le differenze e dare pari opportunità e quindi non deve discriminare in partenza. Nell’iniziare l’opera di rilancio degli I.T e IP. Ha inoltre voluto fare riferimento alla storia originaria di questi istituti di cui si vogliono rilanciare alcune caratteristiche: autonomia; integrazione col territorio; grande possibilità di flessibilità ordinamentale. Ha ribadito (almeno nella Sua prima relazione, perché nelle conclusioni qualcosa di questo è cambiato) che gli istituti tecnici e gli istituti professionali rimangono distinti per quanto riguarda la loro identità, per cui l’istruzione secondaria superiore avrà tre ordini. Licei, Istituti tecnici e Istituti Professionali.  Bastico ha evidenziato che la scuola tecnica e professionale è molto forte in uscita (c’è una grande richiesta del mondo del lavoro) ma ha accresiuto una debolezza in entrata (diminuzione delle iscrizioni e spesso vi si avviano ragazzi con difficoltà). Rispetto al futuro vi sono sul tappeto problemi di applicazione del Titolo V della Costituzione: finora abbiamo operato sulle norme generali dello Stato; va costruito invece un tavolo stato-regioni.

Infine il Viceministro Bastico ha presentato le linee strategiche del Governo rispetto ai contenuti del “rinnovamento” degli IT. e IP. indicati come piste per i gruppi di lavoro che hanno operato nel pomeriggio:  solida e avanzata cultura tecnica e scientifica;  specificità distinte tra I.T. e I.P. con possibilità di passerelle;  definire indirizzi, specializzazioni e aree professionali con coinvolgimento del mondo del lavoro;   definizioni delle aree professionali;  riduzione degli orari fino a 32/33 ore settimanali;   valorizzazione di nuove modalità di apprendimento anche attraverso l’alternanza e il tirocinio;  lavorare sulle certificazioni: far dialogare i due sistemi dell’istruzione  e della formazione.

Gli IT si articoleranno in otto indirizzi, come quelli della Moratti. Nonostante i trattini collocati nelle leggi approvate o negli schemi di decreto in discussione, rimane lo sconcerto sulla fusione o meno degli IT e IP, buona parte dei quali oggi sono copia gli uni degli altri.   Nebbia totale  invece sull’alta istruzione tecnica e professionale, perpetuando così (nonostante l’illusione creata dall’art. 13 della Bersani) una deleteria anomalia italiana.

Nel pomeriggio gruppi di lavoro sui vari settori, ma purtroppo con tesi in gran parte già definite.

Nella seconda giornata si sono ascoltate altre relazioni a cura di Giuseppe De Rita del Censis, dell’on. Silvia Costa a nome di Assessori regionali, di Fabio Melillo dell’UPI, di Gianfelice Rocca della Confindustria, di un rappresentante della CISL, del ministro Fioroni.

Poteva essere interessante riflettere sull’invito di Giuseppe De Rita – presidente del Censis – sulla necessità di svincolare gli studi tecnici-professionale da qualsiasi forma di generalismo, che ne snaturerebbe la reale vocazione professionalizzante.

L’intervento di Gian Felice Rocca, responsabile di Confindustria per l’Education ha raccolto forte consenso della platea sostenendo: che l’istruzione tecnica è stata ed è tuttora un pilastro dell’economia italiana, che la competitività dell’Italia dipende in larga misura dalle sue aziende industriali, che proprio per questo serve un rapporto più stretto tra gli istituti e le imprese per la definizione dei profili formativi e dei curricoli, e che in questa partita i presidi delle scuole autonome possono svolgere un ruolo decisivo, da veri manager, magari con la possibilità di reclutare gli insegnanti, premiare i migliori, e punire i lavativi.  Concetti e proposte che Rocca ha ripreso anche nell’intervista rilasciata domenica 20 a Gabriela Jacomella del "Corriere della Sera", aggiungendo un’idea che nel seminario aveva formulato in termini meno espliciti: "crediamo che l’istruzione tecnica necessiti di uno statuto speciale, con scuole dotate di propri consiglieri e cda (consigli di amministrazione, ndr) spesso presieduti da industriali".   I cda d’altra parte esistevano anche in Italia prima del varo dei consigli di istituto (1974), e sono previsti nel Regno Unito per i "City Technology Colleges", istituiti da Tony Blair proprio per rafforzare la cooperazione tra scuole tecniche e aziende. "Se ripristineranno i cda nelle scuole", ha concluso Rocca, "il mondo delle imprese è pronto a una chiamata in questa direzione".

Con sorpresa di tutti il Viceministro nella Sua conclusione ha sostenuto che, alla fine del percorso di rinnovamento, tutti i tre distinti ordini di istituti del secondo ciclo (attuali Licei, IT, IP) potranno essere chiamati “Licei”, affermazione che si incrociava con quella espressa da Rocca di Confindustria di ripristinare la dizione “licei” (sic!)

Va segnalato che i partecipanti, nonostante le qualificazioni, non hanno avuto alcuna possibilità di intervenire in assemblea plenaria, in margine alle relazioni, alcune delle quali pregevoli, altre molto discutibili.   Ha terminato la giornata ed il Laboratorio il presidente del Consiglio, Prodi (http://www.disal.it/Objects/Pagina.asp?ID=6684) con condivisibili dichiarazioni di principio ma senza una chiara proposta reale. Ha fatto tra l’altro specie e molti il destino poi indicato del presidente Prodi nell’istruzione professionale per risolvere i problemi dei figli degli immigrati, mostrando con chiarezza che l’immagine e la cultura del lavoro dominate in molta classe politica, sindacale e istituzionale è quella delle “esecuzione”.

 

Le conclusioni dell’incontro possono così essere riassunte:

**  gli istituti tecnici di stato sono “distanti e distinti” dagli istituti professionali superando così le questioni del “trattino” ripetutamente riproposta anche in riferimento al nuovo progetto di legge del Governo, n. 2272-ter, art. 28;

**  non sono state date chiare definizioni della funzione dei nuovi istituti tecnici e dei nuovi istituti professionali;

**  questi ultimi sono stati individuati dal Ministro come istituti quinquennali che rilasciano diplomi finali ma non qualifiche triennali o comunque intermedie che comunque tocca sono alle Regioni;

**   il biennio dell’obbligo di istruzione per tecnici e professionali (ridotto di un anno rispetto all’originale diritto-dovere fino ad una qualifica professionale o ai 18 anni come sancito dalla legge 53/2003, legge Moratti) viene inspiegabilmente proposto nella forma di integrale trasposizione del biennio di Progetto 2002, nonostante che questa soluzione incontri ampie e documentate critiche negative;

**  il Laboratorio proseguirà nel tentativo di chiarire, specificare, pubblicare i documenti su finalità, obiettivi, indicazioni generali, orari, programmi, cattedre e piani di finanziamento e di sviluppo territoriale, ecc.;

**   dovranno essere stabiliti i necessari raccordi con le Regioni, tenendo presente che la Corte Costituzionale è già stata interessata in materia e dovrà definire, una volta per tutte, con precisione le competenze statali e quelle regionali in fatto di istruzione e di formazione professionale;

**   la Conferenza Stato-Regioni si sta occupando dello sviluppo del Masterplan, che è il programma di attuazione del Titolo V del 2001. Mon è stato chiarito come questo percorso possa conciliarsi con l’immagine centralistica presentata.

**   i lavori del laboratorio dovrebbero terminare entro il mese di luglio 2007.

Si è registrata, tra i presenti, una diffusa impressione che la partecipazione al laboratorio non possa in alcuna misura, modificare scelte ed orientamenti che il Ministero ha già elaborato e definito o stia definendo, avvalendosi delle proprie strutture tecniche, all’insaputa di Parlamento ed opinione pubblica.

 

Il Laboratorio MPI doveva essere quanto dichiarato dalle relazioni istituzionali ma lo svolgimento dei lavori ha mostrato (non solo a parere di DiSAL) serie debolezze e criticità:

a- assenza reale di un confronto specie con chi da decenni dirige e opera in questi istituti. Persino i lavori di gruppo avevano tesi “bloccate”;

b- nessuna idea operativa nuova di converso a molti principi, anzi, con proposte che vanno obiettivamente nella direzione opposta sia dei principi dichiarati (come si fa a fare una scuola per tutti ed abolire contemporaneamente le qualifiche triennali ?)  sia dei ai bisogni reali (nessun aumento delle attività laboratoriali, permanenza di pletora di materie teoriche nel biennio);

c- incomprensibile e diabolica seduzione dell’istruzione liceale, che addirittura rientra nella denominazione proposta alla fine del Convegno, sulla scorta di quanto da tempo sempre chiesto da Confindustria (ma allora i nomi è vero che non hanno senso ?);

d- sordità al Titolo V e addirittura, nelle parole del Ministro, convinta inutilità del decentramento istituzionale, nonostante la costituzionalizzazione della autonomia scolastica.  La permanenza della gestione centrale statale degli IT e IP vanifica la nuova divisione costituzionale dei compiti che lascia allo stato solo le norme generali, i principi fondamentali e i livelli essenziali delle prestazioni e trasferisce alle Regioni la gestione e amministrazione delle scuole e del personale.

e- permanenza, diversamente da come sembrava doversi interpretare l’articolo 13 e il Disegno di legge, della distinzione tra istituti tecnici e istituti professionali (“non istruzione tecnica-professionale ma istruzione tecnica e professionale” ha detto il Ministro). Distinzione poi ancora più incomprensibile con la conferma del “terzo canale” alla formazione professionale regionale.  Da questo punto di vista come DiSAL condividiamo la scelta della Regione Lombardia di presentare un proprio Progetto di Legge sulla scuola e di evidenziare (con i ricorsi alla Corte Costituzionale) l’assurdo permanere del centralismo statale.

Nella sostanza il Convegno (in assenza di un dibattito reale) non ha presentato idee chiare sulle prospettive: ciò che viene riproposto è sostanzialmente l’esistente, con l‘aggravanti di minori opportunità per i ragazzi più deboli e di allontanamento dai mutamenti reali della società.

Si è dimenticato che sugli istituti tecnici e professionali si scarica oggi il problema più critico del rinnovamento della scuola secondaria di secondo grado: non a caso su questo problema è caduta anche la riforma Moratti.  (DiSAL)

 

 
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