DiSAL alla Camera sul decreto Primo Ciclo


Contributi di Di.S.A.L. allo “Schema di decreto legislativo concernente la definizione delle norme generali relative alla scuola dell’infanzia e al primo ciclo dell’istruzione, ai sensi della legge 28 marzo 2003, n. 53”
sulla base della Bozza contenente gli emendamenti accolti dal Governo il 10 dicembre in sede di Conferenza Stato-Regioni (Audizione presso la Commissione VII Istruzione e Cultura della Camera dei Deputati dell’12 gennaio 2004)
Innanzitutto ringraziamo come Associazione del cortese invito ed apprezziamo il costume di questa Commissione di un rapporto di confronto anche con le associazioni professionali di categoria in relazione ai disegni di riforma che, anche in fase di attuazione, debbono coinvolgere direttamente i soggetti protagonisti delle comunità scolastiche. Sottolineiamo solo di sfuggita che tale costume purtroppo, nonostante varie promesse, non è stato ancora attuato (se si eccettuano gli Stati Generali) dall’attuale Ministero. Riassumo qui alcune questioni generali in merito all’audizione richiesta, rimandando per brevità e concretezza alla consegna di alcune proposte che riteniamo migliorative del testo che ci è stato sottoposto.
1. Pur dopo aver letto il parere del Consiglio Nazionale della Pubblica Istruzione sullo schema di decreto, non ci dilunghiamo nel riconfermare (come facemmo già il 10 dicembre 2002) la sostanziale valutazione positiva anche di questo schema come di tutto l’impianto della riforma, anche se avremmo visto più utili per la scuola italiana alcuni elementi presenti nell’impianto della riforma presentato agli Stati Generali e poi spariti dal testo di finale votato dal Parlamento. Ci riferiamo in particolare alla soluzione finale trovata dal Parlamento della durata del ciclo secondario di secondo grado, con tutte le conseguenze derivate sui cicli inferiori.
2. All’interno di questa positività complessiva, il problema principale che ci pare resti aperto, sia nella Legge delega che in questo schema di decreto, resta la necessità di riprendere il processo di autonomia scolastica, grande assente dal vocabolario della riforma, ma anche parola chiave di ogni processo di innovazione. Occorre trovare il modo di conferire ai singoli istituti: la chiarezza di organi di gestione; la responsabilità della risorse economiche; la piena scelta delle strategie educative e didattiche; la potestà di selezione, valutazione e incentivazione di chi dirige ed insegna. Grazie al cielo il Parlamento ha almeno eliminato il rinnovato “centralismo” della CONSIP. Ridiamo allora spazio all’autonomia nel processo di riforma: dando alle istituzioni scolastiche la piena disponibilità del curricolo locale (compreso quello detto “regionale”); arrivando a scrivere “Indicazioni nazionali” in termini di conoscenze e abilità da possedere al termine di ogni ciclo; tralasciando in ogni modo di presentare da parte del Ministero eventuali “Raccomandazioni” che consegnano alle scuole modelli formativi e didattici preconfezionati.
3. Per la scuola dell’infanzia le nostre osservazioni perseguono due aspetti. Il primo, ai fin di una effettiva “cooperazione” tra scuola e responsabilità educativa dei genitori, per curare che il prolungamento del tempo scuola nella giornata come nell’anno sia frutto di decisioni autonome delle scuole all’interno di una stretta “cooperazione” appunto con le famiglie. L’altro per fare in modo che l’anticipo (non certo arrivato nella legge delega per ragioni educative e che per ora sembra assestato non oltre il 10 %) si attui dotando le scuole delle necessarie risorse professionali per far fronte al nuovo compito. In particolare l’organico di scuola non potrà non tener conto della scelta dell’anticipo, lasciando alle scuole la possibilità di ricorso a contratti su particolari e limitate esigenze di organizzazione della nuova situazione. Ci pare inoltre non solo rispettoso della realtà ma anche di una seria fiducia nella maturità delle famiglie attuare una generalizzazione della scuola dell’infanzia attraverso un attento coinvolgimento di tutte le serie realtà formative esistenti nelle comunità locali, a qualsiasi gestione esse appartengano, statali o paritarie.
4. La scuola primaria è stata in questi mesi il livello di maggiore dibattito perché evidentemente più massicciamente e velocemente coinvolta nell’avvio della riforma. Condividiamo in linea di massima le scelte sul tempo scuola di questo come degli altri vari livelli. Riteniamo male impostata la polemica pubblica sul tempo pieno alle elementari, come sul tempo lungo alle medie: soprattutto per dirigenti scolastici che conoscono da anni esperienze in atto e si domandano spesso di cosa sia “pieno” quel tempo. Ci pare curioso poi (specie dopo l’accordo in Conferenza Stato-Regioni) che i sostenitori di questo tipo di risposta ad una domanda sociale condannino poi sbrigativamente l’anticipo alla scuola materna come forma di “assistenza sociale”. Per la primaria i nostri limitati contributi riguardano soprattutto la scrittura delle finalità con le conseguenze nell’impostazione delle relative “Indicazioni nazionali”. Pur con tutta la necessità di iniziare da questo livello la diffusione dell’alfabetizzazione informatica, questa è comunque secondaria alla ovvia priorità della alfabetizzazione culturale della lingua, della lettura, del calcolo e delle scienze, al cui sviluppo quella informatica è totalmente strumentale. Va riscritto quindi l’articolo, invertendo l’ordine delle attività. Quindi, anche per confermare e rafforzare la valenza culturale e formativa della primaria, non ci pare il caso che la lingua italiana appaia seconda al gioco sul computer. Tra l’altro la giustamente ricordata “criticità” potrà riguardare anche l’uso dei mezzi tecnici solo se il primo cervello da sviluppare sarà l’io morale e culturale del bambino, dato che il “cervello” meccanico ne è il suo stupido esecutore.
5. Confermiamo, come già detto nel 2002, la positività di aver scelto per l’autonomia del ciclo della scuola secondaria di primo grado e riconosciamo nell’articolato una ampia flessibilità per impostare una scuola adeguata ai bisogni dei ragazzi. Non condividiamo, nelle “Indicazioni nazionali” allegate, la scelta praticata nella nuova disciplina di tecnologia di emarginare dalla scuola l’esperienza del lavoro e della manualità. Si toglie così una importante dimensione formativa che tra l’altro la legge delega intende poi riscoprire con la scuola secondaria di secondo grado del canale dell’istruzione-formazione. Dove ha imparato, prima dei 14 anni, un ragazzo il valore umano e culturale del lavorare “di mano”, specie in una società dove il luogo di lavoro dei genitori è ornai lontano dall’esperienza diretta del ragazzo ?
6. In generale, rispetto poi ai contenuti di studio ci pare che i “Profili” e le “Indicazioni” per il primo ciclo allegati allo schema di decreto presentino luci e ombre. Da un lato si riaffacciano, dopo anni di sperimentazione selvaggia in cui sembrava che a scuola si potesse e dovesse far di tutto tranne che studiare, indicazioni su contenuti e discipline. Dall’altro rimane un accento su “abilità” e “competenze” che rischia di essere equivoco. Da vent’anni infatti si sbandiera che la scuola non debba dare nozioni, ma un’astratta “capacità di ragionare”. Il risultato è che i nostri fanciulli e ragazzi non solo sanno sempre meno di strutture linguistiche e calcolo, ma non sanno neppure ragionare, perché non hanno appreso contenuti su cui operare. Occorre tornare a ripetere con forza che la scuola educa istruendo: lo specifico della scuola è la trasmissione di una tradizione culturale fatta insieme di un bagaglio di conoscenze e della logica che le governa.
7. L’importanza della figura del docente tutor non trova ci pare sempre adeguata chiarezza nello sviluppo del decreto, specie negli articoli sulla secondaria di primo grado. Non bastano semplici enunciati, ma occorre dire con chiarezza anche in questo ordine di scuola che questa nuova ed importantissima funzione esige più tempo, oltre le 18 ore di cattedra, lasciando alle scuole piena autonomia organizzativa sulla distribuzione di questo tempo aggiuntivo e sulle modalità di esercizio della funzione. La nostra proposta di emendamento va in questa direzione.
8. Senza nulla togliere all’utilità di istituti comprensivi, utili per l'aspetto amministrativo, per l'unità di direzione delle scuole e per favorire lo stimolo alla continuità come lavoro tra gli adulti, chiediamo che si sottolinei con efficacia l’autonomia didattica dei gruppi di docenti dei vari livelli, anche se forse questo aspetto dovrà rientrare nella riscrittura delle funzioni ed organizzazione dell’attuale Collegio docenti.
9. Nel condividere le scelte fatte sulla valutazione nei vari livelli vogliamo qui segnalare una attenzione sulla quale questa Commissione a breve dovrà operare. Ci riferiamo alla grande novità introdotta dalla legge delega per la scuola italiana di un sistema di valutazione nazionale, regionale e di istituto. Se si vuole realmente sottrarre il mondo dell’istruzione all’autoreferenzialità che lo affligge, così che accade da sempre che lo stesso soggetto analizza i problemi, individua le strategie e valuta i risultati, dandosi invariabilmente ragione, occorre correggere in sede di decreti la scelta della legge delega per un ente che non è effettivamente “terzo” tra singole scuole e amministrazione scolastica centrale o periferica. Riteniamo inutile la soluzione legislativa che non ha preso con coraggio la strada di istituire un ente autonomo nazionale di valutazione. Crediamo, per come è scritto il testo, cje in sede di decreti applicativi si possa ancora fare questa importante scelta. Ciò non toglie - seconda l’esperienza di dirigenti scolastici di scuole statali e non statali che caratterizza la nostra associazione - proprio ai fini di innescare fatti di rinnovamento reale a fronte delle resistenze che caratterizzano oggi molti di coloro che operano nella scuola statale, ciò non toglie, dicevo, che una valutazione effettiva della qualità delle scuole proverrebbe da reali condizioni per una libera scelta delle famiglie tra istituzioni scolastiche di diversa gestione.
10. Ed ora il problema delle risorse. Come è possibile rinnovare la scuola senza investire sulla scuola ? Si parla di tante “grandi opere” ma la più grande opera cui una nazione possa mettere mano è proprio il rinnovamento di tutto il sistema educativo. Come altre nazioni occidentali ci hanno dimostrato, questo non avviene senza scelte di investimento, pur coniugate con revisione di organici laddove necessario e con razionalizzazione di spesa. Come potranno bastare gli stanziamenti della finanziaria 2004 ?
11. Ci si permetta infine di ribadire (poiché poco se ne parla sia nella legge delega, che nello schema di decreto, che in altri documenti apparsi fin’ora) la necessità di restituire alla scuola, al posto di una dirigenza scolastica sempre più tecnica e burocratica, una nuova direzione educativa, culturale ed organizzativa. Sappiamo che si tratta di argomento in discussione in altri disegni di legge, ma la scelta di spingere la figura del dirigente scolastico verso una funzione sempre più burocratico-amministrativa, unita alla profonda incertezza sugli attuali organismi di gestione della scuola e al sempre più ampio clima di confusione e conflittualità introdotto dalle RSU non crea certo le condizioni per un tranquillo avvio del grande passo della riforma, che ha invece bisogno di una organizzazione (direzione e organismi) consona alla natura della scuola come comunità.
Nel ringraziare di nuovo dell’occasione offerta e per non togliere tempo agli altri interventi, rinvio, in conclusione, per specifiche proposte di modifica dell’articolato dello schema di decreto che, dalle riflessioni fatte, presentino suggerimenti per noi migliorativi del testo, allo scritto che consegno. Grazie - 12 gennaio 2004

Proposte di modifica dell’articolato
Scuola dell’infanzia.
- All’art.1: aggiungere al comma 4: "Per il perseguimento dei fini di cui al precedente comma 1e per rendere efficaci le intese di cui al precedente comma 3, qualora la scuola dell'infanzia coesista nella stessa istituzione scolastica con altri servizi o cicli scolastici, essa dovrà avere uno specifico responsabile delle attività didattiche inerenti la scuola dell'infanzia i cui insegnanti formeranno uno specifico e distinto collegio".
- All’art. 2 suggeriamo la seguente riscrittura: "Alla scuola dell'infanzia possono essere iscritti, con gradualità secondo il dispositivo dell’art. 12, le bambine e i bambini che compiono i tre anni non oltre il 30 aprile dell’anno scolastico di riferimento."
- Nell’art.3 cambiare il testo del comma 1 con il seguente: "1. L’orario annuale delle attività educative per la scuola dell’infanzia, comprensivo della quota riservata alle Regioni, alle istituzioni scolastiche autonome e all’insegnamento della religione cattolica in conformità all’Accordo che apporta modifiche al Concordato lateranense e relativo Protocollo addizionale, reso esecutivo con la legge 25 marzo 1985, n. 121, ed alle conseguenti intese, si diversifica da un minimo di 875 ad un massimo di 1700 ore, a seconda dei progetti educativi delle singole scuole dell’infanzia, tenuto conto delle richieste delle famiglie è compreso tra un minimo di 875 ore e un massimo di 1700 ore, secondo quanto previsto dal Piano dell'Offerta Formativa adottato, in armonia con le scelte educative e i bisogni espressi dai genitori."
In norme applicative occorrerà inoltre specificare: - i criteri per la formulazione dell'organico di istituto; - le modalità e le condizioni con cui ampliare la offerta formativa. Data l'ampia variabilità dell'orario (825 ore annue) si potrebbe proporre una formulazione come la seguente (aggiunta di un comma tra il primo e il secondo): "L'organico di istituto è definito in relazione al numero e all'età dei bambini frequentanti, alle modalità didattiche adottate, alla durata dell'orario di funzionamento e all'articolazione della proposta formativa. Le istituzioni scolastiche statali potranno assumere direttamente personale aggiuntivo per soddisfare esigenze specifiche legate alla realizzazione dei Piani personalizzati di studio, nei limiti delle risorse iscritte nei loro bilanci, scegliendolo tra quanti saranno forniti dei requisiti previsti in apposito decreto ministeriale."
- Sempre nell’art. 3 riscrivere il comma 2 nel modo seguente: "Al fine del conseguimento degli obiettivi formativi, i docenti curano la personalizzazione delle attività educative, attraverso la relazione con la famiglia in continuità con il primario contesto affettivo e di vita delle bambine e dei bambini anche attraverso rapporti sistematici con i genitori. Nell’esercizio dell’autonomia delle istituzioni scolastiche sono attuate opportune forme di coordinamento didattico, anche per assicurare il raccordo in continuità con il complesso dei servizi all’infanzia e con la scuola primaria e per evitare anticipazioni automatiche dei percorsi formativi non corrispondenti alle reali esigenze dei bambini".
- Ancora nell’art. 3 riscrivere il comma 3 nel modo seguente: "La scuola dell’infanzia cura la documentazione relativa al processo educativo e, in particolare, all’autonomia personale alle attività svolte e alla crescita delle bambine e dei bambini, con la collaborazione delle famiglie”.
Scuola primaria
- La scrittura dell’art. 5 risulta un po’ confusa. Occorre rimettere nel giusto ordine la successione delle varie finalità ricordate per farne meglio comprendere i nessi.
- Nell’art. 6 riscrivere il comma 2 così: "Alla scuola dell'infanzia possono essere iscritti, con gradualità secondo il dispositivo dell’art. 12, le bambine e i bambini che compiono i sei anni non oltre il 30 aprile dell'anno scolastico di riferimento." In ogni caso il problema da affrontare poi nell’autonoma organizzazione della scuola, se possibile, è come l'anticipo debba essere oggetto di un confronto particolare tra genitori e scuola.
Scuola secondaria di primo grado
- Non ci sono nella secondaria di primo grado (art. 10) i commi 6, 7 e 8 dell’art. 7 della scuola primaria. Mancano quindi importanti chiarimenti sull’organico e sulla sua gestione.
- All’art. 10, comma 5, al termine dell’importante accenno alla figura del docente tutor, una delle chiavi di volta della nuova scuola, occorre necessariamente introdurre la precisazione “utilizzando l’assegnazione di 6 ore settimanali oltre alle 18 di cattedra”, non solo per dare la stessa chiarezza dell’art. 7 comma 6 della scuola primaria (più chiaro nel commento che nel testo), ma per non annullare nella realtà l’importante nuova figura.
- Nell’art. 12 sostituire alla prima riga del testo il riferimento all'anno scolastico 2003/2004 con 2004/2005. Sostituire poi alla sesta/settima riga i riferimenti agli anni scolastici 2004/05 e 2005/06 con 2005/2006 e 2006/07. La stessa cosa deve essere fatta nell’art. 13.
 
Salva Segnala Stampa Esci Home