Scheda/Istruzione e Formazione Professionale in Germania


 

Dalla Rivista trimestrale di Scienza dell'Amministrazione Scolastica - Gennaio 2009

 

Giuseppe Tacconi

Università degli Studi di Verona

 

L istruzione e formazione professionale in Italia e in Germania a confronto

 

Scopo di questo lavoro è comparare il sistema VET (Vocational Education and Training) italiano - inteso in modo coincidente con ciò che il titolo V della Costituzione, modificato dalla legge costituzionale 3/01, definisce "Istruzione e formazione professiona­le" (Ifp) - con il sistema VET tedesco. L'attenzione sarà dedicata in particolare al primo livello del sistema, quello della formazione professionale iniziale, nor­malmente rivolta ad adolescenti e giovani. Per questo sarà necessario considerare anche - più complessiva­mente - i sistemi di istruzione e formazione dei due Paesi.

 

II sistema VET (Vocational Education and Training) italiano

 

Per quanto riguarda i percorsi professionalizzanti rivolti ad adolescenti, in Italia, un ruolo centrale è gio­cato dalle filiere professionalizzanti dell'istruzione, in particolare dall'Istruzione professionale (20,9%) e dall'Istruzione tecnica (50%)1), che, nel disegno incom­piuto della riforma prevista dalla Legge 53/03, dove­vano confluire nell'unico (sotto)sistema di Ifp, accanto alla formazione professionale regionale. L'Istruzione professionale viene erogata dagli Istituti professionali di Stato (settori: agrario, industriale e artigiano, dei servizi) e porta a conseguire un diploma di qualifica professionale (3 anni), che permette l'inserimento diretto nel mondo del lavoro oppure la prosecuzione degli studi nel biennio post-quatifica, fino al consegui­mento del diploma di Stato, utile per l'accesso all'Università o ai corsi regionali di specializzazione.

Nel biennio post-qualifica, alle materie generali comu­ni e specifiche per settore e indirizzo, può affiancarsi un modulo professionalizzante gestito dalle Regioni (300/450 ore annue); una quota del monte ore è destinata ad esperienze di stage in azienda. L'Istruzione tecnica invece è impartita dagli Istituti tec­nici (5 anni) e porta all'esame di Stato, che consente l'accesso all'università o ai corsi di formazione profes­sionale superiore. Gli indirizzi sono vari: agrario, com­merciale, turistico, geometri, industriale, nautico. Nel decreto attuativo relativo al secondo ciclo, a differenza di quanto inizialmente previsto dalla Legge delega 53/03, la maggior parte degli istituti tecnici sarebbe in realtà confluita nel sottosistema dei licei (Liceo tecnolo­gico).

Ci sono poi i percorsi regionali di Ifp (Isfol 2006a, pp. 106-121 ; Isfol 2006b) che interessano prevalentemen­te giovani dai 14 ai 18 anni e si collocano quindi dopo la conclusione del primo ciclo, sempre nell'area del diritto-dovere, realizzando, seppure in forme differen­ti, l'inclusione dell'lfp all'interno del secondo ciclo del sistema educativo di istruzione e formazione2. Si tratta di percorsi con durata almeno triennale, che compren­dono discipline e attività sia di formazione culturale generale che professionalizzanti, che consentono di con­seguire una qualifica professionale di valore nazionale, riconosciuta a livello europeo. In alcune Regioni e Province autonome sono stati attivati anche i quarti anni per il conseguimento del diploma di tecnico.

L'offerta formativa classificata nell'ambito delle sperimentazioni triennali e quadriennali ha interessato, nell'anno scola­stico e formativo 2004-05, più di 72.000 allievi. La pre­senza complessiva di giovani nelle attività di formazio­ne professionale iniziale è stata comunque di circa il doppio, sempre neH'a.s.f. 2004-05, e risulta comunque in crescita. Gli iscritti alla formazione professionale ini­ziale rappresentano infatti complessivamente il 4,9% della popolazione 14-1 Senne.3

Il rapporto Isfol indivi­dua ben 17 diverse tipologie di attuazione dei percorsi in questo segmento della formazione professionale, che possono però essere ricondotte a 4 macro-tipologie (Isfol 2006a,pp. 109-111):

•   II 41 % degli iscritti nell'a.s.f. 2004-05 è coinvol­to in percorsi di "formazione professionale" (ad esempio in Veneto e in Lazio): la titolarità dei percorsi è delle agenzie formative accreditate; la certificazione è rappresentata dall'attestato di qualifica e dall'acquisizione di crediti per un eventuale rientro nel sistema di istruzione; i docenti sono solo i formatori delle agenzie for­mative per i quali si vanno comunque definendo requisiti che li assimilano ai docenti del sistema dell'istruzione il 9,8% degli iscritti è coinvolto in percorsi di "formazione professionale mista" (ad esempio in Piemonte, in Friuli Venezia Giulia e in Puglia): la titolarità dei percorsi è delle agenzie forma­tive; la certificazione è l'attestato di qualifica; si prevede una presenza strutturata di docenti della scuola per l'insegnamento nell'area delle cosiddette competenze di base; la progetta­zione è congiunta (agenzia formativa scuola);

•   il 24,5% degli iscritti è coinvolto in percorsi di "istruzione e formazione professionale" (ad esempio in Lombardia): la titolarità dei percor­si può essere dell'agenzia formativa o della scu­ola (Istituti tecnici o professionali); la certifica­zione è l'attestato di qualifica; i docenti, anche nell'area delle competenze di base, sono i for­matori delle agenzie formative o gli insegnanti della scuola, a seconda della titolarità del per­corso; scuola e agenzie formative adottano lo stesso impianto progettuale e le stesse indica­zioni regionali relativamente alle aree, alle figure professionali, agli aspetti di carattere didattico e agli standard; il focus è prevalente­mente su aspetti metodologico-didattici;

•   il 24,7% degli iscritti è coinvolto in "percorsi integrati di istruzione e formazione professio­nale" (ad esempio in Emilia Romagna): la tito­larità dei percorsi è delle Istituzioni scolastiche; la finalizzazione, oltre all'attestato di qualifica, è la prosecuzione del percorso scolastico fino al conseguimento del diploma; l'insegnamento è prevalentemente affidato ai docenti della scuo­la; la formazione professionale è presente con funzioni di "arricchimento curricolare" (per un monte ore che va da 160 a 310 ore annuali), all'interno di percorsi che rimangono essenzial­mente scolastici.

 

In alcune Regioni, le singole tipologie di offerta sono compresenti, in altre la formazione professionale ini­ziale è praticamente inesistente. Lombardia, Veneto ed Emilia Romagna coprono, da sole, più della metà degli iscritti.

Per quanto riguarda la formazione professionale di secondo livello, la Legge 144/99, all'art. 69, istituiva, nell'ambito del sistema di formazione integrata supe­riore (Fis), il sistema della Istruzione e Formazione Tecnica Superiore (IFTS), al quale si accede di norma con il possesso del diploma di scuola secondaria di secondo grado o con competenze certificate, acquisite in precedenti percorsi di istruzione, formazione e/o lavoro.

Questi percorsi, che formano tecnici specializ­zati, si pongono l'obiettivo di facilitare l'ingresso dei giovani nel mondo del lavoro e di riqualificare chi è già in possesso di un'esperienza lavorativa. La parte­cipazione è gratuita e non prevede limiti di età. Possono partecipare sia giovani diplomati che adulti occupati, inoccupati e disoccupati. I percorsi hanno una durata che va dalle 1200 alle 2400 ore complessive e prevedono un'attività di stage in azienda, pari almeno al 30% del monte ore complessivo. La programmazio­ne dei corsi IFTS viene delegata alle Regioni. Alla pro­gettazione dei corsi dell'IFTS possono concorrere Università, Scuole medie superiori, Enti pubblici di ricer­ca, Centri  e Agenzie di formazione professionale accreditati, Imprese, riuniti in poli formativi.

La certifica­zione rilasciata dalle Regioni al termine dei corsi IFTS (certificato di specializzazione tecnica superiore), con l'attestazione delle competenze acquisite, è riconosciu­ta a livello nazionale ed europeo. Gli IFTS potrebbero costituire un sistema stabile di Istruzione tecnico-professionale superiore, parallelo a quello accademi­co, e rappresentare lo sviluppo verticale della filiera del sistema di Ifp. I corsi di IFTS attualmente attivati sono comunque ancora in numero esiguo e interessano in tutto circa 7.000 allievi (solo il 2,7% dei 19-24enni). Questo fatto può essere determinato dall'introduzione nel sistema educativo italiano delle lauree triennali e di Master dichiaratamente professionalizzanti, spesso finanziati anch'essi dalle Regioni attraverso il Fondo Sociale Europeo, che possono aver indotto i giovani a indirizzarsi maggiormente verso percorsi universitari a scapito della formazione professionale (Isfol 2006 a, p.70).4

 

II sistema VET (vocational Education and Training) tedesco

 

II sistema formativo tedesco presenta un'articolazione molto complessa. La durata dell'obbligo scolastico in senso stretto è di 9 anni (in 5 Lànder, di 10 anni) e la durata dell'obbligo formativo è di 3 anni e, comunque, fino al compimento del 18° anno di età. Al termine del ciclo secondario di primo grado (nono o decimo anno di scuola), gli studenti tedeschi hanno diverse possibilità di scelta:5

•   alcuni continuano gli studi (2 o 3 anni dopo il decimo) proseguendo percorsi scolastici di for­mazione generale (Realschule, Gymnasium...), per lo più già avviati negli anni precedenti;

•   una minoranza continua (con percorsi della dura­ta di 2-3 anni) nelle scuole professionali a tempo pieno (Berufsfachschule), che sono prevalenti per certi tipi di professioni (ad esempio l'ambito commerciale) o per certi tipi di utenza (catego­rie "deboli");

•   La maggior parte prosegue (da 2 a 3,5 anni) con la formazione professionale in alternanza, nel "sistema duale", che prevede la formazione pratica presso le aziende e contemporanea­mente la formazione teorica e di carattere gene­rale presso scuole professionali a tempo parzia­le (Berufsschulen). I passaggi tra i vari tipi di scuola sono garantiti ad ogni livello del sistema, ma sono rigidamente regolamentati e dipendono strettamente dal rendimento scolastico degli allievi e dal consiglio di orientamento formulato dagli insegnanti.

 

Nel ciclo secondario di secondo grado, il passaggio alla formazione professionale è sempre consentito, anche dopo il Gymnasium, ed è considerato la modali­tà normale per transitare nel mondo del lavoro. In Germania, circa il 60% di ogni classe di età accede, prima o poi, alla formazione professionale, soprattutto nel sistema duale, mentre circa il 25% prosegue diret­tamente dai percorsi liceali all'Università; l'8% rap­presenta la quota di soggetti che presentano partico­lari difficoltà e che in genere seguono percorsi forma­tivi speciali (Sonderschulen).

I percorsi della formazione professionale sono tra loro molto differenti: ci sono professioni (ad es., in ambito commerciale o assistenziale-sanitario) per le quali sono tradizionalmente previsti percorsi quasi esclusiva­mente scolastici.

Ci sono altre professioni (ad esempio, le professioni bancarie o quelle legate alle nuove tec­nologie) per le quali ci si forma quasi esclusivamente all'interno del sistema duale, anche se sono previsti alti livelli di qualificazione; l'accesso a questo tipo di per­corsi non è legato al possesso di un diploma che attesti la conclusione di un particolare percorso scolastico ma, in pratica, senza una buona preparazione scolastica (un titolo conclusivo di Realschule o di Gymnasium), è molto difficile non solo frequentare con successo ma addirittura accedere a questo tipo di percorsi profes­sionalizzanti. Ci sono poi altre professioni per le quali sono previsti percorsi formativi meno impegnativi dal punto di vista intellettuale, in cui la selezione è legata più alla disponibilità di posti di apprendistato che alle competenze di base già in possesso del soggetto in for­mazione.

II (sotto)sistema della formazione professionale iniziale prevede, nei diversi Lànder - ma anche all'interno di uno stesso Land - diversi modelli organizzativi, che si collocano su un continuum che va da una centratura sull'azienda ad una centratura sull'istituzione scolasti­co-formativa. Esistono infatti:

•   il modello dominante del cosiddetto "sistema duale", costruito sulla cooperazione tra azien­da formativa (Ausbildungsbetrieb) e istituzione scolastico-formativa (Berufsschule);

•   un modello centrato sulla cooperazione tra cen­tri di formazione extra-aziendali (Ausbil-dungszentren) e l'istituzione scolastico-formativa (Berufsschule);

•   diversi modelli esclusivamente centrati sul polo scolastico-formativo (Berufsf achschule...), even­tualmente con qualche tirocinio in azienda.

 

Le scuole professionali a tempo parziale - quelle che diventano partner delle imprese nel sistema duale - offrono    percorsi    formativi    in    alternanza    con l'esperienza di formazione-lavoro. L'impostazione è di carattere pedagogico e formativo e dovrebbe offrire agli allievi la possibilità di sviluppare competenze di carattere sia personale che professionale, acquisendo sia elementi di cultura generale, sia i presupposti teorici delle pratiche lavorative a cui si riferisce il percorso for­mativo. I programmi scolastici prevedono infatti, per un terzo, una formazione di carattere generale (scienze sociali, tedesco, lingue straniere, educazione sportiva, religione...) e, per due terzi, una specifica formazione tecnica, riferita all'ambito professionale scelto. Le scuo­le professionali a tempo pieno rappresentano un'offerta formativa alternativa al sistema duale in quelle realtà dove, per tradizione, il sistema duale non è presente, per quelle professioni che esigono una for­mazione prevalentemente scolastica o per quei sogget­ti per i quali il sistema duale si rivela poco adatto. Anch'esse hanno l'obiettivo di qualificare i soggetti dal punto di vista professionale, anche se talvolta rischiano di svolgere una funzione di "scuola-pareheggio" per soggetti in difficoltà, dato che, fino a poco tempo fa, nella maggior parte dei casi, non consentivano l'accesso agli esami camerali e dunque a qualifiche spendibili sul mercato del lavoro.

È utile riportare alcuni dati quantitativi (Putz, 2003, p. 9):

•   circa il 66% di chi segue percorsi di formazione professionale lo fa all'interno del sistema duale: azienda (Ausbildungsbetrieb) e scuola profes­sionale a tempo parziale (Berufsschule);

•   circa il 27% in scuole di formazione professiona­le a tempo pieno (Berufsfachschule);

•   circa il 7% segue percorsi di formazione in centri di formazione extra-aziendali (Ausbildungszen-tren), gestiti da reti di imprese, che sostituiscono o integrano la formazione in azienda, soprattut­to nel caso di imprese artigianali e di piccole e medie imprese (che singolarmente non riuscireb­bero a garantire un'adeguata formazione), e cooperano con le scuole professionali a tempo parziale.

 

Il cuore del sistema è dunque rappresentato dalla for­mazione professionale duale, le cui principali caratteri­stiche sono le seguenti:

•   l'impresa formatrice organizza colloqui e prove pratiche - qualche volta anche veri e propri periodi di stage o tirocinio - per la selezione degli apprendisti che ritiene adatti (e, spesso, è proprio questo il momento più delicato di tutto il processo, perché, se gli aspiranti apprendisti risultano sprovvisti di adeguate competenze, rischiano di non trovare aziende disponibili ad accoglierli);

•   ogni giovane che viene accettato come appren­dista stipula un contratto biennale o triennale di apprendistato con l'impresa formativa; si tratta di una specifica forma di contratto, che potremmo chiamare di formazione-lavoro, che, nel caso di minori, coinvolge anche i genitori e garantisce il diritto-dovere alla formazione sul posto di lavoro e alla formazione in una scuola professionale a tempo parziale;

•   ogni apprendista divide il suo tempo tra il luo­go di lavoro (3-4 giorni alla settimana) e la scu­ola professionale a tempo parziale (1 -2 giorni alla settimana); spesso, la frequenza in tali scuo­le viene concentrata in blocchi mensili, al fine di favorire una maggiore connessione tra forma­zione scolastica e formazione on thè job;

•   la scuola e l'azienda vengono visti come ambienti di apprendimento (Lernorte) di pari dignità; la responsabilità formativa è condivisa e si dovrebbe esprimere in uno stretto e conti­nuo rapporto tra i formatori aziendali e gli inse­gnanti delle scuole professionali;

•   i processi di apprendimento sono centrati sull'alternanza tra scuola e lavoro: «Attraverso l'alternarsi di fasi lavorative e di studio siste­matico, si offre la vantaggiosa possibilità di uni­re applicazioni ed esperienze pratiche con approfondimenti e riflessioni teoriche» (Kath, 1994,p.2ó);

•   l'impresa si assume il compito di formare l'apprendista, di garantirgli un salario (ovvia­mente sensibilmente inferiore, almeno all'inizio, a quello di un normale dipendente ) e di mette­re a disposizione dei formatori aziendali e degli operatori qualificati (Meister) che lo pos­sano seguire;

•   al termine del periodo di formazione, è previ­sto l'accesso ad un esame per la qualifica di operaio specializzato, organizzato e gestito dalle Camere dell'industria, del commercio o dell'artigianato.

 

L'ampia gamma di qualifiche offerte intende consenti­re a tutti i giovani, anche a quelli che hanno alle spalle percorsi scolastici molto difficili, di conseguire una qua­lifica che permetta loro di accedere in modo dignitoso al mercato del lavoro (Capogna, 2004). Il tasso di disoccupazione giovanile si mantiene infatti in Germania relativamente basso, se confrontato con quello di paesi con diversa tradizione formativa7, e cir­ca il 70% degli apprendisti ottengono un posto di lavo­ro alla fine del periodo di formazione, prevalente­mente nell'impresa in cui hanno svolto l'apprendistato. Il 1 aprile 2005 è entrata in vigore una nuova legge di riforma della formazione professionale, che ha aperto la possibilità di ammettere agli esami di quali­fica professionale presso le Camere anche allievi pro­venienti dalle scuole professionali a tempo pieno, evi­tando così che il sistema duale rappresentasse l'unico percorso formativo per accedere alla qualifica pro­fessionale. Prima di questa legge, infatti, solo attraverso il sistema duale si poteva ottenere la qualifica di operaio specializzato, superando l'esame gestito dalle Camere; mentre le scuole professionali a tempo pieno, che durano da due a tre anni e rilasciano un diploma professionale non riconosciuto sul mercato del lavoro, non consentivano l'accesso agli esami delle Camere e rappresentavano dunque, in molti casi, un percorso depotenziato.

 

Principali elementi di confronto tra i due sistemi

 

La prima macroscopica differenza che si nota tra i due sistemi è che il sistema VET italiano è prevalentemente centrato su percorsi scolastici (Istruzione tecnica e pro­fessionale), mentre il sistema VET tedesco è prevalente­mente centrato su percorsi di formazione professionale in alternanza, nei quali risulta decisivo il ruolo delle aziende come luoghi di apprendimento. Mentre, in Italia, lo sforzo è orientato a far sì che il mag­gior numero possibile di giovani raggiunga un diploma, in Germania, lo sforzo è orientato a far sì che il mag­gior numero possibile di giovani raggiunga una qualifi­ca professionale.

L'idea di fondo che anima l'impianto formativo tedesco è infatti che il processo formativo del­la persona non possa considerarsi concluso se non nella misura in cui integra un'esperienza qualificante dal pun­to di vista professionale. Questo spiega perché la for­mazione professionale tedesca mantenga, anche dal punto di vista quantitativo, una indiscussa centralità nel sistema e rappresenti un passaggio essenziale nel pro­cesso di acquisizione di un elevato status sociale e lavo­rativo, che sfocia in esami di qualifica vincolanti per le aziende in fase di inquadramento (Cfr. Bello, 1994b).

Si spiega così anche perché, in Germania, a differenza di ciò che avviene che in Italia, la formazione "solo" scola­stica - ad eccezione di quella liceale - sia vista sostan­zialmente come un percorso formativo "debole", se con­frontato con la maggior parte dei percorsi di formazio­ne inseriti nel sistema duale, che effettivamente coprono una gamma vastissima di possibilità e guidano a quali­fiche molto diverse tra loro, da quelle a basso grado di complessità a quelle altamente specializzate che, in altri paesi europei, trovano spazio solo all'interno di per­corsi scolastici. In Italia invece, sono i percorsi regionali di Ifp, attivati "fuori" o ai margini del sistema di istruzio­ne, ad essere percepiti come percorsi per soggetti svan­taggiati o comunque "deboli" (perché spesso "espulsi" dal sistema scolastico).

Come abbiamo visto sopra, in Italia si è tentato, per ora senza grossi risultati, di dare maggiore consistenza al filone della formazione professionale non propriamen­te scolastica, anzi di configurarla come "seconda gam­ba" del secondo ciclo del sistema di istruzione e forma­zione. Anche in Germania, in questi ultimi anni, si nota la tendenza ad un riequilibrio (ma di segno opposto, rispetto al nostro Paese) delle "due gambe" del siste­ma di istruzione e formazione8.

Forse da questo si può ricavare l'indicazione che lo sviluppo di due filoni di offerta formativa distinti (formazione professionale duale o prevalentemente "extrascolastica" e forma­zione professionale svolta prevalentemente all'interno di percorsi scolastici), tra loro equilibrati e integrati, riduce i rischi che si avvertono quando i sistemi sono esclusivamente centrati sull'uno o sull'altro polo (for­mazione professionale solo in azienda formazione professionale solo in percorsi scolastici). Nei sistemi misti, gli svantaggi dell'uno e dell'altro sistema "puro" si possono infatti correggere a vicenda: la formazione solo duale presenta rischia di essere molto differente al suo interno, potendo configurarsi come formazione di alto livello ma anche come formazione decisamente modesta, che risponde più alle esigenze del mondo produttivo che a quelle del soggetto in formazione, e che, in particolare, non corrisponde all'esigenza di for­mare adeguatamente competenze di base per tutti; la formazione solo scolastica, sganciata com'è dai con­testi della pratica professionale, non consente di svi­luppare vere e proprie competenze professionali, risulta spesso poco flessibile e fatica a rappresentare un contesto di apprendimento sufficientemente moti­vante.

Analizzando il caso tedesco, è emerso un dato singo­lare: i sindacati tedeschi hanno progressivamente assunto una posizione di strenua difesa della forma­zione professionale, diciamo così, "extrascolastica" e si sono ripetutamente espressi contro il rischio della "scolasticizzazione" della formazione professionale stes­sa, in nome della capacità che il lavoro ha di essere "lu­ogo formativo" di pari dignità rispetto alla scuola (Bun-desministerium fiir Bildung und Forschung 2006, pp. 29-39).

È proprio la posizione contraria a quella assunta dalla maggior parte delle forze sindacali ita­liane. Per questo sarebbe interessante un approfondi­mento proprio a questo livello, magari con il coinvolgi­mento di rappresentanti sindacali italiani e tedeschi, sulle diverse concezioni di formazione presenti nei due sistemi e sulla possibilità di contaminazioni reciproche. In fondo, l'aspetto di maggiore interesse, nel confronto tra il sistema tedesco e quello italiano, sembra possa essere proprio il confronto tra le diverse concezioni di formazione in campo: mentre in Italia si stenta ad attribuire alla formazione professionale iniziale - o, per usare la denominazione introdotta dalla riforma costituzionale del 2001, all'lfp - la valenza di contesto formativo consistente, di pari dignità rispetto al conte­sto scolastico, in Germania si tende a pensare che la formazione professionale iniziale possa costituire un contesto adeguato anche per la formazione persona­le del soggetto, anzi, si ritiene che, senza un adeguato percorso di formazione professionale, la formazione personale del soggetto rimanga incompleta (Arnold, Gonon, 2006); per questo si stenta là ad attribuire alla formazione "solo" scolastica la possibilità di formare in modo adeguato il soggetto stesso.

Del resto, nella lin­gua tedesca, il termine che designa la professione Beruf significa "chiamata", "vocazione", e assume un significato ricco, che tiene dentro le motivazioni, gli inte­ressi e le aspirazioni individuali, dunque l'istanza di rea­lizzazione della persona, mentre da noi, l'aggettivo "professionale" connota normalmente la "formazione" come "bassa" e depotenziata (Tacconi 2006). Forse è giunto il tempo di rivedere quest'ultima concezione, soprattutto per quanto riguarda la formazione profes­sionale delle giovani generazioni. Si tratta allora di non guardare al lavoro come necessariamente in contrasto con la vocazione personale, tanto più in considerazione dello scenario socio-economico attuale, che richiede capacità di riconvertirsi e di rispondere a diverse "chia­mate", e di non smettere di considerare ogni formazio­ne professionale come mezzo rispetto al fine della for­mazione personale, dato che il mondo del lavoro e più in generale la società non richiedono solo conoscenze e abilità tecniche ma anche - e soprattutto - significati e valori.

C'è un altro aspetto da considerare. Nel sistema tede­sco, il ruolo delle aziende nei percorsi di formazione è estremamente rilevante. Il sistema si regge sulla coope­razione tra mondo produttivo e istituzioni formative. Anzi, si può dire che, nella formazione duale, è l'impresa a ricoprire il ruolo dominante, mentre la scuo­la svolge una funzione integrativa (Cfr. Capogna, 2004, p. 6).

Nonostante l'attuale momento di crisi, che porta ad una riduzione della disponibilità di posti per l'apprendistato, permane in molte aziende tedesche la tradizionale consapevolezza che partecipare alla for­mazione (personale e non solo professionale) dei gio­vani sia una questione di responsabilità sociale e civile. Il coinvolgimento del sistema produttivo nei processi for­mativi delle nuove generazioni rimane dunque decisivo. La formazione viene percepita in queste aziende come un investimento sul futuro, proprio e del paese, che accresce il capitale sociale, aumenta la possibilità di svi­luppo delle persone, la coesione sociale, la capacità di innovazione del sistema paese. In Italia, il coinvolgimen­to delle imprese nella formazione professionale delle giovani generazioni rimane piuttosto modesto. Lo testi­monia anche la difficoltà di dare vera e propria consi­stenza formativa all'apprendistato. Infine, possiamo notare che, in Germania, la formazio­ne professionale duale, prevalentemente "extrascola­stica", è regolata a livello federale, mentre la forma­zione scolastica anche quella professionale è di com­petenza dei singoli Lànder.10 In Italia, invece, la forma­zione scolastica è regolata a livello nazionale, mentre la formazione professionale è di competenza esclusiva delle Regioni. La conseguenza però è comune: non sem­pre la formazione professionale e la formazione scola stica sono tra loro sufficientemente raccordate. Da qui l'esigenza/ fortemente avvertita in entrambi i paesi, di coltivare un intenso dialogo interistituzionale (Stato federale e Lànder in Germania, Stato e Regioni in Italia) e di migliorare gli strumenti di raccordo tra le varie istanze decisionali.

 

Conclusione

 

Con la realizzazione di un quadro europeo delle qua­lifiche professionali (EQF - European Qualification Framework) e di un Sistema europeo di trasferimento dei crediti per l'istruzione e la formazione professio­nale (ECVET - European Credit Transfer System for Vocational Education and Training), i sistemi dei vari paesi sono sollecitati a dialogare e a contaminarsi. Dal confronto con la Germania, l'Italia potrebbe imparare che anche il lavoro e la cultura del lavoro possono diventare un contesto formativo adeguato ad accompagnare lo sviluppo di apprendimenti siste­matici e di competenze personali e professionali, magari in condizioni che, rispetto alla scuola, facilita­no maggiormente lo sviluppo di motivazioni all'apprendimento. Dal confronto con l'Italia, la Germania potrebbe essere stimolata a sviluppare una maggiore attenzione alle fasce deboli, che rischiano di rimanere escluse dai percorsi maggior­mente qualificanti, e a vigilare costantemente perché le esigenze dei soggetti in apprendimento non siano sacrificate alle esigenze del mondo produttivo. Le trasformazioni in atto nel mondo del lavoro stimo­lano entrambi i sistemi a spostare l'attenzione dall'offerta formativa (in Germania prevalentemente centrata su percorsi duali e in Italia su percorsi esclusi­vamente scolastici) alla persona e alla sua capacità di formarsi ed apprendere life-long.

 

Bibliografia

 

Arnold R., Gonon P. (2006), Einfuhrung in die Berufspàdagogik, Verlag Barbara Budrich, Opladen & Bloomfield Hills. Bello A. (1994a), Italia e Germania: sistemi a confronto, in Scuola democratica, n. 3/4, pp. 1 -4.

Bello A. (1994b), Le ragioni di un Convegno, in Scuola democrati­ca,^ 3/4, pp. 5-10.

Bundesministerium fur Bildung und Forschung (2006), Berufsbildungsbericht 2006, Bonn.

Capogna S. (2004), L'apprendistato tra formazione e transizionet in Formazione e cambiamento, Webmagazine sulla formazione, Anno IV   Numero 28, in: Http://db.formez.it/ArchivioNews.nsf/ e2c3c8cd88ff8747c!2562a002fccb7/l 11 dac09b883b704c 1256eb5003f58b9?OpenDocument). ISFOL (2006a), Rapporto 2006, Giunti, Roma. ISFOL (2006b), La sperimentazione dei percorsi di Istruzione e Formazione professionale. Secondo rapporto di monitoraggio, giugno 2006.

Kath F. (1994), La connessione tra istruzione generale e formazio­ne professionale in Germania, in Scuola Democratica, 3/4, pp. 20-29. Solerne G. M. (2006), L'istruzione e formazione professionale nel vigente ordinamento costituzionale, in «Rassegna Cnos», 3, pp. 133-

150. Putz H. (2003), Berufsbildung, Berufsausbildung, Weiterbildung. Ein Uberblick, BIBB, Bonn. Tacconi G. (2006), II sistema di Istruzione e formazione professionale e le diverse concezioni di formazione in campo. Una riflessione didattica, in Agosti A., La formazione. Interpretazioni pedagogiche e indicazioni operative, FrancoAngeli, Milano, pp. 133-150.

Tacconi G. (2007), Germania, in IRER (Istituto Regionale di Ricerca della Lombardia), Modelli significativi di implementazione di un sistema di istruzione e formazione (VET) misto pubblico e privato: Francia, Germania, Inghilterra, Svizzera, Rapporto finale di ricerca, Milano, pp. 107-165; pp. 284-299. Cf r.: www.irer.it/Rapportifinali/2006B003RapportoFinale.pdf.

 

Note

 

1 I dati si riferiscono all'a.s. 2004-05

2 Questa inclusione, nella sperimentazione, è garantita dal raggiun­gimento delle finalità tracciate nel medesimo Profilo educativo, cultu­rale e professionale (PECUP) che lo studente deve conseguire in usci­ta dal secondo ciclo, indipendentemente dal percorso seguito, che può essere quello liceale o quello di Ifp (Cfr. legge 53/03, art. 2, comma g).

Mentre il tasso di scolarità secondaria superiore (percentuale di fre­quentanti calcolata sul totale dei giovani 14-1 Senni) è, nello stesso anno, del 92,3% (Cfr. Isfol 2006a, p. 69).

4 L'introduzione dei diplomi di laurea triennali di natura fortemente professionalizzante sono da ricondurre all'art. 3 del Dpr n. 509/99. In realtà, l'orientamento è molto più precoce e avviene normalmente già al termine del quarto anno di scuola, quando, dopo aver frequentato la Grundschule, gli allievi si trovano sostanzialmente a scegliere tra tre percorsi: Hauptschule, Realschule o Gymnasium e ciascuna classe di età si suddivide per circa un terzo in ciascuno di questi tre tipi di scuola.

6 Nel 2005, lo stipendio mensile di un apprendista era di 623 Euro netti nei Lànder occidentali e di 529 Euro nei Lànder orientali.

7 Nell'anno 2000, il tasso di disoccupazione giovanile (giovani dai 15 ai 24 anni) in Germania era dell'8,5%, a fronte del 31,5% dell'Italia, del 20,6% della Francia, del 12,1% della Gran Bretagna.

8 Forse, più correttamente, si potrebbe parlare, come in Italia, di "tre gambe" del secondo ciclo: la formazione scolastica liceale, la forma­zione professionale scolastica e la formazione professionale "extra­scolastica". Le proporzioni dei tre percorsi in Germania sono molto diverse rispetto a quelle del nostro Paese. Se prendiamo, ad esem­pio, i dati dell'a.s. 2004-05, abbiamo per l'Italia all'inarca i seguenti valori: Licei e Istruz. magistrale: 40%; Istituti tecnici e professionali: 56%, formazione scolastica regionale: 4%. Per la Germania, invece, abbiamo all'inarca i seguenti valori: Liceo: 25%; percorsi di forma­zione professionale solo scolastica: 20%; percorsi di formazione pro­fessionale duale: 50%. La comparazione comunque non è semplice perché la formazione professionale duale tedesca non corrisponde alla formazione professionale regionale italiana e perché in Germania si accede alla formazione professionale anche dopo il Gymmnasium e la percentuale di chi prima o poi transita dalla for­mazione professionale è superiore al 60%.

9 Negli ultimi anni, l'apprendistato è stato fatto oggetto di diversi interventi legislativi a livello nazionale (Leggi 196/97; 30/03; Dlgs. 276/03) e regionale, ma almeno l'apprendistato per l'espletamento del diritto-dovere di istruzione e formazione non si è ancora tradotto in modelli operativi convincenti.

10 Gli ordinamenti della formazione delle singole professioni ricono­sciute, concordati tra le parti sociali e condivisi su tutto il territorio nazionale sulla base di un'ordinanza legislativa federale, rappre­sentano l'unità di misura per la formazione professionale che si svol­ge nelle aziende e per gli esami finali; mentre, al contrario, i pro­grammi di insegnamento delle scuole si basano sulle leggi e le ordi­nanze dei singoli Lànder.

 

 

 

 
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