Ricerca: per Eurostat bassa spesa all’Istruzione in Italia


 

L'Eurostat dice che in Italia si spende poco per l'istruzione

La Stampa  -  10 gennaio 2009

Il 19 dicembre scorso l'Eurostat, l'Istituto statistico della Commissione europea, ha concluso un rapporto di 8 pagine riferito all'anno 2005 sulla spesa dell'Unione Europea e dei singoli Stati membri per l'istruzione, (in lingua inglese http://epp.eurostat.ec.europa.eu/cache/ITY_OFFPUB/KS-SF-08-117/EN/KS-SF-08-117-EN.PDF), e i cui dati sono stati diffusi ieri.
Il dato rilevato da Eurostat considera tutti i livelli di spesa pubblica, locali, regionali e nazionali, e comprende non soltanto le istituzioni scolastiche e universitarie ma anche le altre istituzioni che garantiscono il funzionamento del sistema educativo nazionale: ministeri e dipartimenti della pubblica istruzione, servizi, ricerca.
Il rapporto si concentra sulle differenze tra le scelte di spesa dell'Unione Europea e quelle degli Stati Uniti, considerando le due entità come assimilabili: il rapporto nota come la media di spesa pubblica destinata dall’Unione europea all’istruzione sarebbe pari al 5% del Pil, e come i fondi destinati all'istruzione siano alimentati solo per il 12% da fondi privati (famiglie e istituzioni private), contro il 33% delle spese degli Stati Uniti derivanti da fondi privati.
Le due entità si distinguono soprattutto, in senso favorevole agli Stati Uniti, per la spesa educativa per allievo/studente, assumendo come unità di misura lo "Standard del potere d'acquisto" (Spa). Questa nell'Unione Europea ha un valore di 5657 Spa, contro i 10661 Spa degli Stati Uniti.
I giornali italiani preferiscono concentrare la loro attenzione sulle differenze tra la spesa nel nostro paese e in quella degli altri Stati membri dell'Unione Europea.
La rilevazione statistica penalizza l'Italia, che si situa al ventunesimo posto tra i paesi Eurostat e sotto la media di spesa nell'Unione Europea, con una spesa per l'istruzione pari al 4,4% del Pil. Meno dell'Italia spendono infatti soltanto Repubblica ceca (4,2%), Spagna (4,2%), Grecia (4%), Slovacchia (3,8%), Lussemburgo (3,8%, il cui dato però non è comparabile con gli altri) e Romania (3,5%). A ben figurare in questa classifica sono, come di consueto, i paesi nordici, dove la spesa pubblica per l'istruzione è mediamente molto più elevata che nel resto d'Europa: 8,3% del Pil in Danimarca, 7% in Svezia, 6,3% in Finlandia.
Se si prende a riferimento la sola scuola primaria, la posizione dell'Italia nella graduatoria Ue sale di 3 posti: non più ventunesima, ma diciannovesima. La spesa italiana per il primo grado dell'istruzione è pari infatti al 1,09% del Pil, come Ungheria e poco meno della Grecia. Irlanda, Portogallo e Polonia spendono oltre l'1,5%, Svezia, Danimarca, ed anche Cipro, quasi il 2%. Il Lussemburgo oltre il 2%, la Slovenia il 2,7%. Il livello di spesa italiano è al di sotto della media Ue, sia per la spesa totale sia per quella della scuola primaria.
Il nostro paese si posiziona meglio, invece, quando il calcolo riguarda la spesa affrontata per ogni alunno o studente sulla base del già menzionato Spa, ossia, nella graduatoria Ue, perfettamente a metà (in quattordicesima posizione). Molto lontana da paesi vicini ma più virtuosi nel formare i proprio giovani, come Austria e Danimarca che investono 8.000 Spa.

Per Ghizzoni (Pd), ''i dati Eurostat mostrano che l'istruzione italiana è sotto finanziata''

L'opposizione del Partito democratico prende spunto dalla pubblicazione dei dati Eurostat per criticare l'impostazione del ministro dell'Istruzione Mariastella Gelmini, "secondo cui l'Italia è tra i paesi europei più virtuosi".
A dichiararlo è la capogruppo del Pd nella commissione Cultura della Camera, che commenta i dati diffusi ieri a Bruxelles sulla spesa per l'istruzione pubblica nei paesi dell'Unione: "I dati Eurostat mostrano che l'intero sistema dell'istruzione pubblica italiana, dalla scuola elementare all'università, è fortemente sotto finanziato"
La parlamentare del Pd spiega, con riferimento all'approvazione avvenuta ieri della riforma dell'università, che "davanti a questi dati è ancora più evidente che qualsiasi politica di rilancio dell'università non può che muovere dall'impegno ad investire risorse aggiuntive. Il decreto del Governo approvato oggi alla Camera non va purtroppo in questa direzione e lo dimostra anche il mancato accoglimento degli ordini del giorno del Pd che impegnavano l'esecutivo ad incrementare le risorse al sistema e ripartirle secondo criteri premiali a favore della qualità della ricerca e della didattica. Nonostante quello che dica il ministro Gelmini il governo sta compromettendo il futuro dell'università italiana perché nessuna premialità potrà divenire efficace se non si supera il profondo sottofinanziamento".

 

 

 
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