I rendimenti dell’istruzione
(The private and social return to schooling in Italy)
Federico Cingano, Piero Cipollone, settembre 2009
In questo lavoro si discutono i principali fondamenti teorici alla base del calcolo dei rendimenti dell'istruzione e si confrontano le stime disponibili per l'Italia (e le sue regioni) con quelle per i principali paesi sviluppati. I risultati indicano che il tasso di rendimento privato dell'istruzione in Italia è pari a circa il 9 per cento, un valore superiore a quello ottenibile da investimenti finanziari alternativi (ad esempio in titoli) ed è lievemente superiore nelle regioni meridionali rispetto al Centro Nord. Il rendimento sociale è stimato attorno al 7 per cento. Nelle regioni dell'Obiettivo 1 (tutte le regioni meridionali esclusi Abruzzo e Molise) esso è prossimo all'8 per cento e sembrerebbe superiore a quello derivante dall'investimento in infrastrutture. Recenti lavori empirici sugli effetti dell'istruzione per aspetti della vita sociale quali salute, criminalità e scolarizzazione suggeriscono che nel complesso i rendimenti dal punto di vista della collettività sarebbero di entità ancor maggiore.
Il messaggero – 9 novembre 2009
ROMA (7 novembre) - I titoli migliori su cui investire per ottenere rendimenti soddisfacenti non sono azioni e obbligazioni: sono titoli di studio. Diplomi, lauree e master rendono di più, almeno secondo quanto emerge da uno studio realizzato dagli economisti Federico Cingano e Piero Cipollone per Bankitalia. Senza contare che il rendimento è estremamente buono anche se si prendono in considerazione i ritorni per lo Stato e, in particolare, per il fisco.
Dati che il ministro dell'Istruzione, Mariastella Gelmini, commenta così: «Il modo migliore per rispondere alla crisi è prendere atto che siamo nella società della conoscenza, e dunque occorre attrezzarsi, perché sicuramente l'istruzione è l'investimento che a medio termine dà i maggiori risultati».
I rendimenti medi. «L'istruzione è un investimento molto redditizio dal punto di vista individuale» si legge nel paper di Bankitalia. Il rendimento medio privato di un anno di istruzione è infatti dell'8,9%, e varia tra l'8,4% e il 9,1% nelle diverse macro-regioni: studiare rende di più, in termini di ritorno economico, al Sud (9%-9,1%) e per le donne (9,4%). Un rendimento stellare se paragonato ad altre forme di investimento: nel periodo 1950-2000, ricorda lo studio di Bankitalia, la media annuale del rendimento reale lordo di un investimento azionario era del 5,2%, la media del rendimento dei titoli non azionari (dai Bot ai bond societari) dell'1,9% e quello del portafoglio di un investitore "tipo" del 3,6%.
Le chance per il lavoro. Secondo gli esperti di Palazzo Koch, investire in educazione (il capitale iniziale è dato dalle tasse, dai libri di testo, dai mancati guadagni, ecc) frutta il 9,7% per quanto riguarda gli studi superiori (diplomi), con picchi del 10,2% nel Mezzogiorno, e il 10,3% per gli studi universitari (12,3% al Sud, contro l'8,3% al Nord Ovest). Un rendimento calcolato non solo sulla base delle differenze di stipendio tra chi ha studiato di più e chi ha studiato di meno. Ma anche sulle maggiori possibilità di trovare lavoro. Senza tener conto di altri vantaggi per i più istruiti, che emergono spulciando le pagine della ricerca.
Vantaggi collaterali. Alcuni di questi vantaggi, citati dagli esperti di Bankitalia, sono piuttosto curiosi: un anno in più di studio riduce la possibilità di essere in cattiva salute di un valore pari al 4% in meno rispetto alla media. Chi ha il diploma, inoltre, si è garantito studiando lo 0,2% di possibilità in meno di morire nell'arco temporale di 10 anni
Il guadagno sociale. Le cifre sono altrettanto buone, e forse ancora più interessanti, se si prende in considerazione il ritorno sociale dell'investimento, ovvero quanto rende uno stanziamento di soldi pubblici nel capitolo "istruzione". Secondo i calcoli di Bankitalia il ritorno sociale degli investimenti in capitale umano è del 7% circa. Anche in questo caso, il rendimento è più alto al Sud (circa 8%), dove è forse addirittura «superiore a quello derivante dall'investimento in infrastrutture», sottolineano gli esperti di Bankitalia. Insomma, spendere in personale formato e istruito rende di più che mettere soldi nella realizzazione di ponti e strade.
Il tornaconto dello Stato. Se si considerano infine i "rendimenti fiscali" dell'istruzione, ovvero il rendimento per lo Stato ottenuto confrontando l'ammontare di spesa pubblica necessaria a incrementare il livello di istruzione con i benefici che vengono dal maggior gettito fiscale e dai minori costi per l'assistenza sociale ai disoccupati, allora la convenienza di ogni euro investito in cultura balza ancor di più agli occhi: il rendimento è tra il 3,9 e il 4,8% in caso di co-finanziamento, e solo lievemente inferiore nel caso in cui «la spesa gravasse interamente sul bilancio pubblico». Meglio di un'investimento azzeccato in Borsa, dunque.
Bankitalia: nel lungo periodo conviene una maggior spesa pubblica nell'istruzione. Alla luce di questi dati il ministro Gelmini chiederà più risorse a Tremonti per la scuola? «Le riforme prima delle risorse» risponde la titolare del dicastero dell'Istruzione. Anche se Bankitalia garantisce: «La maggior spesa pubblica in istruzione, nel lungo periodo, sarebbe più che compensata, specialmente al Sud».
Il rendimento medio privato di un anno di istruzione è infatti dell'8,9%, e varia tra l'8,4% e il 9,1% delle diverse macro-regioni: studiare rende di più, in termini di ritorno economico, al Sud (9%-9,1%) e per le donne (9,4%). Un rendimento stellare se paragonato ad altre forme di investimento: nel periodo 1950-2000, ricorda lo studio di Bankitalia, la media annuale del rendimento reale lordo di un investimento azionario era del 5,2%, la media del rendimento dei titoli non azionari (dai Bot ai bond societari) dell'1,9% e quello del portafoglio di un investitore "tipo" del 3,6%.
Investire risorse pubbliche in istruzione conviene allo Stato: garantisce ritorni complessivi pari al 7% circa dell'investimento iniziale. Ma soprattutto, in tempi di vacche magre per i conti pubblici, consente di aumentare gli incassi fiscali: il rendimento fiscale in maggiori tasse è pari al 3,9-4,8% di quanto investito. E' quanto riporta lo studio di Bankitalia sui rendimenti dell'istruzione.
Secondo i calcoli di Bankitalia, il ritorno sociale degli investimenti in capitale umano può essere differente anche tra le varie zone: la media italiana del 7% sale fino all'8% del Sud: un rendimento considerato "superiore a quello derivante in infrastrutture". Se si considerano invece i "rendimenti fiscali" dell'istruzione, ovvero il rendimento per lo Stato ottenuto confrontando l'ammontare di spesa pubblica necessaria a incrementare il livello di istruzione con i benefici che vengono dal maggior gettito fiscale e dai minori costi per l'assistenza sociale ai disoccupati, allora la convenienza di ogni euro investito in cultura balza ancor di più agli occhi: il vantaggio per le casse dello Stato può essere valutato tra il 3,9 e il 4,8%.
"Nel lungo periodo - si legge nello studio di Palazzo Koch - la maggior spesa pubblica necessaria a finanziare un aumento del livello di istruzione sarebbe più che compensata, specie al Sud, dall'aumento delle entrate fiscali, a parità di struttura di prelievo, e dai minori costi derivanti dall'aumento del tasso di occupazione".
Fonte: Ansa.it
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