L’istituto della autotutela amministrativa
Premessa
L'elaborazione della dottrina e della giurisprudenza ha nel tempo costruito la figura dell'autotutela quale generalissimo strumento di cui avrebbe disponibilità la pubblica amministrazione al fine di porre rimedio a situazioni in cui i propri atti siano dalla stessa ritenuti viziati dall'origine o divenuti inopportuni.
La peculiarità dell'istituto sta nell'esclusiva potestà riconosciuta alla pubblica amministrazione di azzerare la propria attività , anche senza una preventiva contestazione della legittimità o dell'opportunità del suo operato da parte di terzi, in virtù dell'accertamento, autonomo, della presenza di vizi che potrebbero dare luogo ad impugnativa o sulla base di nuove valutazioni di merito. L'intervento, che l'amministrazione pone in essere spontaneamente, trova la giustificazione nel dovere di cura dell'interesse pubblico attuale. Il limite che a sua volta incontra l'esercizio del potere di autotutela è l'avvenuto consolidamento degli interessi privati che hanno trovato origine nel provvedimento oggetto di autotutela. Questa è sempre stata l'opinione della giurisprudenza, che fondava la rimozione dell’atto sull'interesse pubblico specifico ed attuale alla sua rimozione che risultasse prevalente sull'interesse del privato alla sua conservazione. Qualora gli interessi privati non possano ritenersi consolidati, la valutazione dell'agere della p.a. in autotutela trova altri presupposti, sicuramente meno stringenti, ed infatti il Consiglio di Stato ha ritenuto che, ai fini dell'annullamento d'ufficio dell'atto, sia ius receptum il principio secondo cui l'annullamento di ufficio di un provvedimento debba essere sonetto anche da autonome ed attuali ragioni di pubblico interesse solo nel caso in cui esso incida su interessi che risultino consolidati, per il tempo trascorso dall'emanazione del provvedimento annullato e per l'affidamento sulla sua legittimità ingenerato nei suoi destinatari, in quanto atto proveniente dall'amministrazione pubblica; come corollario di tale principio, la giurisprudenza ha anche affermato che non occorre la presenza di preminenti ragioni di interesse pubblico quando il soggetto nei cui confronti si esercita il potere di annullamento non sia in buona fede (cfr, tra le altre, Sez. V, 9 maggio 2000, n. 2648; 29 aprile 2000, n. 2544; 29 settembre 1999, n. 1213; Sez. IV, 16 dicembre 1983.
L'autotutela può manifestarsi come eliminazione o modifica dell'atto. L'autotutela, quale eliminazione dell'atto, si configura come annullamento d'ufficio o ritiro, revoca e sospensione; invece, l'autotutela a modifica dell'atto è identificata con la ratifica, la convalida e la sanatoria. L'autotutela di cui si è detto si riferisce all'atto e comporta decisioni inerenti all'atto, pertanto è definita decisoria. Si distingue dall'autotutela esecutiva, che concerne la concreta esecuzione degli atti e degli obblighi sorti nei confronti della p.a.
Con l'emanazione, molto attesa, della legge n. 15/2005, è stato introdotto il capo IV bis alla legge 24l/90(2). L'autotutela, come pure la disciplina dell'efficacia e dell'invalidità del provvedimento amministrativo, non è più solo una teorizzazione della dottrina o il risultato delle pronunce della giurisprudenza amministrativa ma, con l'introduzione del nuovo corpo di norme, una significativa parte deìl'agere amministrativo riceve una disciplina dal diritto positivo. Del resto, tutta la legge 241/90 sembra essersi radicalmente trasformata. Nata come legge sulla trasparenza e sul procedimento, è ormai una legge sull'attività amministrativa nelle sue molteplici manifestazioni. A riprova di ciò, basti leggere gli articoli 21 ter e 21 septies: queste norme per la prima volta offrono, pur sommariamente, le definizioni di esecutorietà e nullità del provvedimento.
Annullamento d'ufficio
Avvicinandoci al tema dell'autotutela, con particolare riferimento alle figure del ritiro, che tradizionalmente consiste nell'annullamento d'ufficio di un provvedimento che la p.a. ritenga viziato ab orìgine, e della revoca, riferita, sempre secondo la più accreditata dottrina, alle fattispecie in cui la p.a. ritenga di far cessare gli effetti di atti inopportuni a seguito di nuove valutazioni o di sopravvenute circostanze, osserviamo che le norme utili ad una definizione secondo il diritto positivo sono contenute proprio nel capo IV bis della legge 241/90, così come modificata nel 2005.
Una precisazione appare utile per distinguere il mero ritiro dell'atto amministrativo dall'annullamento d'ufficio, in quanto il primo è riferito ad un atto che non ha ancora prodotto effetti e, pertanto, in questo caso non deve ritenersi necessaria l'esplicitazione dell'interesse pubblico all'eliminazione dell'atto medesimo. Putando l'attenzione, quindi, sul dettato delle recenti leggi in materia, devono essere messi a fuoco due interventi legislativi. Il primo in ordine di tempo è quello contenuto nell'ari. 1, comma 136, della legge n. 311/2004 (legge finanziaria per l'anno 2005) che, anche se con finalità puramente economiche, costituisce comunque una prima disciplina dell'annullamento d'ufficio dei provvedimenti amministrativi illegittimi®. Il secondo intervento, a distanza ravvicinata e dopo una lunga inerzia legislativa, è proprio quello espresso con l'art. 21 nom'e/4). Questa norma fissa - restando in verità comunque in perfetta sintonia con quanto nel tempo la stessa giurisprudenza aveva più volte affermato - tre presupposti perché l'amministrazione possa annullare d'ufficio un proprio atto.
In primo luogo, devono sussistere ragioni di interesse pubblico, da valutare ed esplicitare nella decisione di annullamento. Va detto che, secondo la giurisprudenza, l'interesse pubblico è in re ipsa qualora l'atto illegittimo oggetto di ritiro sia fonte di spesa pubblica®. In secondo luogo, l'amministrazione dovrà verificare che sia trascorso un termine ragionevole. Su questo secondo aspetto il legislatore che ha modificato la legge 241/90 sembra essere stato meno puntuale di quello della legge 311/2004 citata. Pertanto, in ordine alla ragionevolezza del termine entro il quale è legittimo l'annullamento d'ufficio, si pongono due problemi. Il primo problema è quello della decorrenza e, a tal proposito, può ritenersi che questa debba essere individuata nel momento di acquisizione di efficacia dell'atto da annullare. Il secondo problema è quello del limite temporale entro cui esercitare l'autotutela e, sempre parafrasando il disposto del comma 136 della legge finanziaria 2005, dovrebbe rispondere a una scelta equilibrata della p.a. la circostanza di un decorso del termine non superiore a tre anni.
Per quanto riguarda, in ultimo, la protezione degli interessi dei destinatari e dei controinteressati, è evidente che la tutela del legittimo affidamento dei terzi dovrà essere tenuta in considerazione ove i terzi siano in buona fede. Ma nei casi in cui, in virtù del generale principio civilistico -desunto ad esempio dagli arti. 1440 o 1490 c.c. -, la buona fede non sussista, la p.a. potrà decidere dell'annullamento in modo più spedito, senza ponderare l'eventuale nocumento che derivi a soggetti esterni all'amministrazione dall'eventuale ritiro dell'atto.
In ordine alle ragioni di interesse pubblico che devono sorreggere l'annullamento d'ufficio, in conformità alla giurisprudenza amministrativa formatasi in materia ancora prima dell'intervento del legislatore, deve ritenersi che la ponderazione delle medesime vada operata dall'amministrazione solo nei casi in cui, a causa del tempo trascorso dall'adozione dell' atto da annullare, possono essersi consolidati interessi pubblici e privati. Infine, deve sottolinearsi che, attesa l'illegittimità e, quindi, l'invalidità dell'atto da annullare, in questi casi il ritiro ha efficacia ex lune.
La revoca
Al contrario, nell'ipotesi di revoca che, come si è detto, non si riferisce ad un atto illegittimo ma solo inopportuno, l'intervento dell'amministrazione ha efficacia ex nunc, lasciando inalterati gli effetti già prodotti ed eventuali situazioni di diritto già consolidate nei destinatari. Anche la nuova legge, stabilendo che la revoca determina l'inidoneità del provvedimento revocato a produrre ulteriori effetti, conferma l'efficacia ex nunc. La disciplina della revoca è dettata dall'alt. 21 quinquies^. La norma individua i presupposti della revoca nella soprawenienza dei motivi di pubblico interesse o nel mutamento della situazione di fatto o nella nuova valutazione dell'interesse pubblico originario. Il legislatore ha però cura di tutelare quei casi in cui si siano venute a consolidare situazioni di diritto soggettivo a seguito di atti amministrativi aventi carattere ampliativo della sfera giuridica, prevedendo una tutela indennitaria per i soggetti controinteressati all'adozione del provvedimento di revoca. Tale previsione di indennizzo assimila la disciplina positiva della revoca a quella prevista dall'alt. 11, comma 4, della Legge 241/90 per gli accordi procedimentali, ove, a fronte della possibilità per l'amministrazione di recedere unilateralmente dall'accordo, è previsto, per il caso di pregiudizio per il privato, l'obbligo di indennizzo.
La sospensione
L'art. 21 quater, comma
Vito Alfonso
Note
(1) Consiglio di Stato, V sezione, sent. n. 6554 del 15.6.2004.
(2) Legge 241/90: CAPO IV-BIS - Efficacia ed invalidità del provvedimento amministrativo. Revoca e recesso- Art. 21-bis. - Efficacia del provvedimento limitativo della sfera giuridica dei privati: Art. 21-ter. - Esecutorietà ; Art. 21-quater. - Efficacia ed esecutività del provvedimento; Art. 21-quinquies. - Revoca del provvedimento; Art. 21-sexies. - Recesso dai contratti; Art. 21-septies. - Nullità del provvedimento Art. 21-octies. -Annullabilità del provvedimento; Art. 21-nonies. -Annullamento d'ufficio
(3) Art. 1 comma, 136, legge n. 311/2004: "Al fine di conseguire risparmi o minori oneri finanziari per le amministrazioni pubbliche, può sempre essere disposto l'annullamento d'ufficio di provvedimentiamministrativi illegittimi, anche se l'esecuzione degli stessi sia ancora in corso. L'annullamento di cui al primo periodo di provvedimenti incidenti su rapporti contrattuali o convenzionali con privati deve tenere indenni i privati stessi dall'eventuale pregiudizio patrimoniale derivante, e comunque non può essere adottato oltre tre anni dall'acquisizione di efficacia del provvedimento, anche se la relativa esecuzione sia perdurante".
(4) Art. 21-nonies. Annullamento d'ufficio 1. Il provvedimento amministrativo illegittimo ai sensi dell'articolo 21-octiespuò essere annullato d'ufficio, sussistendone le ragioni di interesse pubblico, entro un termine ragionevole e tenendo conto degli interessi dei destinatari e dei controinteressati, dall'organo che lo ha emanato, ovvero da altro organo previsto dalla legge. 2. È fatta salva la possibilità di convalida del provvedimento annullabile, sussistendone le ragioni di interesse pubblico ed entro un termine ragionevole.
(5) Consiglio di Stato, IV sez., 5.11.2004, n. 7210.
(6) Art. 21-quinquies. Revoca del provvedimento. Per sopravvenuti motivi di pubblico interesse ovvero nel caso di mutamento della situazione di fatto o di nuova valutazione dell'interesse pubblico originario, il provvedimento amministrativo ad efficacia durevole può essere revocato da pane dell'organo che lo ha emanato ovvero da altro organo previsto dalla legge. La revoca determina la inidoneità del provvedimento revocato a produrre ulteriori effetti. Se la revoca comporta pregiudizi in danno dei soggetti direttamente interessati, l'amministrazione ha l'obbligo di provvedere al loro indennizzo. Le controversie in materia di determinazione e corresponsione dell'indennizzo sono attribuite alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo.
(7) Legge n. 241/90 art. 21 quater: Efficacia ed esecutività del provvedimento. 1.1 provvedimenti amministrativi efficaci sono eseguiti immediatamente, salvo che sia diversamente stabilito dalla legge o dal provvedimento medesimo. 2.L'efficacia ovvero l'esecuzione del provvedimento amministrativo può essere sospesa, per gravi ragioni e per il tempo strettamente necessario, dallo stesso organo che lo ha emanato ovvero da altro organo previsto dalla legge. Il termine della sospensione è esplicitamente indicato nell'atto che la dispone e può essere prorogato o differito per una sola volta, nonché ridotto per sopravvenute esigenze
Scuola e Amministrazione - n. 6, febbraio 2008