Le proposte Disal alla commissione Bertagna


Le proposte DiSAL per la Riforma degli ordinamenti scolastici
(presentato al Gruppo di lavoro per l'attuazione della riforma degli ordinamenti scolastici il 30.10.2001)
L'associazione Dirigente di Scuole Autonome e Libere valuta come passo nuovo e significativo nel costume dell'amministrazione scolastica italiana l'avvio di un rapporto di confronto anche con le associazioni professionali di categoria in relazione all'urgenza di riforme che, in fase di riflessione, debbono coinvolgere direttamente i soggetti protagonisti delle comunità scolastiche.
Rispetto alla richiesta del 02.10.01 del Gruppo di lavoro, il direttivo ed il comitato scientifico della associazione DiSAL si sentono di contribuire con le seguenti iniziali proposte, espresse nell'ordine indicato dalla richiesta medesima.
1. Per dare piena attuazione al principio esposto si deve evidenziare che il "servizio alla persona" (solo enfaticamente affermato nei documenti della legge 30/2000), mostra la sua attendibilità nelle forme organizzative della scuola ed in particolare nel pieno rispetto di quella che, nella relazione educativa, è la condizione principalmente dimostrativa di tale rispetto: la libertà di scelta dei soggetti in azione. Quindi, il giusto superamento dell'antiquato concetto di "obbligo scolastico" per attuare invece modalità di motivazione ed incentivo ad un completo percorso di istruzione e formazione (memori dei profetici quanto inascoltati insegnamenti di Giovanni Gozzer) deve comprendere l'abolizione o revisione radicale della legge sull’obbligo scolastico, nata da un tristo compromesso, rivelatosi dannoso proprio per gli alunni più deboli e meno dotati per i quali paradossalmente era stata fatta. La revisione dovrebbe definire le modalità di "motivazione ed incentivo all'istruzione e formazione" per il previsto percorso di 12 anni, con ampio spazio alla personalizzazione di tale percorso, come il documento del Gruppo già indica.
2. Condividiamo in pieno il principio esposto, che tra l'altro va proprio nella direzione del punto precedente; ma un tentativo lodevole di valorizzazione della scuola materna, per evitare la sua deriva socio-assistenziale, non deve porre un rimedio peggiore del male. Se infatti ben comprendiamo il senso del testo (letto alla luce degli altri documenti apparsi a firma del prof. Bertagna) e se non ci si vuole ridurre ad attribuire il credito alla semplice frequenza, si pongono due questioni fondamentali:
a. la valutazione del percorso formativo finisce per diventare, inevitabilmente, una certificazione, concetto del tutto estraneo alla cultura pedagogica della scuola materna e rifiutato da tutti coloro che lavorano in questo ambito;
b. inoltre, è imprescindibile un chiarimento intorno a chi, che cosa e come si valuta nella scuola materna per comprendere la natura e il livello dei vincoli che si intendono introdurre. Ma il problema più serio riguarda, invece, il rapporto tra la scuola materna e la responsabilità pedagogica della famiglia. Dato per scontato che non si può educare nell’infanzia a prescindere da un contesto comunitario, occorre curare che la valorizzazione decisa della frequenza alla scuola materna non si finisca per esaltare l'aspetto istituzionale della formazione della persona, tendendo ad eliminare gli spazi educativi della famiglia. Infine la riduzione del percorso di formazione di un anno (dai 13 attuali a 12) non ci pare renda così pressante la possibilità di un altro anno in meno. Ci pare che la valorizzazione della scuola materna, sia come frequenza che come realtà di docenti si possa degnamente perseguire con una serie di incentivi alla frequenza stessa (oggi per molte famiglie i costi sono ancora un ostacolo) che con interventi sullo stato giuridico dei docenti.
3. Su questa raccomandazione ci permettiamo di suggerire una ipotesi parzialmente alternativa. All'interno del pieno consenso a lasciare gli otto anni di primaria e secondaria di primo grado, giustamente distinti per ragioni psicopedagogiche che non stiamo e ripetere, riteniamo tuttavia che si debba privilegiare una scansione di due cicli di quatto anni. Questo permetterebbe di inserire in modo più chiaro la scansione biennale proposta per i curricoli, senza contraddire la continuità perseguita per altre vie. Inoltre favorirebbe una più ampia articolazione dell'approfondimento disciplinare tipico della secondaria, oltre che permettere una maggiore attenzione alla fase di orientamento alla scelta dei percorsi della secondaria superiore. L’orientamento poi dovrebbe essere un “fare poco ma bene”, inserendo precocemente al massimo una o due materie di indirizzo (contro tendenza alla gonfiatura indifferenziata dei curricoli), attribuendo al consiglio di classe dei docenti comunque la responsabilità del progetto complessivo del percorso. Dal punto di vista del curricolo questo comporta la necessita di individuare le materie portanti degli indirizzi superiori. Per la scansione proposta abbiamo, a questo proposito, presenti alcuni modelli europei che ben si coniugano con la scelta differenziata dopo la secondaria di primo grado. Per quanto riguarda poi la distinzione dei due ordini di scuola tra primaria e secondaria di primo grado riteniamo che il permanere della stessa permetta di avere distinti ambiti conduzione e programmazione collegiale, senza con questo nulla togliere al permanere di istituti comprensivi (comprendenti anche la materna) ma unicamente per l'aspetto amministrativo e per l'unità di direzione delle scuole, che anzi favorirebbe lo stimolo alla continuità inteso come lavoro tra gli adulti. Si potrebbe ipotizzare a questo proposito un'unica riunione annuale dei collegi docenti a questo finalizzata.
4. Eliminare l'onda anomala è obiettivo pienamente condiviso, visto che molti fondatori dell'associazione hanno denunciato per anni in documenti ufficiali, incontri pubblici e riviste, l'assurdità del fenomeno in tutti gli aspetti ricordati nella lettera.
5. Anche perseguire una elevata qualità della secondaria superiore indica un obiettivo pienamente condiviso e riteniamo che questo si ottenga, realisticamente, mantenendo con chiarezza distinti i vari indirizzi di secondaria superiore (umanistico, scientifico, tecnico, artistico-musicale), nel rafforzare all'interno degli stessi un curricolo specifico che non rinvii verso la fine del percorso le materie di indirizzo, nel conservare un forte quota di curricolo nazionale (due terzi del curricolo obbligatorio) basati su standard conoscitivi prima ancora che di abilità e nell'affidare ai corsi postdiploma attuati all'interno delle secondarie superiori il perfezionamento di specializzazioni brevi (non oltre l'annualità). Resta comunque fondamentale salvaguardare le discipline rispetto alla tendenza al sistema dei moduli, che risultano nella secondaria superiore efficaci solo per l’apprendimento di specifiche abilità operative. Ci permettiamo infine (visti i passati provvedimenti) di sostenere che la storia sia recuperata in tutto il suo valore, fino ad essere inserita tra le quattro discipline sulle quali un futuro sistema nazionale di valutazione verifichi i livelli di apprendimento.
6. Il coraggio di istituire un percorso autonomo di formazione professionale "forte" costituisce sicuramente la scelta più qualificante del complesso della riforma, che meglio chiarisce la finalità di miglioramento del sistema attuale differenziandolo dal percorso falsamente unitario perseguito dall'impostazione precedente che, sotto il pretesto dell'uguaglianza del percorso, distruggeva la possibilità per i più deboli di conquistare una preparazione culturale adeguata ad un ingresso personale e consapevole nel mondo del lavoro. La vera sfida della scelta sta' nel recuperare nell'impianto di indirizzi e curricoli la valenza umanizzante del lavoro e delle professioni (mentre anche le riforme imposte dall'Istruzione Professionale negli ultimi quindici anni non facevano che perpetuare una sudditanza culturale verso il liceo). Unificate le scuole regionali attuali con gli Istituti professionali statali nell'unico canale del formazione professionale, affidata nella gestione alle Regioni, occorre rafforzare la parte culturale di base dei curricoli, aggiornando le discipline professionalizzanti e collegandole strettamente, attraverso i tirocini e le figure di docenza, al mondo del lavoro e delle professioni.
7. I curricoli nazionali debbono abbandonare definitivamente la prescrittività elencativa dei contenuti che ha caratterizzato purtroppo anche certe sperimentazioni della secondaria e scegliere per una descrizione degli standard di conoscenza e di abilità terminali da ottenere nei singoli indirizzi (intervenendo, come si diceva sopra, in non oltre i due terzi del curricolo complessivo di indirizzo), lasciando alle scuole autonome sia la programmazione dei percorsi e dei metodi per conseguire anno per anno quegli standard finali, sia il completamente del curricolo o la sua integrazione, sia l'individuazione di percorsi personalizzati che, nel rispetto degli standard, favoriscano passaggi tra indirizzi. Riteniamo quindi molto positivo che i curricoli nazionali si definiscano in termini di profilo in uscita dello studente dai diversi indirizzi, da cui discendano obiettivi specifici di apprendimento in termini di contenuti, ma non come elencazione degli stessi: si tratta di un’articolazione del profilo in uscita in termini operativi e legati alle conoscenze. E’ l’inverso che partire dalle materie, dai loro obiettivi disciplinari supponendo che la somma faccia il profilo in uscita.
8. Con la raccomandazione di potenziare l'autonomia delle scuole ci si sposta inevitabilmente dal campo degli ordinamenti a quelli dell'organizzazione complessiva del sistema. Infatti per avvalorare l'autonomia occorre innanzitutto ed in modo pregiudiziale ad ogni altro aspetto intervenire sul reclutamento della dirigenza e della docenza che devono essere seriamente affidate alle singole scuole o consorzi locali di esse, come d'altronde avviene non solo nei paesi dell'est (che in dieci anni hanno abbandonato la statalizzazione dell'istruzione), ma nella maggior parte dei paesi che applicano il modello tedesco di scuola. I meccanismi possono essere diversi e tutti con evidente attenzione alle necessarie garanzie: dalla chiamata da un albo professionale provinciale gestito dalle associazioni professionali, al concorso intero o di consorzio sul modello degli ospedali e delle ASL. Chiarito questo, ci si deve quindi muovere (sempre per rafforzare il processo di autonomia, che comunque rimane eminentemente un processo culturale oltre chje legislativo>) verso la costruzione di un sistema di autovalutazione interno alle scuole, sostenuto dal sistema nazionale di valutazione, affinché la verifica dell'approfondimento e degli esiti dell'istruzione- formazione siano costantemente l'elemento motore della qualità dell'offerta formativa della singola scuola. L'ultimo atto necessario a questa metodologia dovrebbe essere l'abolizione del valore legale del titolo di studio, attraverso il quale il valore aggiunto attenuto dalle singole scuole varrebbe effettivamente per il livello di istruzione o formazione ottenuto.
9. Le scuole di specializzazione per l'insegnamento sono state una attuazione rovinosa di un principio giusto. Se è chiaramente necessario completare la formazione culturale universitaria con una formazione psico-pedagogica e con un solido tirocinio, è assurdo invece (come tutte le scuole universitarie hanno fato) perpetuare insegnamenti delle discipline già seguiti, caricare di una massa oraria enorme il vario didatticismo, imporre un balzello dai due ai quattro milioni l'anno alla preparazione ad una professione già abbondantemente in altri modi scoraggiata, ridurre il tirocinio ad un incidente di percosso, solo per elencare gli aspetti più deleteri. Occorre invece ridurre la specializzazione ad un solo anno universitario organizzato in collaborazione con le associazioni professionali dei docenti e prevedere un altro anno di forte tirocinio guidato dentro una singola scuola, già in una qualche forma riconosciuto sul piano contrattuale e con una selezione finale dove a prevalere non sia il giudizio dell'università ma, pur con essa, dell'ambito di tirocinio. in tal modo si andrebbe anche verso una piena valorizzazione della professione docente, dove i docenti già in servizio sono coinvolti e cointeressati ad una vera qualificazione della preparazione all'esercizio della professione.
Disponibili ad inviare approfondimenti di questa che resta solo una bozza sintetica di proposte. Buon lavoro.
Il Presidente
 
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