Studenti e debiti: pareri di DiSAL e altre associazioni


Avvenire  -  11 marzo 2008
Superiori, studenti pieni di debiti. Formativi
 DA MILANO ENRICO LENZI
 U na scuola superiore piena di debiti for­mativi. È il desolante quadro che emerge dai ri­sultati del primo quadrime­­stre: sette studenti su dieci ha almeno una materia in­sufficiente. Ma la situazione è ancora più grave se si pen­sa che i due milioni di stu­denti con debiti hanno ac­cumulato complessivamen­te otto milioni di insuffi­cienze. In pratica quattro materie sotto il 6 per ogni studente.
«I dati dimostrano quale la­voro straordinario la scuola debba mettere in atto» com­menta sconsolato il ministro della Pubblica Istruzione Giuseppe Fioroni. E la mole di lavoro è davvero impres­sionante, visto che «entro giugno bisogna recuperare il più possibile di queste in­sufficienze », aggiunge il mi­nistro. Infatti, secondo le modifiche apportate al re- cupero dei debiti formativi, le lacune devono essere col­mate entro l’inizio del nuo­vo anno scolastico: a fine a­gosto o entro la prima setti­mana di settembre, comun­que prima della ripresa del­le lezioni.
«Saranno proprio questi cor­si estivi il vero problema del­la normativa introdotta dal ministro» commenta Ro­berto Pellegatta, presidente nazionale della Disal presi­di, associazione professio­nale dei dirigenti scolastici. «Secondo i dati di un son­daggio che stiamo condu­cendo c’è una bassissima di­sponibilità dei docenti a te­nere questi corsi estivi (solo la metà degli istituti dichia­ra di avere docenti disponi­bili ai corsi estivi, mentre il 70% del campione ha fissa­to il recupero nella prima settimana di settembre), no­nostante l’effettivo aumen­to delle risorse messe a di­sposizione » spiega il presi­dente della Disal. Eppure la situazione appare dramma­tica. «Lo scenario al termine del primo quadrimestre non è molto dissimile da quella esistente negli anni passati – commenta Pellegatta –: la vera novità è che si è moni­torato i risultati». Dunque niente di nuovo?. «Lo riba­disco: la situazione non è molto diversa. Lo è invece il sistema dei corsi di recupe­ro che gli istituti, a dire il ve­ro, hanno sempre organiz­zato da quando nel 1995 è stato introdotto il debito for­mativo ». Meccanismo rigi­do, a cui si associa l’obbligo di recupero prima dell’avvio del nuovo anno, norma che «i collegi docenti di centi­naia di istituti hanno forte­mente criticato».
Resta da verificare cosa ac­cadrà a giugno in fase di scrutinio finale. «Di solito le insufficienze a fine anno si dimezzano» ricorda il mini­stro Fioroni. E quest’anno si potrebbe «optare per un au­mento di promozioni e boc­ciature per limitare il ricor­so ai recuperi estivi» teme il presidente della Disal.
Tornando ai dati diffusi dal ministero, la situazione più preoccupante si registra nei professionali dove gli stu­denti con debiti sono l’80%. Precedono i tecnici (76,4%) e i licei artistici (73,8%). Si scende al 67,4% nei licei lin­guistici, seguiti a ruota dagli scientifici con il 61,9%. Chiu­dono la classifica i licei clas­sici e quelli socio-psico-pe­dagogici entrambi con il 57,6%. La matematica si conferma la «bestia nera» per gli studenti italiani: ben il 62,4% degli studenti con debito, con una percentua­le costante in ogni indirizzo di studi. Anche la lingua stra­niera è un tallone d’Achille, visto che il 62,2% degli stu­denti con debito coinvolge questa materia. Alte anche le percentuali per l’italiano (47,4%), le discipline tecni­co- professionali (51,1%), le altre materie scientifiche (42,9%) e persino la storia (35,5%). Osservando i dati per anno di corso si nota co­me nel primo triennio la percentuale di studenti con debiti è in progressivo au­mento (dal 71,1 al 72,5%), per poi scendere nell’ultimo biennio (rispettivamente 69,6% e 65%). Istituti tecni­ci e professionali si confer­mano la tipologia di scuola con maggiori sofferenze sot­to questo profilo. La parola torna inevitabilmente alle scuole, chiamate a dare ri­sposte concrete. Unica cer­tezza: saldare i debiti non sarà una passeggiata.
Sette ragazzi su 10 hanno almeno una materia con delle lacune Ma la media è di 4 insufficienze per ciascuno

 

Avvenire -  12 marzo 2008

All'indomani dei dati sulle lacune degli studenti delle superiori, inchiesta sulle cause di un fenomeno allarmante Dal ministero fondi e verifica delle scelte fatte dai singoli istituti
 Perché tanti somari?
  La scuola s'interroga

 E Fioroni avvia un monitoraggio dei corsi di recupero

 DA MILANO ENRICO LENZI
 M a davvero la scuola italiana è piena di so­mari? È l'interrogativo che ci si pone all'in­domani della pubblicazione dei dati sui de­biti scolastici: 7 studenti su 10 hanno almeno un'in­sufficienza al termine del primo quadrimestre. Un quadro desolante, che costringe la scuola a una ri­flessione. Ma non solo: entro una decina di giorni sul tavolo del ministro della Pubblica Istruzione Giu­seppe Fioroni dovrebbe arrivare un'indagine su co­me la scuola superiore italiana sta approntando la «cura» per saldare i debiti. Sono i corsi di recupero, introdotti nel 1995 con l'abolizione degli esami di ri­parazione. Gli istituti li hanno sempre fatti, ricorda­no docenti e presidi, ma quest'anno dovranno sancire l'avvenuto recupero della lacuna. Passaggio de­licato e che apre una serie di interrogativi: è solo re­sponsabilità degli studenti? La scuola come istitu­zione ha qualche colpa? E i docenti? Domande a cui cercano di rispondere gli addetti ai lavori interroga­ti da Avvenire. Probabilmente la causa dell'attuale si­tuazione ha molti «padri» con una graduazione di responsabilità. E nell'attesa di avviare una riflessio­ne profonda sull'argomento, la scuola cerca di cor­rere ai ripari. Dal ministero sono giunti 210 milioni di euro per finanziare i corsi di recupero ed è stato fissato un compenso orario di 50 euro per i docenti che li terranno. Un tema, quello del recupero dei de­biti, destinato a infiammare questi ultimi tre mesi di scuola, con la legittima preoccupazione dei genito­ri di capire cosa accadrà per i corsi estivi.

Uciim e Diesse  -   Superiori, riforma è ormai urgente

Per i docenti la fotografia scattata dal ministero sui debiti scolastici non mostra nulla di nuovo, anche se «questi dati devono far riflettere». «Sa­rebbe però sbagliato – avverte Caterina Romano, vi­cepresidente nazionale dell'Uciim, i docenti medi cat­tolici – leggere questo dato fuori da un contesto più generale. Se facessimo un'analisi dell'andamento sco­lastico ai tempi dei vecchi esami di riparazione probabilmente scopriremmo che la situazione nel suo complesso non è cambiata: ieri l'insufficienza signi­ficava essere rimandato a settembre, oggi è il debito formativo». Ma se la situazione non è mutata «vuol dire anche che la scuola superiore in Italia è rimasta sostanzialmente ferma nella propria struttura didat­tica e nell'approccio con gli studenti». Un immobili­smo che la professoressa Romano guarda con preoc­cupazione, visto che «il mondo e i giovani sono nel frattempo cambiati». Ecco allora che per la vicepre­sidente dell'Uciim diventa quanto mai «urgente rifor­mare la scuola superiore». Più drastico è il professor Tino Giardina, del direttivo nazionale di Diesse (as­sociazione professionale di docenti aderenti alla C­do), per il quale «è l'intero sistema scolastico a dover essere riformato in una visione globale». Ma, riforme a parte, esistono responsabilità dei docenti? «Certa­mente – risponde Giardina –. Anche perché il mon­do adulto ha perso la propria capacità di essere in­terlocutore valido nella formazione dei giovani». U­na perdita che si è riflessa «sull'istituzione scolastica». Una critica condivisa dalla vicepresidente dell'Uciim, Romano: «La scuola superiore è rimasta immobile e così gran parte dei suoi docenti». Anche per questo «come associazione professionale continueremo a sollecitare una riforma delle superiori».   E ora cosa accadrà? «L'esperienza ci insegna che mol­ti di questi debiti scompariranno a giugno – rispon­de Giardina –, anche se resta il problema dei corsi e­stivi previsti dalla discussa ordinanza sui debiti for­mativi ». Insomma si lavorerà per «giungere al recu­pero della maggior parte dei debiti» conferma Ro­mano. Nella speranza che il meccanismo venga in fu­turo rivisto.
Enrico Lenzi

 

Il valutatore   -   Bisogna analizzare i processi educativi

Dati «amari», che «devono far riflettere tutti». E che chiamano in causa «il senso di re­sponsabilità degli stessi ragazzi nei confron­ti dello studio». Ma per Elena Ugolini, uno dei tre commissari dell'Invalsi (l'Istituto nazionale per la valutazione del sistema scolastico), sono anche un campanello d'allarme, che rende ancora più urgen­te fornire, agli stessi istituti, gli strumenti per la va­lutazione del proprio lavoro. «È uno degli obiettivi principali del nostro impegno come Invalsi» spiega Elena Ugolini annunciando che in tempi brevi «fa­remo una rilevazione di sistema su tutte le scuole i­taliane in cui raccogliere le modalità dei processi di lavoro all'interno degli istituti». Un'occasione im­portante, perché «la scuole, rispondendo al nostro questionario, dovranno dirci come attuano i loro processi educativi e come, nel concreto, aiutano i loro studenti nel processo di apprendimento».   Del resto è «proprio questo il punto su cui focaliz­zare l'analisi e l'intervento» sottolinea il commissa­rio dell'Invalsi. Anche per questo «puntiamo alla ri­levazione dei valori di apprendimento degli studenti sia in entrata sia in uscita». Valori che da soli posso­no indicare il grado di successo o meno di un de­terminato processo messo in atto dalla scuola. In­somma punti di riferimento oggettivi che possano aiutare a calibrare meglio l'intervento educativo. «U­na modalità – aggiunge Ugolini, che è anche presi­de del liceo Malpighi di Bologna – per verificare l'ef­ficacia del proprio lavoro in classe».     Per ora, però, rimangono i dati diffusi dal ministero della Pubblica Istruzione sul totale dei debiti for­mativi. Tutta colpa dei ragazzi? «Il loro impegno e la loro responsabilità nello studiare non possono es­sere in alcun modo sostituiti e risultano indispen­sabili – risponde la professoressa Ugolini –, ma mol­te ricerche internazionali sottolineano come il fat­tore più importante per un successo educativo sia il clima di lavoro in classe. Ed è indubbio che questo clima è fortemente determinato dal lavoro del do­cente stesso o del team di professori. Insomma il do­cente può fare la differenza nel risultato finale».
Enrico Lenzi

 

 

Il centro di aiuto allo studio -    Mettersi in gioco e passione le armi per rimotivare questi giovani

Approccio personale e passione educativa. «Non sono la ricetta magica, ma certo sono una ri­sposta concreta per risvegliare nei gio­vani la voglia di studiare». Una moda­lità che Alberto Bonfanti vede applica­re quotidianamente nelle sedi di Por­tofranco, un centro di aiuto allo studio, aperto a tutti e gratuito. Bonfanti è il presidente nazionale dell'associazione che è presente in quasi tutta Italia con venti sedi. Un osservatorio privilegiato sul mondo della scuola. «I dati diffusi dal ministero non ci sorprendono – commenta Bonfanti – e non notiamo una situazione differente dal passato quando questa rilevazione non veniva fatta». Il problema, però, è più profon­do e «coinvolge non solo i ragazzi, ma anche gli stessi docenti». E qui entra in gioco la metodologia che nei centri di Portofranco viene messa in atto. ««Per far scattare l'interesse nei ragazzi – ri­badisce il presidente – occorre avere un approccio personale, che nel nostro ca­so è facilitato avendo uno ragazzo un proprio docente. Ma accanto all'ap­proccio personale bisogna che il ragaz­zo percepisca la passione e l'interesse che lo stesso docente ha per quanto gli sta proponendo». Insomma una pas­sione per contagio. E quello di «diven­tare maestri appassionati della propria materia» è il punto debole della rispo­sta che la scuola spesso fornisce. «Al mi­nistro Fioroni va riconosciuto il merito di aver ribadito con i fatti il principio che i debiti vanno saldati – dice Bon­fanti –. Più discutibile la soluzione tro­vata per applicare questo principio». Ma i dati dimostrano che c'era bisogno di recuperare le lacune. «I dati sui debi­ti formativi sono sicuramente una pro­vocazione per gli stessi docenti che so­no chiamati a ripensare la propria me­todologia, il proprio approccio nei con­fronti dei ragazzi che hanno in classe, a rimettersi in gioco ogni giorno, a cerca­re tutte le strategie possibili per cerca­re di far scattare la scintilla dell'interes­se dei ragazzi verso gli studi» auspica il presidente di Portofranco. E quando «quella scintilla si accende, ho visto ri­sultati davvero sorprendenti». (E.Le.)

 

L’autodifesa ministeriale

MPI  -  Ufficio Stampa

Scuola, Bastico: corsi di recupero sono la soluzione, non il problema
Chi lo nega fa campagna elettorale sulla pelle dei ragazzi
Dichiarazione del Vice Ministro della Pubblica Istruzione
Mariangela Bastico

Roma, 11 marzo 2008

Stupisce che proprio chi ha deciso di abolire gli esami di riparazione nel 1995, chi ha scelto di affidare gli esami di Stato a commissioni composte da soli docenti interni, chi ha ritenuto di non dover tenere in alcun modo in considerazione i risultati delle indagini Ocse Pisa (2000 - 2003 - 2006) sugli apprendimenti dei quindicenni, ora si permetta di criticare e di etichettare come fallimentari le scelte del Ministero della Pubblica Istruzione per realizzare una scuola più seria e rigorosa adottando dei provvedimenti capaci di superare le emergenze.  Il problema centrale è quello delle carenze negli apprendimenti degli studenti, particolarmente in discipline come la matematica, l'italiano, le lingue straniere, le materie tecniche e professionali. Insufficienze che riguardano circa il 70% degli studenti delle scuole superiori.   I corsi di recupero, di sostegno, le attività di "sportello" personalizzate per i singoli ragazzi, organizzate in modo diversificato dalle scuole con un immenso sforzo organizzativo ed educativo (sono 8 milioni i debiti che devono essere recuperati) sono il rimedio, non il problema. Chi lo nega fa soltanto un paradossale scambio di cause ed effetti motivabile in un'ottica puramente elettoralistica.   Del resto è paradossale che i corsi di recupero siano definiti "fallimentari" da alcuni esponenti dell'opposizione: i corsi, infatti, sono appena iniziati e i loro esiti si misureranno a fine anno. 
Ma non si era più volte convenuto che sulla scuola e sull'educazione dei ragazzi sarebbe stato opportuno ragionare in un'ottica che superi le contingenze politiche concentrando risorse ed intelligenze sulla soluzione dei problemi che tutti conveniamo esistano? Non mi sembra opportuno fare campagna elettorale sulla pelle degli studenti.

 

 
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