Obbligo istruzione anche nella F.P.: cronistoria di una vera novità


Idea del Governo: l'obbligo scolastico torni a 14 anni

Un emendamento al decreto 112 relativo alla manovra economica del Governo, in discussione in queste ore alla Camera, cancella l'innalzamento dell'obbligo scolastico a 16 anni di età, introdotto dal Governo Prodi nella scorsa Finanziaria..
La motivazione del governo è che l'obbligo scolastico si assolve nel sistema regionale della formazione professionale e nei percorsi triennali istituiti dal ministro Moratti, che cesserebbero di essere sperimentali e diventerebbero definitivi.
Il comunicato stampa della CGIL Scuola è durissimo su questa ipotesi: "Così si riporta l'orologio della storia agli anni 50, alle scelte precoci compiute a 14 anni di età, si torna a separare sulla base del reddito, per chi ha mezzi e opportunità sociali la scuola vera, per chi parte da qualche svantaggio sociale, il canale di serie C".
Il sindacato di via Leopoldo Serra insiste sulla natura reazionaria e classista del provvedimento: si crea "per i meno fortunati un canale parallelo discriminatorio, si regionalizza e si privatizza un pezzo di formazione".
Questo "secco ritorno all'indietro rispetto ai processi avviati di recente nella scuola" si inserisce in un generale processo di smantellamento della scuola pubblica e di discredito dei docenti, caratterizzato da "tagli indiscriminati, revisione totale di ordinamenti, organizzazione e didattica" e "continui stop and go ai processi di riforma".  (fonte: Tuttoscuola)

 

 

 

Calo dell'obbligo scolastico a 14 anni: botta e risposta Veltroni-Gelmini

Botta e risposta tra Walter Veltroni e Mariastella Gelmini sull'ipotesi che il Governo abbassi l'obbligo scolastico a 14 anni.
Per il segretario del Pd, sul fronte della scuola il Governo sta facendo passi indietro. E il riferimento è all'emendamento proposto dall'esecutivo di abolire l'obbligo scolastico a 16 anni. Il leader del centro-sinistra si è augurato che il ministro dell'Istruzione "abbia qualcosa da dire, abbia autonomia intellettuale per poter esprimere la propria posizione".
Non si è fatta attendere la risposta del ministro dell'Istruzione, dell'Università e della Ricerca Mariastella Gelmini, che ha replicato: "L'emendamento proposto dal governo non incide minimamente sull'obbligo di istruzione, che rimane a 16 anni. Evidentemente Walter Veltroni è stato male informato dai suoi collaboratori. L'obbligo rimane e può essere assolto nei percorsi di formazione professionale che aveva introdotto, in via sperimentale, il governo di centrosinistra". (fonte: Tuttoscuola)

 

 

Obbligo a 16 anni/1. Esplode la polemica

Walter Veltroni: "ai figli delle famiglie povere si dirà: ‘tu se vuoi dopo i 14 anni puoi fare la formazione professionale'. E' un'idea contro cui si batteva Don Milani".

Mariastella Gelmini: "L'emendamento proposto dal governo non incide minimamente sull'obbligo di istruzione, che rimane a 16 anni. Evidentemente Walter Veltroni è stato male informato".

A criticare pesantemente l'emendamento, anzi il sub-emendamento del governo all'art. 64 del decreto legge n. 112 ("L'obbligo di istruzione si assolve anche nei percorsi di istruzione e formazione professionale ... e anche nei percorsi sperimentali di istruzione e formazione professionale...") era stata la Cgil, che per bocca del neosegretario confederale Enrico Panini, segretario uscente della Flc-Cgil, aveva parlato di un "ennesimo colpo di mano per via legislativa contro la scuola pubblica" e di "sconfessione degli impegni assunti dal ministro Gelmini".

La critica Panini-Veltroni si riferisce alla conseguenza di tale modifica, in quanto, trasferendo l'obbligo di istruzione anche all'area della istruzione e formazione professionale si porterebbero i ragazzi a scegliere dopo la terza media il canale in cui assolvere all'obbligo.

La scelta verrebbe portata indietro di due anni, quando, con la riforma del ministro Moratti, era previsto il doppio canale dei licei da una parte e dell'istruzione e formazione professionale dall'altra.

Già nella scorsa settimana abbiamo segnalato la fine della 'luna di miele' tra i sindacati e il ministro. Ora la frattura si estende al livello politico su un punto, come quello dell'obbligo, da sempre al centro di forti contrapposizioni. Il ministro ombra del PD, senatrice Mariapia Garavaglia, preannuncia la presentazione al Senato (da notare che alla Camera nella relazione di minoranza del PD non era stato espresso alcun rilievo sull'argomento) di un emendamento al testo del decreto legge che, dopo l'approvazione da parte della Camera con voto di fiducia, previsto per lunedì 21 luglio, passerà all'esame di Palazzo Madama.

"Negli istituti di formazione professionale - sostiene Garavaglia - nei primi due anni si deve poter apprendere le materie fondamentali che vengono insegnate nel primo biennio delle scuole superiori. Ogni tentativo di stravolgere questo principio, come sembra al momento prevedere il maxi emendamento, costituisce uno stravolgimento del principio costituzionale di uguaglianza".

 

Obbligo a 16 anni/2. Che cosa diceva la Finanziaria 2007

Dice il ministro Gelmini, replicando a Walter Veltroni: "L'obbligo rimane e può essere assolto nei percorsi di formazione professionale che aveva introdotto, in via sperimentale, il governo di centrosinistra".

In realtà questi percorsi erano stati avviati già dal precedente governo di centro-destra fin dal 2003, ed erano stati confermati in via sperimentale - dopo un prolungato, aspro confronto interno al governo Prodi - nella Finanziaria 2007 (art. 1, comma 624) "fino alla messa a regime di quanto previsto dal comma 622". Il quale comma 622 prevede che "possono essere concordati tra il Ministero della pubblica istruzione e le singole regioni percorsi e progetti che, fatta salva l'autonomia delle istituzioni scolastiche, siano in grado di prevenire e contrastare la dispersione e di favorire il successo nell'assolvimento dell'obbligo di istruzione". Il governo Prodi non aveva avuto il tempo di realizzare questa disposizione, che presumibilmente avrebbe comportato la confluenza in questi nuovi "percorsi e progetti" dei percorsi triennali sperimentali, nel frattempo prorogati.

Le strutture formative chiamate ad attuare i "percorsi e progetti", sempre secondo il comma 622, dovevano essere inserite in un "apposito elenco predisposto con decreto del Ministro della pubblica istruzione" e redatto sulla base di criteri nazionali predefiniti dallo stesso Ministero "sentita la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano". A questo punto, alla luce dell'emendamento del governo al decreto legge ("L'obbligo di istruzione si assolve anche nei percorsi di istruzione e formazione professionale ... e anche nei percorsi sperimentali di istruzione e formazione professionale..."), l'elenco non serve più: viene riattivato il quadro di riferimento del Decreto legislativo 226/2005, che contempla la competenza esclusiva delle Regioni sul sistema di istruzione e formazione. Ma è facilmente ipotizzabile che le strutture formative che sarebbero state chiamate a realizzare i "percorsi e progetti" siano in larga misura le stesse che gestiscono attualmente i percorsi triennali sperimentali, e che presumibilmente gestiranno i percorsi ordinari di istruzione e formazione a regime, quando il Decreto 226/2005 sarà pienamente operante.

 

Obbligo a 16 anni/3. Che cosa cambia

La novità contenuta nel decreto legge n. 112 consisterebbe dunque nella stabilizzazione dei percorsi sperimentali, che restano tali fino alla piena attuazione del Decreto 226/2005, che riattiva il "sistema di istruzione e formazione". Non risulta tuttavia che la disciplina di cui alla Finanziaria 2007 (art. 1, commi 622 e 624) sia stata abrogata.

L'attuale governo avrebbe perciò la possibilità di operare a partire dal quadro di riferimento ereditato dal governo Prodi, ivi compreso il Regolamento sul nuovo obbligo di istruzione (del 22 agosto 2007), che riguarda le competenze e i saperi che tutti i giovani di 16 anni devono possedere, compresi quelli che frequentano i percorsi triennali.

Se il ministro Gelmini si attenesse a tale Regolamento e desse attuazione ai citati commi 622 e 624 (salvo quanto previsto per i "percorsi e progetti", di fatto abrogati dall'emendamento del governo) non farebbe che tradurre in pratica il modello di obbligo contenuto nella Finanziaria 2007.

Oltretutto il ripristino dell'istruzione professionale in capo al sistema di istruzione, deciso dal governo Prodi, ha tolto all'attuale governo e ministro un'altra castagna dal fuoco: quella del complicato contenzioso politico-istituzionale-sindacale che sarebbe scaturito dal passaggio degli istituti professionali di Stato alle Regioni. E' positivo che tale passaggio, previsto - anche se in modo confuso - dalla riforma Moratti non sia stato riproposto dall'attuale governo.

Sarebbe preoccupante, invece, che per contingenti ragioni di polemica politica si rimettesse in discussione un difficile punto d'equilibrio, che è a portata di mano, su una materia incandescente come quella dell'obbligo di istruzione. Il ministro Gelmini si guardi dai falchi di entrambi gli schieramenti.  (Da TUTTOSCUOLA  -  21 luglio 2008)

 

 

Da: lastampa.it  -  22 luglio 2008

Gelmini: l'obbligo di istruzione rimane a 16 anni

La replica del ministro all'allarmismo del segretario generale della Flc-Cgil ROMA
Un «colpo di mano del governo sull’obbligo scolastico» che riporta l’orologio della storia agli anni ’50. È il commento che arriva da Enrico Panini, segretario generale della Flc-Cgil all’emendamento al decreto 112 che cancella l’innalzamento dell’obbligo scolastico a 16 anni di età che era stato introdotto dal governo Prodi con la precedente Finanziaria.
L’emendamento infatti prevede - dice Panini - che si possa assolvere l’obbligo scolastico anche nel sistema regionale della formazione professionale e nei percorsi triennali istituiti dal ministro Moratti, che escono così dalla sperimentalità per diventare definitivi e che già prevedono a loro volta un massiccio ricorso alla formazione professionale. «Ben diversa la situazione attuale - aggiunge il segretario generale della Flc Cgil - che prevede, in coerenza con il dettato costituzionale, l’assolvimento dell’obbligo scolastico nel solo sistema di istruzione che comprende le scuole statali e paritarie. Un ennesimo colpo di mano per via legislativa contro la scuola pubblica e una sconfessione degli impegni assunti dal ministro Gelmini».
Per Panini, «così si riporta l’orologio della storia agli anni 50, alle scelte precoci compiute a 14 anni di età, si torna a separare sulla base del reddito, per chi ha mezzi e opportunità sociali la scuola vera, per chi parte da qualche svantaggio sociale, il canale di serie C». Si spacca - dice ancora l’esponente della Cgil - «l’unitarietà del sistema creando per i meno fortunati un canale parallelo discriminatorio, si regionalizza e si privatizza un pezzo di formazione. Si piega la formazione professionale ad ancella della scuola pubblica negandone invece le peculiarità e la qualificazione che si esprime nel legame coi processi di formazione finalizzati all’accesso al lavoro o alla sua riconversione.
Questo segna, ancora una volta, un secco ritorno all’indietro rispetto ai processi avviati di recente nella scuola, tesi a realizzare concretamente l’innalzamento dell’obbligo nel biennio della scuola superiore, discontinuità che si ripete anche con la revisione dei programmi di insegnamento del primo ciclo».
Tagli indiscriminati, revisione totale di ordinamenti, organizzazione e didattica, continui ’stop and gò ai processi di riforma, «testimoniano l’alta considerazione che questo governo ha per i delicati meccanismi di funzionamento della scuola e svela, se ce ne fosse ancora bisogno, come tutto il discredito gettato sul sistema e i docenti fosse finalizzato a far passare nella società l’opera di smantellamento della scuola pubblica».
Ma il ministro dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca Mariastella Gelmini replica: «L’emendamento proposto dal governo non incide minimamente sull’obbligo di istruzione, che rimane a 16 anni. Evidentemente - prosegue - Walter Veltroni è stato male informato dai suoi collaboratori. L’obbligo rimane e può essere assolto nei percorsi di formazione professionale che aveva introdotto, in via sperimentale, il governo di centrosinistra».

 

 

Da il sussidiario.net  -   21/07/2008

Una conquista educativa: ora l’obbligo passa anche attraverso la formazione professionale

Gianni Rossoni L'emendamento al Decreto Legge 112 è una conquista da salutare con grande soddisfazione. L'obbligo di istruzione non viene meno; piuttosto lo si estende ai percorsi di istruzione e formazione professionale. Così facendo si pone fine quella discriminazione certa che avrebbero subito gli oltre 130 mila allievi che in Italia scelgono liberamente di frequentare i percorsi professionali negli enti di formazione pubblici e privati. Una svolta dà a questi ragazzi uno status di pari dignità a quelli che frequentano l'Istruzione. Contemporaneamente si corregge il carattere di ambiguità del comma 622 dell’articolo 1 della legge 296/06 che peraltro peccava di non coerenza con il Decreto 226/05, nel quale è previsto l’avvio dei percorsi di istruzione e formazione professionale subito dopo il primo ciclo di istruzione.

Ricordo infatti che le modifiche effettuate dalla precedente maggioranza al Decreto Legislativo 226/05 non hanno eliminato, ma semplicemente rinviato al 1° settembre 2009 l’entrata a regime dei percorsi di istruzione e formazione professionale. Infatti la Legge 53/2003, tuttora in vigore, parla esplicitamente di un unico sistema educativo, costituito da due percorsi di pari dignità: quello dell’istruzione e quello dell’istruzione e formazione professionale.

Il cambiamento che prefigura la modifica al Decreto 112 ha una valenza culturale di enorme portata: finalmente la scuola permette ad ogni ragazzo di trovare la propria strada attraverso la differenziazione dell'offerta formativa. Sino ad oggi la pretesa di uccidere le propensioni individuali imponendo il medesimo percorso scolastico è stata la scorciatoia verso gli abbandoni e la dispersione.

In questi anni i giovani che in Lombardia hanno frequentato i Centri di Formazione Professionale sono stati messi in condizioni di operare e verificare le proprie attitudini; hanno affrontato le materie umanistiche e scientifiche, tecnologiche e professionali, privilegiando l'approccio metodologico piuttosto che lo studio teorico, ricevendo un'educazione attenta all'integrità della persona che si prepara al lavoro.

La politica regionale di Roberto Formigoni ha scelto di sostenere la fitta rete di opere educative che in Lombardia valorizza la persona e le sue potenzialità. Lo testimoniano le sempre maggiori iscrizioni ai centri lombardi. Certo, tutti i percorsi devono portare al raggiungimento di quelle competenze chiave indicate anche dall'Europa e necessarie per lo sviluppo della persona, così come le istituzioni formative che li erogano, accreditate dalle Regioni, devono garantire requisiti di affidabilità e qualità. Il governo non ha la minima intenzione di retrocedere da questi elementi che resteranno infatti immutati.

Il 1° settembre 2009 è l’occasione per estendere questi percorsi formativi a tutto il Paese, correggendo così una situazione a macchia di leopardo che li vede attivi e sviluppati con esiti altamente positivi solo in alcune regioni d’Italia.

Riaprire vecchie polemiche ideologiche sarebbe deleterio. La politica è chiamata a rispondere con azioni concrete ai bisogni reali delle persone. Ampliare le possibilità formative significa creare più opportunità per tutti.

 
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