Il presidente di DiSAL su edilizia e arredi alle scuole


Avvenire -  7 ottobre 2010

«Non esistono buone scuole se non sono sicure». Così, il mi­nistro dell’Istruzione, Mariastella Gelmini, ha giustificato, l’altro giorno in Senato, l’apertura ai privati e alle aziende sull’edilizia scolastica. Riferendosi, in modo particolare, alle realtà del Sud Italia, il ministro ha annunciato di averne già discusso, in sede di ste­sura del piano per il Mezzogiorno, con i ministri Fitto (Affari regionali) e Tremonti (Economia). «Dovremo liberare risorse – ha detto Gelmini, ri­cordando che il governo ha già previsto di investire un miliardo di euro all’anno dal 2012 – per migliorare in modo particolare il patrimonio edi­lizio scolastico del Mezzogiorno e stiamo trovando anche alcune formu­le per recuperare risorse da enti privati». Detto, fatto. La Provincia di Bar­letta ha indicato la strada da seguire, pubblicando un bando che dà la pos­sibilità alle imprese di contribuire all’acquisto di banchi e sedie, su cui po­trà poi stampare il proprio marchio. La proposta non ha mancato di su­scitare polemiche. Per capire meglio come potrebbe strutturarsi il rap­porto tra scuola e imprese, abbiamo chiesto il parere di Roberto Pellegatta, presidente di Disal, associazione dei dirigenti delle scuole statali e pari­tarie e dell’imprenditore Alberto Barcella, presidente di Confindustria Lombardia e della Commissione scuola e formazione di Confindustria. Dal Veneto, infine, un caso di collaborazione che va avanti da tempo.

 

Pellegatta (presidi DiSAL)
«Ma lo Stato non può abdicare: muri e banchi sono compito suo»

«Sono altri gli ambiti di collaborazione con le aziende», ricorda il presidente dei dirigenti DiSAL

di Paolo Ferrario
Milano

« Non riesco davvero a capire: lo Stato è ob­bligato dalla legge a provvedere all’edilizia scolastica e agli arredi, impiegando le risorse che raccoglie attraverso le tasse. Che cosa centrino i privati in tutto questo, faccio veramente fatica a capirlo».
È sconcertato e quasi infuriato, Ro­berto Pellegatta, presidente di Di­sal, l’associazione dei dirigenti del­le scuole statali e paritarie, all’idea che privati e azien­de possano spon­sorizzare la riquali­ficazione e i banchi delle scuole.
Professore, che pe­ricoli vede dietro questa proposta del ministro Gel­mini?

Nessun pericolo. Il problema non è e­ducativo né ideolo­gico. La questione è molto semplice: la legge dice che lo Stato deve provvedere a queste co­se. Punto. Non posso pensare che un ministro inviti lo Stato a non ri­spettare la legge. Se, invece, dietro a tutto ciò c’è una dichiarazione di resa da parte dello Stato, allora il ministro lo deve dire chiaramente.
Forse, più banalmente, c’è il fatto che i soldi non bastano mai...

Anche questo il ministro lo deve dire con chiarezza. Ciò che, inve­ce, mi pare manchi in questa vi­cenda.
A che cosa si riferisce?

Credo si debba cominciare seria­mente a guardare dentro i bilanci dello Stato e degli enti locali, an­dando a caccia dei tantissimi spre­chi di denaro pubblico che av­vengono a tutti i livelli. Esiste un problema serio di corretta ammi­nistrazione di cui, prima o poi, ci si dovrà pur occupare.
Nel corso della storia, però, sono sempre esistiti i benefattori, che, per esempio, donavano il terreno per l’asilo del paese...
Si tratta di lasciti previsti da nor­me precise. Ma voglio sperare che non si pensi di impostare la poli­tica dell’edilizia scolastica e degli arredi sui lasciti liberali. Altri­menti, faremmo meglio a cam­biare la legge e a fare come in A­merica, dove le scuole sono in ma­no ai privati.
Come, a suo giudizio dovrebbe configurarsi, allora, il rapporto tra la scuola e le imprese?

Gli ambiti sono molteplici. Penso a progetti formativi specifici, all’alter­nanza scuola-lavo­ro e a programmi integrativi. Ciascu­na scuola, nell’am­bito della propria autonomia, può trovare moltissimi momenti di incon­tro con il mondo delle imprese. Non ci sono affatto preclusioni. I muri e gli arredi, però, sono altra cosa, sono l’essenziale per vivere. E a questo ci deve pensare lo Stato.
È il senso anche dell’appello al presidente del Consiglio, lanciato mercoledì dal vostro Consiglio na­zionale: che cosa chiedete, in par­ticolare?

Che lo Stato non venga meno ai propri compiti. E, invece, siamo costretti ad assistere all’azzera­mento, pressoché totale, delle ri­sorse per il funzionamento stes­so delle scuole. Di questo passo, arriveremo al punto di chiedere ai privati anche di contribuire al pa­gamento dello stipendio degli in­segnanti. Che poi saranno co­stretti a far lezione con il marchio dell’azienda sponsor ben in vista sulla giacca. È qui che vogliamo arrivare?


Testo integrale in
http://avvenire.ita.newsmemory.com/

 
Salva Segnala Stampa Esci Home