Maturità: uno spreco di risorse inefficace. In Francia invece…


Francia: Il "bac" compie 200 anni. E costa poco...

Mitico, ad alto valore simbolico, irrinunciabile istituzione repubblicana per alcuni; un rituale ma banalizzato omaggio alla tradizione per altri, comunque inaffondabile per tutti, il baccalauréat, la "maturità" francese, compie quest'anno due secoli di vita.  Creato per decreto imperiale il 17 marzo 1808, in piena età napoleonica, il bac coinvolge nella sessione in corso oltre 615.000 candidati, circa il 64% della classe d'età di riferimento.   Inizialmente il bac, come tutti lo chiamano, consisteva in una prova orale, che aveva la natura di un esame di ammissione all'università riservato a pochi candidati (ancora nel 1945 riguardava solo il 3% della classe d'età). Con il tempo, come è accaduto nel secondo dopoguerra anche in Italia e in tutto il mondo economicamente sviluppato, il bac ha coinvolto fasce sempre più ampie di giovani e si è differenziato in aree e indirizzi, finendo per acquistare una doppia funzione: di esame conclusivo degli studi secondari da una parte, e di prova di idoneità agli studi superiori (universitari e non) dall'altra.   I francesi si lamentano dell'eccessiva frammentazione del bac, che attualmente supera le cento tipologie di esame, distribuite in tre grandi aree (generale, tecnologica e professionale), ciascuna delle quali si articola in indirizzi (séries), particolarmente numerosi per l'area professionale. Nel 2007 il 53% dei diplomati ha conseguito il bac generale, il 27% il tecnologico e il 20% il professionale.   L'esame, come informa l'ultimo numero di Le Monde de l'Education (www.lemonde.fr/mde)  si svolge in 4.366 sedi, coinvolge 127.685 esaminatori e correttori degli elaborati (circa 4 milioni: in Francia le prove scritte sono più numerose che in Italia), che percepiscono un'indennità media di 1,67 euro per copia corretta. Il costo medio dell'esame per candidato è di 62,6 euro (circa 38 milioni e mezzo in totale): molto meno che in Italia, dove il costo preventivato dell'esame ha raggiunto quest'anno i 183 milioni di euro (se basteranno), che divisi per i nostri 497.000 candidati fanno un costo unitario di 368 euro.

 

Una maturità che costa 183 milioni di euro e funziona male

Non era certo la prima volta che le prove d'esame della "maturità" finivano nel tritacarne dei media, ma una bufera così violenta non si era mai vista. Quasi uno tsunami, che ha indotto una parte della stampa e dell'opinione pubblica a chiedersi se non sia meglio fare a meno dello stesso esame, o almeno di un esame fatto in questo modo. Che costa tra l'altro alla collettività ben 183 milioni di euro, salvo (probabili) sforamenti. Cifre ricordate anche da Gian Antonio Stella nel suo editoriale Se il maturando ci costa 368 euro (sul Corriere della Sera di ieri 25 giugno 2008), che cita più volte dati elaborati da Tuttoscuola.  L'insistente appello per il ripristino della "serietà" nella scuola, lanciato dall'ex ministro Fioroni, e ripreso con forza dal suo successore Gelmini, è apparso improvvisamente banale, inattendibile, provenendo da un Ministero colto in fallo nel momento della sua massima responsabilità e visibilità pubblica. Di qui la solenne arrabbiatura dell'attuale titolare del Ministero, e l'immediata ricerca del o dei "colpevoli".  Ma al di là dei veri o presunti errori degli ispettori e dei tecnici, è la stessa, colossale macchina della "maturità", anzi dell'esame conclusivo degli studi secondari superiori, come un po' burocraticamente si chiama dopo la riforma Berlinguer, a mostrare tutti i suoi limiti.

Già l'ex ministro Moratti aveva di fatto contribuito a indebolire il senso dell'esame, disponendo che esso venisse gestito dagli stessi insegnanti dei candidati, e trasformandolo così in una sorta di prova finale interna, seguita da uno scrutinio di fine d'anno, anzi di fine ciclo. E non è certo bastato il ripristino delle commissioni miste, reintrodotte da Fioroni nel 2007, a nascondere le crepe di un esame sempre meno credibile, i cui risultati, disaggregati per province, assegnano le votazioni più alte ad alcune zone del Sud, contraddicendo clamorosamente gli esiti delle indagini comparative internazionali, come dimostrato dal 1° Rapporto sulla qualità nella scuola di Tuttoscuola.

La verità è che non è possibile garantire il massimo della accuratezza e della segretezza in presenza di 912 diversi indirizzi, di circa 700 "seconde prove" e di diverse migliaia di proposte di testi d'esame (200 solo per la prova di italiano nelle sue diverse tipologie), fatte da centinaia di diversi proponenti. In queste condizioni l'errore, ai diversi livelli, è sempre dietro l'angolo. Per questo, come sembra peraltro sollecitare lo stesso ministro Gelmini, il megamarchingegno va alleggerito, semplificato, ammodernato anche sul piano tecnologico. Ma è soprattutto la frastagliata geografia dei percorsi, indirizzi, sperimentazioni assistite, maxi, mini e quant'altro a richiedere una analoga operazione di riordino, alleggerimento, semplificazione.  (fonte: Tuttoscuola)

 

 
Salva Segnala Stampa Esci Home